Chen Zhen – Les pas silencieux
Con Les pas silencieux Galleria Continua offre al pubblico un’occasione di intimo contatto con le opere di Chen Zhen ed apre una riflessione sull’attualità della sua poetica volta all’arricchimento della vita interiore, alla ricerca di armonia tra corpo e spirito, alla fratellanza tra popoli e culture diverse, alla tensione verso la comprensione, al superamento dei conflitti, alla resistenza dell’identità, all’incontro tra Oriente e Occidente.
Comunicato stampa
Chen Zhen, nato a Shanghai nel 1955 e scomparso nel 2000 a Parigi è considerato uno dei principali rappresentanti dell’avanguardia cinese ed una figura emblematica nel campo dell'arte contemporanea internazionale. A distanza di 11 anni dalla storica personale “Field of Sinergy”, Galleria Continua è lieta di accogliere nuovamente nei suoi spazi di San Gimignano l’opera di questo grande artista, con un’ampia mostra personale dal titolo Les pas silencieux.
Ripensare oggi al lavoro di Chen Zhen apre nuove prospettive e nuovi percorsi.
Con Les pas silencieux Galleria Continua offre al pubblico un’occasione di intimo contatto con le opere di Chen Zhen ed apre una riflessione sull’attualità della sua poetica volta all’arricchimento della vita interiore, alla ricerca di armonia tra corpo e spirito, alla fratellanza tra popoli e culture diverse, alla tensione verso la comprensione, al superamento dei conflitti, alla resistenza dell’identità, all’incontro tra Oriente e Occidente.
La mostra presenta un ricco numero di opere, realizzate tra il 1990 e il 2000. Il percorso espositivo si articola tra le sale, la platea, il palcoscenico, il giardino dell’ex cinema-teatro e lo spazio dell’Arco dei Becci.
Due opere continuano idealmente un dialogo prematuramente interrotto: Le bureau de change - progettata da Chen Zhen nel 1996 e realizzata nel 2004 nell’ambito della Biennale di Pancevo in Serbia - e Back to Fullness, Face to Emptiness - concepita nel 1997 e realizzata nel 2009 in occasione della 53a Biennale di Venezia. La mostra non segue un andamento né cronologico né tematico ma cerca di ricostruire parte di un viaggio che ha visto Chen Zhen attraversare orizzonti culturali diversi: la cultura cinese, l’incontro con la cultura occidentale, l’avventurosa esperienza che ha fatto del mondo.
Chen Zhen studia ed insegna nella Cina post-maoista, una Cina ottimista ed ideologica. Al suo arrivo in Francia, nel 1986, si trova direttamente a confronto con lo choc delle culture ma continua a perseguire la sua ricerca visionaria, radicata in un desiderio di partecipazione attiva alla costruzione di un mondo moderno. L’opera di Chen Zhen si sviluppa su un modello di pensiero transculturale, un concetto che l’artista definisce “transesperienza”: un luogo trascendente nel quale si manifesta la frizione reciproca tra le varie esperienze. Si tratta di uno spazio dinamico, di un campo di energie dove le tensioni e le contraddizioni prendono corpo, ma anche di una zona di contatto tra i flussi di energia. La “transesperienza” si basa su tre idee fondamentali: “Residenza, Risonanza, Resistenza”. Quando si viaggia (non importa che si tratti di un giorno o di un mese) e si esce dal proprio contesto di appartenenza, ciò che conta è vivere mentalmente con l’altro, lasciarsi immergere nel contesto locale, cercare di comprendere la nuova cultura del luogo: questa è la “Residenza”. In questo modo si può entrare in “Risonanza”, in sincronia con la cultura che si sta vivendo. La conseguenza di questi processi assimilativi è la “Resistenza” alle influenze di questa nuova cultura. Questi tre processi Chen Zhen li ha vissuti in prima persona trasferendosi in Europa, entrando in risonanza con l’arte e la cultura occidentale, e quindi cercando di resistere ad essa mantenendo forte il segno della sua cultura d’origine. Legati al concetto di residenza e ai progetti che Chen Zhen ha condotto in luoghi e contesti atipici sono My Diary in Shaker Village (1996-1997), 27 quadri-ritratto collocati lungo la balconata, che raccontano