Christophe Constantin – Check-in

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE PASTIFICIO CERERE
Via Degli Ausoni 7, Roma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

26-28 ottobre, dalle 15 alle 19.00

Vernissage
25/10/2016

ore 19

Artisti
Christophe Constantin
Curatori
Magali Moulinier, Emiliano Coletta
Generi
arte contemporanea, personale

Mostra personale di Christophe Constantin al Pastifico Cerere di Roma, quest’evento prende parte alla RAW ( Rome Art Week), in collaborazione con la RUFA e il centro d’arte barcellonese Espronceda.

Comunicato stampa

Check-in

Christophe Constantin

a cura di Magali Moulinier e Emiliano Coletta

Inaugurazione: 25 ottobre dalle 19.00 alle 21.30
orari: 26-28 ottobre, dalle 15 alle 19.00
Pastificio Cerere, via degli Ausoni 7, Roma

Evento Raw

Testo critico di Magali Moulinier (curatrice e critico)

Affari o Turismo ? Questione ricorrente per chi viaggia oggi in aereo al momento del Check-in. Questione di classe, questione di posto. Al di là dell’apparente semplicità, nella domanda si legge per difetto l’impossibilità per numerosi viaggiatori di definire la loro precisa appartenanza a categorie standardizzate e qualificare la natura esatta del loro viaggio. Questa interroga in effetti differenti “status” che sfuggono a queste categorie normative. Che “posto” occupa oggi l’artista, il flâneur, il sognatore, l’utopista? Il suo scopo non è di andare da un punto all’altro del mondo ma di farne l’esperienza, attraverso delle posture, delle attitudini. Poco spazio sulla Boarding pass per spiegare tutto ciò.

“Ho meglio da fare che fare” : cosi avrebbe potuto rispondere Constatin alla rituale domanda prima dell’imbarco per Barcellona, dove lo portavano i suoi passi, da Roma, per una residenza d’artista. Ne fare (affari), ne far-niente (turismo), il suo viaggio era senza oggetto. Il suo viaggio era il soggetto.

L’esposizione Check-in a Roma è un’esperienza al presente, nella continuità della sua esperienza barcellonese. Constantin fa il punto, tesse nuovi fili e si misura in un luogo che fa da legame con alcune emozioni e scoperte che ha portato da Barcellona : cosi il Parc del Clot trova in un luogo come il Pastificio Cerere e la sua architettura industriale una cassa di risonanza. Tappa nel percorso più che destinazione finale, pausa che precede ulteriori peregrinazioni, Constantin, come un narratore (il suo alter-ego sognato), documenta, struttura e restituisce con Check-in la “materia” del suo camminare e del misurare gli spazi percorsi a Barcellona, rispondendo in questo modo alla sua intima necessità di definire il nuovo luogo di approdo.

Con andirivieni costanti fra il bidimensionale e il tridimensionale, dalla mappa/pianta all’installazione nello spazio, Constantin tira i fili, come i navigatori, come un Cristoforo Colombo, la cui statua lo accolse a Barcellona.

Spending time in Barcelona. Questo è il titolo della mostra realizzata dal giovane artista al Centro d’arte contemporanea Espronceda. Ha quindi speso il suo tempo. Questa doppia accezione, sia dell’italiano “spendere” o dell’inglese spending (spendere denaro, trascorrere del tempo ecc.), Christophe ama metterla alla prova nell’universo consumistico nel quale siamo tutti più o meno immersi. Che cosa ha speso quindi ? Ha speso se stesso. Nel suo camminare, nell’energia mobilitata, nelle distanze percorse. In una dimensione economica, ha speso ben poco; ma ha guadagnato tanto da questa esperienza estetica e umana dove il filo fra vita e arte si è progressivamente teso.

Il soggetto principale -e non l’oggetto- era la città di Barcellona, considerata non come un luogo tangibile, reale, ma come quadro immateriale di una relazione nascente. Relazione che stabilirà e si materializzerà dopo, in termini di misure. Una relazione fatta di tempo, ore, minuti, che restituisce l’arco temporale delle sue deambulazioni, dei suoi passi contati dai battiti del cuore, sulla propria vita emozionale, articolando lungo il cammino la sua personale narrazione.

Barcellona gli era sconosciuta. Prima della partenza, più che le guide illustrate, Christophe ha percorso le mappe. È quindi partito da una superficie piana, una superficie sensibile che successivamente avrebbe segnato con il nome delle strade e con i suoi percorsi, le sue passeggiate, e il tempo che aveva speso a camminare.

