Claudia Marini – Quasi collage
Quella compiuta da Claudia è una ricerca in progress, che coinvolge due elementi fondanti dell’immagine: il colore, in relazione a un senso geometrico deciso ma supportato dal caso, e la linea, in relazione a una forma morbida e al contempo nitida.
Comunicato stampa
Sì, collage. No, non proprio. Sì, certo, frammenti di carta incollati. No, non frammenti riutilizzati,
ma tagliati, stampati, dipinti appositamente. Pensati per questo.
“Quasi collage” non perché manchi qualcosa, ma perché c’è dell’altro.
Le spore di Claudia Marini potrebbero provenire da un’artista giapponese naturalizzata italiana.
Lo trasmetterebbe l’orientamento sinuoso delle carte, l’impiego di quelli considerabili a tutti gli effetti
come dei moduli, generalmente estratti dal mondo naturale (squame, foglie, petali).
La terza dimensione calpestata come una cicca.
Ma se solo si varca la cornice bianca del foglio si può restare inghiottiti da una profondità insospettata,
lì tra le fibre.
Claudia però non ha gli occhi a mandorla, anzi è l’unica artista a non essere mai andata in Estremo Oriente
portandone comunque un souvenir. È nata e vive a Lodi (era il 1980), già finalista al premio Italian Factory
e “Quasi collage” presso The White Gallery è la sua prima personale.
Quella compiuta da Claudia è una ricerca in progress, che coinvolge due elementi fondanti dell’immagine:
il colore, in relazione a un senso geometrico deciso ma supportato dal caso, e la linea, in relazione a una
forma morbida e al contempo nitida. Se il cromatismo va in cerca di un equilibrio diffuso, una ponderazione
figlia più di armonie che di contrasti, la linea chiede raccoglimento, un ritaglio discreto, spazio ai volumi.
Non a caso antenati di questi collage sono spesso sagome di corpi umani chiusi in loro stessi.
Traccia ne è un esercito di piccoli pattern concentrati, tenuti insieme come da una calamita sotterranea.
Sono pieni che lievitano, fluttuanti ma composti.
E se la fisica c’insegna che è materia e non vuoto quell’aria che divide i corpi, della stessa consistenza
si carica il bianco nei lavori di Claudia. Comun denominatore di uno stile, lenzuolo latteo che offre peso
ai colori.
Il risultato sembrerebbe annunciare immagini simmetriche, in particolare quando divise su due fogli:
aspettativa quanto mai insoddisfatta. Tuttavia l’assenza di specularità è presenza di freschezza, dinamismo.
Una danza vibrante di intrusioni di colore.
La sospensione delle spore è controbilanciata dalle stratificazioni della carta, dipinta o stampata,
di cui è percepibile lo spessore. Strati su strati definiscono un cantiere mascherato nell’immediato:
una visione del retro svelerebbe pazienza e metodo.
Ci ritroviamo su più livelli, singole opere composte dalla moltiplicazione di singoli pezzi, ciascuno
individuabile. Un quasi-collage che è un super-collage, resistente al caos.
Insomma l’incollaggio è per definizione attraente, non la scollatura. Tondi galleggianti, ritagli mobili:
sembra di osservare questi lavori sotto il pelo dell’acqua, dimenticati dalla gravità.
Ne scaturisce un senso di leggerezza e armonia, un tempo interrotto in cui la contemplazione è un invito.
Lucia Grassiccia