Claudia Losi – Come le mani ricordano
La mostra di Claudia Losi parla di partenze e approdi, di transiti sulla terra: un pellegrinaggio immaginario e immaginato tra la storia dell’uomo e le vicende intime dell’artista.
Comunicato stampa
La mostra di Claudia Losi parla di partenze e approdi, di transiti sulla terra: un pellegrinaggio immaginario e immaginato tra la storia dell'uomo e le vicende intime dell'artista. Ristabilire un legame con la terra, in questo ecosistema così fragile, suggerisce una differente idea di identità che origina dal sentirsi legati alle altre forme di vita. Le sue opere sono affabulazioni sull'origine e sulla trasformazione ciclica in natura, "solidificazioni" di momenti di vita tra permanenza e impermanenza che si svelano agli occhi del visitatore in passeggiata silenziosa fra le piccole stazioni dove è possibile soffermarsi e riflettere.
I materiali usati dall’artista per i suoi lavori sono portatori di una manualità antica e paziente: il ferro, il bronzo, il legno, la seta, la ceramica. Le forme si congiungono e si sovrappongono a testimoniare il costante processo evolutivo che regna in natura: le Sfere in legno rilasciano fronde e arti in una eterna danza, così come avviene per le forme degli animali nelle cavità dei vasi di Gesti Dentro. Un invito a considerare uno stato di "naturalezza" in cui gli esseri viventi non hanno barriere di specie.
Le sue opere sono geografie corali e personali in cui un "fare ecologico" fa rinascere ciò che è stato vissuto o anche solo immaginato: le Lingue foglia, emersioni di storie collettive dell'uomo si presentano come piccoli teatri con scene di viaggio e di caccia in cui protagonista è la mutua relazione tra uomo e animale.
L’occhio (rappresentato) e lo sguardo (evocato e suggerito da spirali e cerchi) è un soggetto ricorrente nella pratica dell’artista. Poli Antarctici, un grande ricamo frutto di un paziente lavoro collettivo, rimanda all’idea di una grande iride acquatica.
In Gesti Dentro, il collassare dei vasi l’uno sull’altro richiama la figura di un gorgo, mentre il fondo accoglie smalti color blu profondo che ricordano le onde del mare. Di nuovo l'occhio è inciso sulla sfera di arenaria depositata in una rete da pesca (Pietraocchio) e il ricamo con crini di cavallo del pianeta Terra (Sferamondo), tratto da una illustrazione di Athanasius Kircher, amplifica la connessione fra macrocosmo e microcosmo: tutto si richiama e si ricongiunge in una sorta di energia panica in cui sentirsi inscritti per guardare dentro e guardare meglio.
E infine il bisogno di protezione, che accompagna la storia umana dalle sue origini: Asking Shelter, le impossibili case-rifugio, ma anche le corone di spine (Le sue mani insegnarono pazienza) e la serie di piccoli Amuleti, modellati negli ultimi tre mesi d'isolamento giorno dopo giorno, sono artefatti di buon auspicio, custodi di energia buona. C'è bellezza nella sopravvivenza e fertilità nella speranza. Devi mutare l'abito non i luoghi (animum non coelum mutare debes) scriveva Seneca a Lucilio.
Marina Dacci
Claudia Losi è nata nel 1971 a Piacenza, dove vive e lavora. Tra le recenti mostre personali figurano MAMbo, Bologna, 2020; Ikon Gallery, Birmingham, 2019 e Collezione Maramotti, Reggio Emilia, 2016. Ha esposto inoltre al La Maréchalerie, Versailles; al Museo MAXXI, Roma; al MAGASIN, Grenoble; alla Royal Academy, Londra. Nel 2008 ha avuto mostre personali al Museo Marino Marini, Firenze e allo Stenersen Museum, Oslo. Nel 2007 ha partecipato alla Sharjah Biennial 8, Emirati Arabi Uniti e nel 2016 alla Hangzhou Triennial of Fiber Art, China. Dal 2004 al 2011 ha sviluppato il progetto Balena Project: il racconto mitico di una balenottera comune realizzata in stoffa di dimensioni reali, che ha viaggiato per il mondo coinvolgendo persone e immaginari ad ogni suo passaggio e che verrà narrato in una pubblicazione speciale, dal titolo The Whale Theory, prevista per l'inzio del 2021.