Cercando di confondere i legami tra reale e immaginario, il punto di vista omologato della cartolina, Constantin affronta la città senza un itinerario pre-stabilito. Camminare. Accogliere l’esperienza estetica, psichica, fisica, banale, errante di ogni flâneur. La filiazione artistica è acquisita. Si cammina sempre nei passi dei padri.(1)

Camminare consisteva quindi a trasformare l’ignoto in noto tramite coordinate temporali. Un processo che assume nel suo progetto un carattere programmatico. Nessun bisogno di letture approffondite, guide, immagini per dare il via a questa sua esigenza. Come una pellicola vergine, Constantin permetteva alla città di imprimersi in lui, come su un film fotosensibile. I fotografi parlano di “tempo di esposizione”. Quello di Christophe fu molto lungo : due mesi, era quello che avrebbe dedicato allo “sviluppo” della sua mostra, inaugurata il 30 giugno 2016.

Landed
Check-in ci porta in una immaginaria geografia interiore, che dal soggiorno trascorso a Barcellona si è sostituita alla geografia reale. Una somma di elementi sparsi, fatta di biglietti usati per la metropolitana, di indirizzi illegibili scarabocchiati su un pacchetto di sigarette, di amicizie nuove, un numero di telefono di un incontro casuale, un pezzo di mappa della città rovinato da un temporale inatteso. Memoria dell’esperienza di una città, del suo odore, della sua luce e della sua ombra, un feticismo rituale ben noto del flâneur che conserva, tiene con se e sistema tutto in scatole sentimentali.

Nello stesso registro del rituale, il video di una performance è presentata in uno piccolo spazio del Pastificio, simile a una cabina d’aereo. L’artista come un steward muto effettua l’inevitabile pantomima delle istruzioni di sicurezza prima del decollo. Un rito di cui Constantin conserva solo la gestualità. Pochi viaggiatori prestano ancora attenzione a questo “rituale”, a cui ormai siamo abituati, presi e persi nei nostri laptops e smartphones.

Chi ci guida e che cosa inseguiamo in questa mostra ? Nella scala del Pastificio si aggrappa e si tende un filo rosso. Questo filo rilega davvero i frammenti sparsi di un percorso ? E se, al contrario, agissse come qualcosa che stacca e allontana l’una dall’altra le opere presenti in mostra, le traccie, i resti, documenti censiti, rendendole opere autonome ? Dove finisce il process ?

Rinviando a numerosi lavori d’artisti, l’uso del filo rosso da parte di Constantin ribadisce, nella sua assoluta semplicità di mezzo, la sua forza espressiva e polisemica : trappola, gabbia, linea, direzione. Qui si offre anche come possibile griglia di lettura alla produzione del giovane artista e aggiunge all’immobilità dell’installazione la sua portata temporale, il suo continuum intuitivo, il suo altrove possibile. Al filo rosso apparentemente conduttore rispondono i fili bianchi che « incorniciano » altri lavori. Attraverso questi indizi «tessili», Constantin porta lo spettatore ad una interrogazione fondamentale sul valore e il significato delle immagini, « elementi del viaggio » come elementi del linguaggio, tra immagine e semiologia.

(1) Basta ricordare l’importanza del camminare come pratica nella filosofia e la storia dell’arte, dalla scuola peripatetica d’Aristotele fino alla produzione di tutta una generazione di artisti impregnati delle ricerche della « Psicogeografia », iniziate dall’Internazionale Lettrista e prolungata dai Situazionisti fino ai Neo-Geo dell’era Google map.

Lontano, molto lontano nel tempo che Constantin ama misurare, lontano nella storia letteraria e artistica percorsa a ritroso vegliano sulle nostre memorie culturali il viaggio sentimentale, il viaggio letterario, i pittori viaggiatori, il viaggio iniziatico, il Grand Tour ... Non è un caso se il giovane artista si sia interessato nella sua tesi di laurea alla portata contemporanea del Romanticismo e la sua figura centrale, alter-ego di Constantin : il flâneur.

Constantin ci riporta, non senza uno sguardo critico, a fare del viaggio il racconto di un cambiamento. Ed è naturale che mi venga in mente, nello stendere queste righe a Roma, La Modification di Michel Butor, capofila del Nouveau Roman, che ci appena lasciati: un viaggio in treno da Parigi a Roma il cui scopo non si realizzerà ma costituirà la materia di un racconto.

