Citerna Fotografia 2013
A volte è il superamento delle linee a liberare e creare prospettive e percorsi altrimenti impossibili. Altre volte tali confini non devono essere superati esattamente per evitare di perdere i connotati suddetti. Limiti, confini, separazioni. Reali, sociali, metaforiche, umane. Di questo Citerna 2013 vuole parlare.
Comunicato stampa
Linea di confine
a cura di Re_immagina_Re
Reale, immaginaria, cercata, non voluta, forzata.
Una linea di separazione marca comunque una differenza, un gradiente di condizioni e di situazioni: materiali, morali, umane, geografiche, storiche. Punto di passaggio a volte concreto e tangibile, a volte immateriale, invisibile, fluido, evanescente. La storia a definire tempi e modi, la società a dare ed imporre le sue ragioni, i singoli a vivere le sfumature di condizioni che le differenti coesistenze definiscono in termini reali e culturali. Il corpo e la mente. La vita fisica di tutti i giorni e la vita traslata nello spazio e nel pensiero. Sempre e comunque sono i confini a definire i percorsi e le vicissitudini che ne seguono. Potremmo rivedere l’intera storia dell’uomo semplicemente seguendo la prospettiva di queste linee e delle zone grige, neutre che le accompagnano. Quel bordo intorno a loro, quella terra di nessuno o limbo che dir si voglia, che fisicamente segna l’avvicinarsi al limite o condizione oltre cui le cose non sono più le stesse. La massa critica viene superata e si innescano processi non più controllabili e apparentemente caotici. A volte è il superamento di queste linee a liberare e creare prospettive e percorsi altrimenti impossibili. Altre volte tali confini non devono essere superati esattamente per evitare di perdere i connotati suddetti. Limiti, confini, separazioni. Reali, sociali, metaforiche, umane. Di questo Citerna 2013 vuole parlare. Senza effettismi, senza facili incursioni in un territorio fin troppo vasto e suscettibile di facili rappresentazioni, abbiamo cercato di oltrepassare lo strato più consueto e di facile acquisizione che ruota intorno a questo tema. Abbiamo cercato di concentrare nel festival un gruppo di autori la cui vita ed esperienze fossero rappresentative e originali di quei livelli ulteriori di consapevolezza e di conoscenza, di sfumature e di dettagli esistenziali e sociali, che si voleva fossero il baricentro dell’intera manifestazione in questo 2013. I confini che abbiamo deciso di percorre non sono affatto semplici: a fronte di una distaccata disquisizione visiva, fatta di interessanti foto comunque ben inquadrate nelle tiepide attese di una mostra, abbiamo volutamente fatto delle scelte che potrei definire “dure” ed impegnative nella loro non neutralità emozionale. La scelta dei confini è essa stessa in qualche modo simbolica e vorrebbe assumere un’aspetto di metaforica spirale visiva. Partendo da un punto che definirei di “singolarità”, di rapporto“uno a uno”, la mostra “allarga” sempre più verso l’esterno il suo dominio visivo e coinvolge prima un villaggio Africano, poi un intero paese nello stesso continente, fino a giungere in Asia, e in particolare in quell’Afghanistan in cui troveremo anche un interessantissimo cortocircuito temporale tra il lavoro presentato e la molteplicità di modi in cui può essere ora recepito.
Francesco Cito, Antonio Manta, Giuseppe Carotenuto: questi gli autori i cui lavori sono il cardine della edizione di CiternaFotografia 2013.
“Vite sospese”, di Francesco Cito. Il confine tra la vita e la morte. Il tempo immobile in una attesa apparentemente senza fine, un limbo fatto di sofferenza e ignoto, di intollerabile riproposizione di una non-condizione, di una angosciante sospensione della vita. Un tema di grandissima difficoltà affrontato con rispetto e sensibilità dall’autore. Temi come questo hanno molto spesso un destino segnato: o vengono allontanati discretamente fino a sparire dall’orizzonte della visibilità oppure vengono colti e presentati accentuandone l’aspetto più crudo e doloroso, equivocando e confondendo l’informazione con la morbosa ricerca della sofferenza altrui. “Vite sospese” dimostra come la capacità e la sensibilità di un autore possano fare la differenza anche in questo caso. Difficoltà del tema, rispetto, sensibilità. Questi i motivi per cui abbiamo deciso di farne uno dei lavori portanti della mostra.
