Ciriaco Campus – La stanza dell’odio #1
By Life | luogo di produzione artistica di Roma, in collaborazione con la Fondazione Filiberto e Bianca Menna e il LARS – Laboratorio Romano di Semiotica, è lieto di annunciare La stanza dell’odio #1.
Comunicato stampa
By Life | luogo di produzione artistica di Roma, in collaborazione con la Fondazione Filiberto e Bianca Menna e il LARS - Laboratorio Romano di Semiotica, è lieto di annunciare La stanza dell’odio #1, primo step del doppio progetto site specific realizzato da Ciriaco Campus in via degli Orti D’Alibert 7b, che si terrà sabato 08 febbraio 2020 alle ore 18.00 e che sarà visitabile fino al 29 febbraio 2020.
Legato a una serie di tematiche che caratterizzano gli stati d’angoscia del malaise moderno, il nuovo progetto di Ciriaco Campus invita a riflettere su un mondo a senso unico, telecomandato a distanza da flaccide recite quotidiane, prive di senso ma comunque forti nel massaggiare le menti per favorire quell’appiattimento programmato che erode e arresta la soglia sociale della coscienza individuale trasportando la massa in uno spettacolo vuoto di politica e sempre più compresso oppresso deformato dal potere economico.
Con La stanza dell’odio #1 l’artista invita lo spettatore in uno spazio umbratile e ambiguo che accoglie al suo interno una guardiola di sorveglianza cristallizzata nel passato, congelata tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso tanto da ricordare l’intermittenza di American Horror Story: Asylum, la seconda stagione della serie di Ryan Murphy e Brad Falchuk ambientata nel 1964 all’interno dell’istituto mentale Briarcliff.
Il suono di un’arma da fuoco (un Kalashnikov AK47), inteso anche come onda di pressione nell’aria che trasforma lo spazio in un’opera d’arte totale, si diffonde nel locale per rompere l’atmosfera e aprire alla dura, etica necessità di guardare in faccia la ragione, di percepire lo stato crepuscolare dello sviluppo sociale e di intravederne l’estinzione di individualità (Fromm). Addossato a una parete dello spazio spoglio, buio e poco ospitale, il gabbiotto è l’unico punto dal quale si propaga una luce cruda che esorta a guardare cosa ci sia al suo interno, a varcare la soglia e a scrutarne i pochi squallidi arredi presenti: una sedia, un tavolino con sopra il blocchetto per le ricevute e una penna bic, un cruciverba, un mobiletto con sopra un telefono e un vecchio televisore catodico che trasmette in loop Il cecchino (2018), video con cui Ciriaco Campus riflette sull’odio. Nei circa dieci minuti di questo lavoro dove 400 immagini sono bucate da 719 colpi sparati (chiaro richiamo Les Quatre Cents Coups di Truffault), personaggi pubblici o semplici comparse sfilano senza sosta, mutano in vittime e contemporaneamente in sagome realistiche, in bersagli da tiro utilizzati da un fantomatico cecchino il cui unico scopo è quello di depurare il mondo. Nel gabbiotto il sorvegliante è assente e paradossalmente presente. Istigato alla violenza, suggestionato dalle immagini e dal rumore dei colpi è lui stesso, nel finale del video, in posizione sdraiata, con un fucile di legno (allegoria di un gioco ma anche di un malessere psicologico), a mimare la banalità del male quotidiano.
«Credo che il sistema sia in ritardo nel comprendere e gestire i processi di trasformazione della società», suggerisce l’artista in una delle sue tante riflessioni su questo primo appuntamento. «Caratterizzata da forme di intolleranza sociale estrema che mina alla base il concetto stesso di democrazia, la violenza verbale in atto è solo l’inizio di questa deriva. Ritenevo, che le crisi di tipo economico, sociale e culturale che si susseguivano periodicamente dal secondo dopoguerra, servissero al meccanismo del sistema per rigenerarsi e riposizionarsi. Ritenevo che il meccanismo avesse al suo interno gli anticorpi per guidare questi processi di trasformazione, anzi, che in qualche modo li anticipasse ad hoc».
* Concepita nel 1997, By Life è la finta azienda (culturale, umanitaria, ) con cui Ciriaco Campus ha analizzato le pratiche del consumo, della finta solidarietà umana, della vetrinizzazione totale nell’epoca del qualunquismo planetario.