Magali Moulinier, Roma, ottobre 2016

RAW: www.romeartweek.com/it/eventi/?id=526
RUFA: www.unirufa.it
Espronceda: www.espronceda.net
Christophe Constantin: www.christopheconstantin.weebly.com
Facebook: Check-in

Christophe Constantin

a cura di Magali Moulinier e Emiliano Coletta

Inaugurazione: 25 ottobre dalle 19.00 alle 21.30
orari: 26-28 ottobre, dalle 15 alle 19.00
Pastificio Cerere, via degli Ausoni 7, Roma

Evento Raw

Testo critico di Magali Moulinier (curatrice e critico)

Affari o Turismo ? Questione ricorrente per chi viaggia oggi in aereo al momento del Check-in. Questione di classe, questione di posto. Al di là dell’apparente semplicità, nella domanda si legge per difetto l’impossibilità per numerosi viaggiatori di definire la loro precisa appartenanza a categorie standardizzate e qualificare la natura esatta del loro viaggio. Questa interroga in effetti differenti “status” che sfuggono a queste categorie normative. Che “posto” occupa oggi l’artista, il flâneur, il sognatore, l’utopista? Il suo scopo non è di andare da un punto all’altro del mondo ma di farne l’esperienza, attraverso delle posture, delle attitudini. Poco spazio sulla Boarding pass per spiegare tutto ciò.

“Ho meglio da fare che fare” : cosi avrebbe potuto rispondere Constatin alla rituale domanda prima dell’imbarco per Barcellona, dove lo portavano i suoi passi, da Roma, per una residenza d’artista. Ne fare (affari), ne far-niente (turismo), il suo viaggio era senza oggetto. Il suo viaggio era il soggetto.

L’esposizione Check-in a Roma è un’esperienza al presente, nella continuità della sua esperienza barcellonese. Constantin fa il punto, tesse nuovi fili e si misura in un luogo che fa da legame con alcune emozioni e scoperte che ha portato da Barcellona : cosi il Parc del Clot trova in un luogo come il Pastificio Cerere e la sua architettura industriale una cassa di risonanza. Tappa nel percorso più che destinazione finale, pausa che precede ulteriori peregrinazioni, Constantin, come un narratore (il suo alter-ego sognato), documenta, struttura e restituisce con Check-in la “materia” del suo camminare e del misurare gli spazi percorsi a Barcellona, rispondendo in questo modo alla sua intima necessità di definire il nuovo luogo di approdo.

Con andirivieni costanti fra il bidimensionale e il tridimensionale, dalla mappa/pianta all’installazione nello spazio, Constantin tira i fili, come i navigatori, come un Cristoforo Colombo, la cui statua lo accolse a Barcellona.

Spending time in Barcelona. Questo è il titolo della mostra realizzata dal giovane artista al Centro d’arte contemporanea Espronceda. Ha quindi speso il suo tempo. Questa doppia accezione, sia dell’italiano “spendere” o dell’inglese spending (spendere denaro, trascorrere del tempo ecc.), Christophe ama metterla alla prova nell’universo consumistico nel quale siamo tutti più o meno immersi. Che cosa ha speso quindi ? Ha speso se stesso. Nel suo camminare, nell’energia mobilitata, nelle distanze percorse. In una dimensione economica, ha speso ben poco; ma ha guadagnato tanto da questa esperienza estetica e umana dove il filo fra vita e arte si è progressivamente teso.

Il soggetto principale -e non l’oggetto- era la città di Barcellona, considerata non come un luogo tangibile, reale, ma come quadro immateriale di una relazione nascente. Relazione che stabilirà e si materializzerà dopo, in termini di misure. Una relazione fatta di tempo, ore, minuti, che restituisce l’arco temporale delle sue deambulazioni, dei suoi passi contati dai battiti del cuore, sulla propria vita emozionale, articolando lungo il cammino la sua personale narrazione.

Barcellona gli era sconosciuta. Prima della partenza, più che le guide illustrate, Christophe ha percorso le mappe. È quindi partito da una superficie piana, una superficie sensibile che successivamente avrebbe segnato con il nome delle strade e con i suoi percorsi, le sue passeggiate, e il tempo che aveva speso a camminare.

