Claudia Virginia Vitari – Le Città Invisibili

Informazioni Evento

Luogo
MAUSOLEO DELLA BELA ROSIN
Strada Castello Di Mirafiori , Torino, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dal venerdì alla domenica dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 17 o su prenotazione.

Vernissage
30/11/2013

ore 17

Contatti
Telefono: +39 0114429836
Artisti
Claudia Virginia Vitari
Curatori
Roberto Mastroianni
Generi
arte contemporanea, personale

Claudia Virginia Vitari, dopo la personale del giugno 2013 all’Arts Santa Monica di Barcellona , mette in mostra disegni, suoni e light box dal work in progress in collaborazione con Radio Nikosia di Barcellona: una delle prime emittenti realizzata da persone con problemi di salute mentale.

Comunicato stampa

Evento collaterale della Kermesse Arte Plurale 2013 la tappa torinese della mostra di Claudia Virginia Vitari, dopo la personale del giugno 2013 all'Arts Santa Monica di Barcellona , mette in mostra disegni, suoni e light box dal work in progress in collaborazione con Radio Nikosia di Barcellona: una delle prime emittenti realizzata da persone con problemi di salute mentale (http://radionikosia.org/). In collaborazione con Biblioteche Civiche Torinesi, Cooperativa I passi e Associazione Volontari Arcobaleno.

Una Selezione di Lightboxes e disegni di Claudia Virginia Vitari saranno in esposizione e vendita presso la Galleria d'Arte Raffaella De Chirico.
Dal Martedì al Venerdì
14.30 – 20 Sabato
11 – 19.30 Aperture straordinarie:
1-8-15-22-29 Dicembre 2013Lunedì chiuso
Galleria d'Arte Raffaella De Chirico

Via Vanchiglia 11/A
10124 Torino

Ph +39 011.19.50.35.50

Fax +39 011.19.50.27.65

La mostra “Le città invisibili” sarà inaugurata sabato 30 novembre 2013 alle ore 17.00 presso gli spazi espositivi del Mausoleo de la Bela Rosin Circoscrizione 10, Strada Castello di Mirafiori 148/7, Torino.

L’introduzione del catalogo,edito da Berlin Art Projects,è a cura dell’antropologo e fotografo Martin Correa, ideatore del progetto Radio Nikosia, e degli psicologi Márcio Mariath Belloc e Karol VeigaCabral.

Testi critici di Roberto Mastroianni e Elisa Teodoro.

La mostra “Le città invisibili” rappresenta il punto di arrivo del suo percorso di ricerca artistica e teorica, iniziato con “Melancholie” e “Percorso Galera” (realizzati a partire dalle esperienze nell’ospedale psichiatrico di Halle an der Saale in Germania e la Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino) e che ha visto in Nikosia e nei nikosiani (l’esperienza “non istituzionale” di Radio Nikosia, a Barcellona) un punto di svolta fondamentale per definire gli interessi, la poetica e le modalità espressive dell’artista. Vitari ri-articola la logica della catalogazione scientifica di tipo lombrosiano (evidente nel gruppo di 14 cubi che danno forma a “Le città invisibili- la maschera”) e la genesi linguistico discorsiva della narrazione dominante sulla marginalità, la follia e l’uomo folle (nelle 3 vetrine/ moduli narrativi, “Le città invisibili- Nikosia”). Vi è una consapevolezza profonda del valore antropologico delle istituzioni nel lavoro di Claudia Virginia Vitari: lei è cosciente che la “messa in forma dell’umano” risponda sempre a dinamiche di disciplinamento, a pratiche istituzionali, comunicative e simboliche che Foucault definirebbe “microfisiche del potere”, e che queste dinamiche diventino evidenti nei processi di esclusione/marginalizzazione operati dal discorso della reclusione, della medicalizzazione e della psichiatrizzazione. Le “istituzioni totali” diventano, quindi, il caso studio esemplare capace di diventare oggetto di analisi e pratica artistica, al fine di portare alla luce, rendere visibile, le narrative, le costrizioni simboliche e materiali messe in campo dalla società, per organizzare in modo bio-politico se stessa, producendo forme di inclusione ed esclusione. Vitari mette in scena, in questo modo, una “fenomenologia artistica dell’invisibile”, fedele all’idea che l’arte debba portare a percezione ciò che rimane occultato, invisibile, e renderlo comprensibile nelle sue dinamiche profonde. La logica della catalogazione scientifica viene quindi “ri-articolata”, come direbbe Stuart Hall, in modo che gli stessi argomenti (le citazioni scientifiche, letterarie, le narrazioni dei pazienti o dei carcerati..) legittimanti la marginalizzazione possano diventare elementi di una narrazione sull’individualità, e sul valore e la dignità della persona. Attraverso le sue installazioni Claudia impone pertanto un nuovo “ordine del discorso”, che forza la gabbia dell’istituzione totale e rimette al centro del discorso l’umanità violata, ferita, restituendo parola e dignità alla marginalità che le “retoriche di verità” istituzionali tendono a presentare come pericolosa, non autosufficiente, criminale…

Il lavoro sui materiali, la pratica di scrittura e la figurazione permettono infatti all’artista di mettere in evidenza quei margini simbolici e fisici che separano inclusione ed esclusione: i cubi e le cornici in ferro delle vetrine diventano metafora dei vincoli posti dalle “istituzioni totali”; il vetro e la resina, materiali diafani e trasparenti, assumono il valore di una lente con cui meglio osservare l’umanità marginalizzata e nello stesso tempo producono una distanza gelatinosa, che fa percepire le distanze sociali tra “normalità” e “anormalità” e il distacco culturalmente organizzato verso gli esclusi; mentre la serigrafia rende visibile la pratica scritturale che i discorsi egemoni producono, imponendo “regimi di verità” con cui legittimare l’esclusione e la marginalizzazione e, al contempo, marchiare simbolicamente e materialmente il marginale. Il percorso espositivo mette quindi in scena porzioni di umanità (i volti), che emergono dai “cubi” , come fossero orme tracce, su cui sono serigrafate le storie individuali dei soggetti, o che dialogano con la scrittura sulle “vetrine”, dando forma ad affabulazioni figurali (scrittura, parola, ritratti) su cui sono impressi i testi di autori come Erving Goffman, Kafka, Foucault o scritti epici o antichi come l’Epopea di Gilgamesh.

Claudia Virgina Vitari è una “cantastorie delle forme di umanità” intenta a raccontare l’epica quotidiana dei processi di disciplinamento ed istituzionalizzazione, cosciente che i vincoli simbolici e materiali delle istituzioni rispondano a “retoriche di verità che ammantano logiche di potere”, cui le persone possono in qualche modo sottrarsi, innescando processi di liberazione basati sulla narrazione e la ri-articolazione simbolica del sé e del mondo.