Christophe Constantin – Splash
L’artista scruta e contempla, svincola e ricompone l’oggetto della sua indagine, liberandolo dalle catene che lo tengono ancorato alla quotidianità per dargli nuova luce, una nuova vita.
Comunicato stampa
Fontane disadorne e tempi implacabili
“Proprio come un flâneur baudelairiano l’artista svizzero – italiano d’adozione-, Christophe Constantin, si aggira per i sobborghi della Capitale posando il suo sguardo con apparente nonchalance sull’arrendo urbano che lo circonda. Gli elementi che rapiscono la sua attenzione sono quelli che potremmo definire “invisibili” all’occhio altrui, lo stesso che viene costantemente travolto dalla frenesia tipica delle grandi città. L’artista scruta e contempla, svincola e ricompone l’oggetto della sua indagine, liberandolo dalle catene che lo tengono ancorato alla quotidianità per dargli nuova luce, una nuova vita.
Il bagliore avvolgente è pieno di carica concettuale, dalle lievi nuances romantiche e dall’accesa ironia, tanto profonda quanto provocatoria, come quella che ruota attorno al progetto espositivo SPLASH, svoltasi presso lo spazio indipendente GATE 26A.
La scultura protagonista è “Risoluzione di un problema contemporaneo” e altro non è che una fontana sguarnita dove l’accento è posto sull’aspetto tecnico, ovverosia pompare letteralmente un flusso d’acqua all’interno di un susseguirsi di tubi per poi farlo defluire in un ordinario secchio. Una semplicità che si evince anche nella scelta cromatica, infatti non viene fatto uso né di vernici né di smalti, così da lasciare i colori originari degli elementi assemblati, ovvero: il rosso del secchio, il blu della pompa e la zincatura dei tubi. Ovviamente, davanti a questo approccio artistico non si può non far riferimento alla dinamica del ready-made di Duchamp, a cui Constantin guarda con una certa attenzione, rimanendone legato in termini di formalizzazione. Quindi, sebbene l’opera possa apparire in prima istanza banale, il volano del lavoro è il capovolgimento del punto di vista, scandagliando il superficiale per approdare nel concettuale.
Lo scorrere ciclico dell’acqua si fa metafora intrinseca del perpetuo fluire del tempo, cercando di sublimare la sua infinta grandezza difronte alla quale l’uomo rimane comunque – e necessariamente- legata. In questo modo, la fontana privata da orpelli e ornamenti superflui, assume l’aspetto di un orologio che, spogliato anch’esso da indicazioni numeriche e ticchettii ridondanti, batte un ritmo tanto morbido quanto inesorabile, quello ciclico della vita.
I tubi che compongono la scultura si stagliano rigidi seguendo lo schema meccanico, orchestrando un movimento armonico di ascesa e discesa che ipnotizza lo sguardo del pubblico, attraendolo nella sua orbita circolare seppur arzigogolata. La relazione che si instaura con l’osservatore pone le sue basi sulla curiosità, sulla voglia di stuzzicare con sagace ‘impertinenza’ quegli occhi pigri per rapirli in un gesto tanto ripetitivo quanto implacabile”.
Valentina Muzi
“Il funzionamento di una fontana, nonostante la banalità del suo meccanismo, diffonde già di per sé la nozione di sublime. Il flusso dell'acqua crea un movimento circolare che accattiva lo sguardo, non per la sua estetica, ma perché dà forma allo scorrere del tempo, senza cercare però di quantificarlo. Il tempo dedicato a guardare l'acqua che cade non risponde alla misurazione del tempo al quale ci confrontiamo ogni giorno. Questo è un tempo parallelo, non ha nulla a che fare con l'essere umano poiché dipende da un'altra concezione di durata. Diventa assurdo ma comprensibile che una fontana possa essere accattivante anche priva di qualsiasi abbellimento. Credo che sia nella particolarità dell'acqua di poter rappresentare in modo così concreto l'immaterialità del tempo e renderlo quasi tangibile. Anzi mi chiedo perché durante i secoli si siano stancati nell’aggiunta di ornamenti. A mio avviso funziona benissimo nella sua forma precaria”.
Christophe Constantin