Cercando di confondere i legami tra reale e immaginario, il punto di vista omologato della cartolina, Constantin affronta la città senza un itinerario pre-stabilito. Camminare. Accogliere l’esperienza estetica, psichica, fisica, banale, errante di ogni flâneur. La filiazione artistica è acquisita. Si cammina sempre nei passi dei padri.(1)

Camminare consisteva quindi a trasformare l’ignoto in noto tramite coordinate temporali. Un processo che assume nel suo progetto un carattere programmatico. Nessun bisogno di letture approffondite, guide, immagini per dare il via a questa sua esigenza. Come una pellicola vergine, Constantin permetteva alla città di imprimersi in lui, come su un film fotosensibile. I fotografi parlano di “tempo di esposizione”. Quello di Christophe fu molto lungo : due mesi, era quello che avrebbe dedicato allo “sviluppo” della sua mostra, inaugurata il 30 giugno 2016.

Landed
Check-in ci porta in una immaginaria geografia interiore, che dal soggiorno trascorso a Barcellona si è sostituita alla geografia reale. Una somma di elementi sparsi, fatta di biglietti usati per la metropolitana, di indirizzi illegibili scarabocchiati su un pacchetto di sigarette, di amicizie nuove, un numero di telefono di un incontro casuale, un pezzo di mappa della città rovinato da un temporale inatteso. Memoria dell’esperienza di una città, del suo odore, della sua luce e della sua ombra, un feticismo rituale ben noto del flâneur che conserva, tiene con se e sistema tutto in scatole sentimentali.

Nello stesso registro del rituale, il video di una performance è presentata in uno piccolo spazio del Pastificio, simile a una cabina d’aereo. L’artista come un steward muto effettua l’inevitabile pantomima delle istruzioni di sicurezza prima del decollo. Un rito di cui Constantin conserva solo la gestualità. Pochi viaggiatori prestano ancora attenzione a questo “rituale”, a cui ormai siamo abituati, presi e persi nei nostri laptops e smartphones.

Chi ci guida e che cosa inseguiamo in questa mostra ? Nella scala del Pastificio si aggrappa e si tende un filo rosso. Questo filo rilega davvero i frammenti sparsi di un percorso ? E se, al contrario, agissse come qualcosa che stacca e allontana l’una dall’altra le opere presenti in mostra, le traccie, i resti, documenti censiti, rendendole opere autonome ? Dove finisce il process ?

Rinviando a numerosi lavori d’artisti, l’uso del filo rosso da parte di Constantin ribadisce, nella sua assoluta semplicità di mezzo, la sua forza espressiva e polisemica : trappola, gabbia, linea, direzione. Qui si offre anche come possibile griglia di lettura alla produzione del giovane artista e aggiunge all’immobilità dell’installazione la sua portata temporale, il suo continuum intuitivo, il suo altrove possibile. Al filo rosso apparentemente conduttore rispondono i fili bianchi che « incorniciano » altri lavori. Attraverso questi indizi «tessili», Constantin porta lo spettatore ad una interrogazione fondamentale sul valore e il significato delle immagini, « elementi del viaggio » come elementi del linguaggio, tra immagine e semiologia.

(1) Basta ricordare l’importanza del camminare come pratica nella filosofia e la storia dell’arte, dalla scuola peripatetica d’Aristotele fino alla produzione di tutta una generazione di artisti impregnati delle ricerche della « Psicogeografia », iniziate dall’Internazionale Lettrista e prolungata dai Situazionisti fino ai Neo-Geo dell’era Google map.

Lontano, molto lontano nel tempo che Constantin ama misurare, lontano nella storia letteraria e artistica percorsa a ritroso vegliano sulle nostre memorie culturali il viaggio sentimentale, il viaggio letterario, i pittori viaggiatori, il viaggio iniziatico, il Grand Tour ... Non è un caso se il giovane artista si sia interessato nella sua tesi di laurea alla portata contemporanea del Romanticismo e la sua figura centrale, alter-ego di Constantin : il flâneur.

Constantin ci riporta, non senza uno sguardo critico, a fare del viaggio il racconto di un cambiamento. Ed è naturale che mi venga in mente, nello stendere queste righe a Roma, La Modification di Michel Butor, capofila del Nouveau Roman, che ci appena lasciati: un viaggio in treno da Parigi a Roma il cui scopo non si realizzerà ma costituirà la materia di un racconto.