l’esperienza dell’artista nella comunità degli shakers del Maine e l’opera posta all’entrata della galleria, Beyond the Vulnerability (1999), un vero e proprio paesaggio immaginario composto da fragili micro-architetture di candele. Questo lavoro è nato da un soggiorno di Chen Zhen di un mese in Brasile insieme ai bambini delle favelas di Salvador de Bahia. Attraverso l’arte, ha condotto i bambini alla comprensione e all’analisi della città tramite lo studio di sei diversi stili architettonici, frutto di sei diversi strati sociali. In questo modo ha destato la loro curiosità per la vita, la loro comprensione della società, e ha nutrito il loro sogno di avere una loro “casa”. Tutti i bambini alla fine hanno creato più di trenta casine fatte con le candele. Chen Zhen ha sempre nutrito una grande fiducia nell’uomo e nelle generazioni future. In Un Village sans frontières (2000), l’artista utilizza delle candele per costruire un “villaggio universale” composto dal numero simbolico di 99 sedie per bambini raccolte in tutte le parti del mondo. “Il fatto di utilizzare delle candele (in Cina la candela è simbolo della vita di un uomo) – scriverà – ha un senso particolare: costruire un villaggio senza frontiere, che spetta a noi iniziare, ma la nostra speranza è sempre rivolta alla generazione futura”.
L’arte di Chen Zhen non è solamente abitata da un’iconografia del corpo – bozzoli, organi, pelle, medicina, vestiti – è basata sul vivere, modellata secondo un principio organico – l’acqua, il fuoco, la terra, l’aria, la digestione, la gestazione, la combustione, la circolazione – e ritmata da un respiro interno. Acqua, terra, fuoco (cenere) sono gli elementi naturali con i quali l’artista purifica e trasforma gli oggetti restituendoli al mondo e all’eternità. “La cenere è allo stesso tempo corpo di una memoria disinfettata e concime che fertilizza la terra”, sosteneva Chen Zhen. Nel suo lavoro mente e corpo non sono mai disgiunti e, riferendosi ad una delle opere in mostra, La Désinfection (1997), proseguiva “A prima vista l’opera mostra un sistema di cottura a vapore, ma il cibo è sostituito dai libri. Quest’opera ci mostra fino a che punto l’uomo ha bisogno di due diversi nutrimenti per la sua esistenza: nutrimento materiale e spirituale.”
L’anima che plasma le opere di Chen Zhen trova le sue radici tanto nella dialettica bipolare di yin e yang quanto nella spiritualità buddista. “Six Roots” (2000) assume la forma di un’allegoria composta di 7 installazioni in 6 parti, in mostra “Six Roots Enfance / Childhood” e “Six Roots / Memory”. Il titolo si riferisce ad una espressione buddista che descrive i sei sensi principali del nostro corpo (vista, udito, olfatto, gusto, tatto, coscienza). Chen prende a prestito questo tema buddista per trattare i “sei stadi della vita”: nascita, infanzia, conflitto, sofferenza, ricordo e morte-rinascita.
All’età di 25 anni Chen Zhen comincia a soffrire di anemia emolitica, per questo, fin da molto giovane raggiunge una profonda conoscenza e un alto livello d’analisi del valore del tempo e dello spazio. Considera la sua malattia come un’esperienza degna di valore, dalla quale può trarre ispirazione. Nel 1999 crea un nuovo oggetto di ricerca per la sua creazione artistica “Un progetto di vita – Diventare un dottore”. La mostra “Field of Synergy” che realizza nel 2000 a San Gimignano è intesa come preludio a questo progetto. “La parola sinergia è un termine medico. Descrive le funzioni coordinate e le capacità sintetiche dei vari organi del corpo umano o di differenti medicine … E’ mia opinione che la parola ‘sinergia’ non indichi unicamente una concreta ‘capacità comune’ in senso materiale ma anche un modo di pensare… Nel linguaggio comune significa considerare ogni cosa nel contesto dei suoi fattori fondanti. Va da sé che nel mio caso, scriveva ancora Chen Zhen, questa parola indica soprattutto una ‘raccolta di energie’.
Ed è questa raccolta di energie che Chen Zhen ci lascia affinché possiamo seguire anche noi i suoi … passi silenziosi.