In “19 metri quadrati d’inferno”, reportage di Antonio Manta, l’impronta visiva si allarga, lo sguardo si distende e abbraccia un nucleo di uomini e donne all’interno di un bar in uno sperduto villaggio Africano. è una sorta di confine virtuale, prima ancora che fisico, questo locale al cui interno si muovono ed
interagiscono i protagonisti. Una sorta di palcoscenico improvvisato ma incredibilmente efficace, sul quale vengono rappresentati la vita e i drammi dei protagonisti, attori involontari di questo teatro dell’esistenza. Mille le domande che nascono nell’osservare questi uomini e donne arrivare, andarsene,
ubriacarsi, parlare, forse sognare o forse soltanto dimenticare la crudezza di una vita.
Dal villaggio ad un intero paese: “Indipendence days in Tunisi”. I rivolgimenti ormai storicamente definiti come “Primavere arabe” hanno avuto inizio a Tunisi nel dicembre 2010, e da lì sono dilagate in gran parte degli stati dell’Africa del nord con varie vicissitudini e molte delusioni. Giuseppe Carotenuto
era a Tunisi nei giorni della rivolta, quando i tunisini decisero di aver diritto ad un futuro e una dignità prima loro negata. è una immersione nella rabbia, nel coraggio, nel caos da cui solo può nascere, a volte, un cambiamento. Il superamento di un confine fino a poco prima ritenuto impossibile da oltrepassare.
“Afghanistan”. Il reportage di Francesco Cito assume qui una doppia valenza. Da una parte ci permette di percorrere con lui questa terra lontana e di conoscerne la storia e le condizioni.
Dall’altra si pone come un vero e proprio cortocircuito temporale, permettendoci una sorta di visione sdoppiata o forse “contemporanea” di due condizioni altrimenti separate. Tutto quello che sappiamo della storia recente di questo paese, della guerra che lo sconvolge, delle tensioni interne ed internazionali che ne derivano, lo apprendiamo tramite i giornali e televisione. Nel lavoro proposto da Cito, il confine non è più solo geografico, ma anche temporale. L’Afghanistan di Cito è quello degli anni ‘80, quello che lui ha percorso a piedi per centinaia di chilometri al seguito di un’altra delle tante guerre
che hanno devastato le sue terre. Altri i nomi dei protagonisti e delle potenze, altri gli armamenti, gli scopi, le tattiche e le strategie. Eguali le sofferenze e le tragedie. Due generazioni e due guerre per lo stesso paese.
“Occhi della speranza” è una struttura onlus da tempo attiva in vari villaggi dello Zambia, di cui è diventata riferimento sicuro e importante. L’ultimo viaggio operativo del gruppo è stato anche l’occasione per realizzare un reportage, che abbiamo il piacere di ospitare come collettiva degli autori Gianfranco
Amadori, Andrea Braschi, Carlo Landucci, Paolo Pagni e Fulvio Zubiani. Antonio Manta, che ha coadiuvato il progetto e partecipato al viaggio stesso, sarà insieme agli autori a presentare
la collettiva al pubblico. Questa collettiva segna anche un nuovo percorso del festival. Da questa edizione, la presenza di una organizzazione Onlus sarà la norma, e ci permetterà di legare l’aspetto fotografico ed artistico al tema sociale vero e proprio. Non più quindi solo rappresentazione, ma anche, in un certo qual modo, azione.
Mauro Prandelli e Alberto Maretti sono due giovani fotografi i cui lavori, curati da Sandro Iovine, sono parte integrante ed importante nel tema del festival.
Mauro Prandelli ci porta al confine tra Grecia e Turchia: “Evros porta orientale d’Europa, un muro contro l’immigrazione”. Una linea di confine geografica ed immateriale assume in Evros la fisica ed opprimente consitenza di un muro di separazione volto a contrastare i flussi migratori che dalla Turchia cercano respiro e speranza in Grecia prima e in Europa poi. Esistono decine di esempi di mura di separazione nel mondo, ed i più sono perfettamente sconosciuti al pubblico, nè sono abbastanza “paganti”, in termini di “notizia”, da essere trattati dai media. Il lavoro di Prandelli ha quindi nella nostra impostazione la doppia valenza di reportage di una specifica situazione e di rappresentazione di una condizione molto più ampia e distribuita in ogni continente.