Magali Moulinier, Roma, ottobre 2016

RAW: www.romeartweek.com/it/eventi/?id=526
RUFA: www.unirufa.it
Espronceda: www.espronceda.net
Christophe Constantin: www.christopheconstantin.weebly.com
Facebook: Check-in

Christophe Constantin

a cura di Magali Moulinier e Emiliano Coletta

Inaugurazione: 25 ottobre dalle 19.00 alle 21.30
orari: 26-28 ottobre, dalle 15 alle 19.00
Pastificio Cerere, via degli Ausoni 7, Roma

Evento Raw

Testo critico di Magali Moulinier (curatrice e critico)

Affari o Turismo ? Questione ricorrente per chi viaggia oggi in aereo al momento del Check-in. Questione di classe, questione di posto. Al di là dell’apparente semplicità, nella domanda si legge per difetto l’impossibilità per numerosi viaggiatori di definire la loro precisa appartenanza a categorie standardizzate e qualificare la natura esatta del loro viaggio. Questa interroga in effetti differenti “status” che sfuggono a queste categorie normative. Che “posto” occupa oggi l’artista, il flâneur, il sognatore, l’utopista? Il suo scopo non è di andare da un punto all’altro del mondo ma di farne l’esperienza, attraverso delle posture, delle attitudini. Poco spazio sulla Boarding pass per spiegare tutto ciò.

“Ho meglio da fare che fare” : cosi avrebbe potuto rispondere Constatin alla rituale domanda prima dell’imbarco per Barcellona, dove lo portavano i suoi passi, da Roma, per una residenza d’artista. Ne fare (affari), ne far-niente (turismo), il suo viaggio era senza oggetto. Il suo viaggio era il soggetto.

L’esposizione Check-in a Roma è un’esperienza al presente, nella continuità della sua esperienza barcellonese. Constantin fa il punto, tesse nuovi fili e si misura in un luogo che fa da legame con alcune emozioni e scoperte che ha portato da Barcellona : cosi il Parc del Clot trova in un luogo come il Pastificio Cerere e la sua architettura industriale una cassa di risonanza. Tappa nel percorso più che destinazione finale, pausa che precede ulteriori peregrinazioni, Constantin, come un narratore (il suo alter-ego sognato), documenta, struttura e restituisce con Check-in la “materia” del suo camminare e del misurare gli spazi percorsi a Barcellona, rispondendo in questo modo alla sua intima necessità di definire il nuovo luogo di approdo.

Con andirivieni costanti fra il bidimensionale e il tridimensionale, dalla mappa/pianta all’installazione nello spazio, Constantin tira i fili, come i navigatori, come un Cristoforo Colombo, la cui statua lo accolse a Barcellona.

Spending time in Barcelona. Questo è il titolo della mostra realizzata dal giovane artista al Centro d’arte contemporanea Espronceda. Ha quindi speso il suo tempo. Questa doppia accezione, sia dell’italiano “spendere” o dell’inglese spending (spendere denaro, trascorrere del tempo ecc.), Christophe ama metterla alla prova nell’universo consumistico nel quale siamo tutti più o meno immersi. Che cosa ha speso quindi ? Ha speso se stesso. Nel suo camminare, nell’energia mobilitata, nelle distanze percorse. In una dimensione economica, ha speso ben poco; ma ha guadagnato tanto da questa esperienza estetica e umana dove il filo fra vita e arte si è progressivamente teso.

Il soggetto principale -e non l’oggetto- era la città di Barcellona, considerata non come un luogo tangibile, reale, ma come quadro immateriale di una relazione nascente. Relazione che stabilirà e si materializzerà dopo, in termini di misure. Una relazione fatta di tempo, ore, minuti, che restituisce l’arco temporale delle sue deambulazioni, dei suoi passi contati dai battiti del cuore, sulla propria vita emozionale, articolando lungo il cammino la sua personale narrazione.

Barcellona gli era sconosciuta. Prima della partenza, più che le guide illustrate, Christophe ha percorso le mappe. È quindi partito da una superficie piana, una superficie sensibile che successivamente avrebbe segnato con il nome delle strade e con i suoi percorsi, le sue passeggiate, e il tempo che aveva speso a camminare.

Cercando di confondere i legami tra reale e immaginario, il punto di vista omologato della cartolina, Constantin affronta la città senza un itinerario pre-stabilito. Camminare. Accogliere l’esperienza estetica, psichica, fisica, banale, errante di ogni flâneur. La filiazione artistica è acquisita. Si cammina sempre nei passi dei padri.(1)

Camminare consisteva quindi a trasformare l’ignoto in noto tramite coordinate temporali. Un processo che assume nel suo progetto un carattere programmatico. Nessun bisogno di letture approffondite, guide, immagini per dare il via a questa sua esigenza. Come una pellicola vergine, Constantin permetteva alla città di imprimersi in lui, come su un film fotosensibile. I fotografi parlano di “tempo di esposizione”. Quello di Christophe fu molto lungo : due mesi, era quello che avrebbe dedicato allo “sviluppo” della sua mostra, inaugurata il 30 giugno 2016.

Landed
Check-in ci porta in una immaginaria geografia interiore, che dal soggiorno trascorso a Barcellona si è sostituita alla geografia reale. Una somma di elementi sparsi, fatta di biglietti usati per la metropolitana, di indirizzi illegibili scarabocchiati su un pacchetto di sigarette, di amicizie nuove, un numero di telefono di un incontro casuale, un pezzo di mappa della città rovinato da un temporale inatteso. Memoria dell’esperienza di una città, del suo odore, della sua luce e della sua ombra, un feticismo rituale ben noto del flâneur che conserva, tiene con se e sistema tutto in scatole sentimentali.

Nello stesso registro del rituale, il video di una performance è presentata in uno piccolo spazio del Pastificio, simile a una cabina d’aereo. L’artista come un steward muto effettua l’inevitabile pantomima delle istruzioni di sicurezza prima del decollo. Un rito di cui Constantin conserva solo la gestualità. Pochi viaggiatori prestano ancora attenzione a questo “rituale”, a cui ormai siamo abituati, presi e persi nei nostri laptops e smartphones.

Chi ci guida e che cosa inseguiamo in questa mostra ? Nella scala del Pastificio si aggrappa e si tende un filo rosso. Questo filo rilega davvero i frammenti sparsi di un percorso ? E se, al contrario, agissse come qualcosa che stacca e allontana l’una dall’altra le opere presenti in mostra, le traccie, i resti, documenti censiti, rendendole opere autonome ? Dove finisce il process ?

Rinviando a numerosi lavori d’artisti, l’uso del filo rosso da parte di Constantin ribadisce, nella sua assoluta semplicità di mezzo, la sua forza espressiva e polisemica : trappola, gabbia, linea, direzione. Qui si offre anche come possibile griglia di lettura alla produzione del giovane artista e aggiunge all’immobilità dell’installazione la sua portata temporale, il suo continuum intuitivo, il suo altrove possibile. Al filo rosso apparentemente conduttore rispondono i fili bianchi che « incorniciano » altri lavori. Attraverso questi indizi «tessili», Constantin porta lo spettatore ad una interrogazione fondamentale sul valore e il significato delle immagini, « elementi del viaggio » come elementi del linguaggio, tra immagine e semiologia.

(1) Basta ricordare l’importanza del camminare come pratica nella filosofia e la storia dell’arte, dalla scuola peripatetica d’Aristotele fino alla produzione di tutta una generazione di artisti impregnati delle ricerche della « Psicogeografia », iniziate dall’Internazionale Lettrista e prolungata dai Situazionisti fino ai Neo-Geo dell’era Google map.

Lontano, molto lontano nel tempo che Constantin ama misurare, lontano nella storia letteraria e artistica percorsa a ritroso vegliano sulle nostre memorie culturali il viaggio sentimentale, il viaggio letterario, i pittori viaggiatori, il viaggio iniziatico, il Grand Tour ... Non è un caso se il giovane artista si sia interessato nella sua tesi di laurea alla portata contemporanea del Romanticismo e la sua figura centrale, alter-ego di Constantin : il flâneur.

Constantin ci riporta, non senza uno sguardo critico, a fare del viaggio il racconto di un cambiamento. Ed è naturale che mi venga in mente, nello stendere queste righe a Roma, La Modification di Michel Butor, capofila del Nouveau Roman, che ci appena lasciati: un viaggio in treno da Parigi a Roma il cui scopo non si realizzerà ma costituirà la materia di un racconto.

Magali Moulinier, Roma, ottobre 2016

RAW: www.romeartweek.com/it/eventi/?id=526
RUFA: www.unirufa.it
Espronceda: www.espronceda.net
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