“Gyumri, Armenia”. Un altro confine di cui parlare. Un confine temporale che non si conosceva e non si sarebbe mai voluto attraversare, ma che la natura ha deciso dovesse essere superato. Alberto Maretti ci parla di questa città dell’Armenia e del terremoto che l’ha distrutta nel 1988. Il prima di una vita modesta ma “normale”, concreta e comunque ricca di speranze e progetti. Il dopo di una paese cancellato in una manciata di secondi, con migliaia di morti, un’economia distrutta e nessun futuro.
Il nostro sguardo usa delle macchine per parlare del mondo e di noi stessi nel mondo. Lo scopo illusorio di queste macchine è quello di fermare il tempo, congelare l’immagine di fronte a noi e con essa tutti gli strati di relazione che con quell’immagine si avevano. Le macchine cambiano, nuove tecnologie nascono, lo spazio si restringe, il villaggio potrebbe essere globale. Il nostro desiderio di relazionarci con il mondo trova in questi strumenti nuova forza. Nascono nuovi linguagi e forme espressive, i messaggi evolvono e cambiano di pari passo. Forse il “media” è anche il messaggio, tanto per ricordare McLuan.
Per questo abbiamo fortemente voluto una collaborazione con il gruppo Instagram di Perugia, che presenterà un suo lavoro e interagirà direttamente con i visitatori del festival. Al di là della normale fruizione visiva dei lavori, ci sono aspetti culturali e sociali di grandissimo interesse e forza in queste nuove funzioni, in grado di ridefinire completamente il nostro spazio di pensiero.
“Wonderland - terra delle meraviglie” ci porta alla scoperta delle Dolomiti. Roberto Carnevali ci fa conoscere le sue montagne, quei luoghi da lui tanto amati e avvertiti come spazi di incredibile bellezza e in qualche modo rappresentazione di quel rinnovato incontro tra l’uomo e la natura, che sembra perduto altrove ma non qui.
Gli spazi di Citerna OFF sono quest’anno dedicati alle collettive del Centro Fotografico Tifernate, all’Associazione Fotografica Imago di Arezzo, al Gruppo Fotografico di Sansepocro e al gruppo Istanti di Bettona, Perugia. Espressioni della cultura e sensibilità fotografica locale, meritano attenzione per la qualità delle proposte e la continuità con cui hanno operato nel corso degli anni. La possibilità di averli insieme è certamente un punto di cui siamo particolarmente soddisfatti.
Prosegue la collaborazione con la foto community MaxArtis, a cura di Giovanna Griffo. Anche quest’anno un gruppo di autori, selezionati dal team di MaxArtis, farà parte della proposta fotografica del festival. Come è noto Citerna è parte del circuito FIAF e in tale veste sarà al centro di attività organizzate in collaborazione con Fiaf Italia. In particolare avremo le letture di portfolio per i circuiti Portfolio Italia e Portfolio CiternaFotografia. Come di consueto, i lavori dei vincitori della passata edizione sono poi in esposizione nei locali del festival: "Turkish Blue gold" di Tommaso Protti (portfolio circuito Italia - FIAF: la crescita economica della Turchia richiede energia e le centrali idroelettriche sono una necessità che comporta però l’allontanamento di interi paesi e il cambiamento ambientale di intere zone), e
“Nel Nome dei figli” di Marika Puicher (portfolio CiternaFotografia), dedicato alle vittime delle stragi e attentati terroristici, che hanno scosso profondamente la vita e le basi democratiche del nostro paese.
Direzione tecnica e artistica: associazione culturale Re_immagina_RE
Direzione generale: Enrico Milanesi, Chiara Burzigotti, Laura Rebiscini, Valter Scappini
Direzione amministrativa: Antonio Guerrini
Organizzazione per Maxartis: Giovanna Griffo
Catalogo edito da Petruzzi Editore, a cura di , Enrico Milanesi.
Alla realizzazione del festival hanno collaborato:
La photocommunity Maxartis
Archivio Storico Archiphoto
La Pro loco di Citerna
FIAF