Claudio Abate – L’importanza del ricordo Diario
L’esposizione si concentrerà soprattutto sulla produzione legata alla passione di Abate per le Neoavanguardie, con un occhio di riguardo per quello che è stato uno dei momenti più importanti nel corso dell’arte italiana del dopoguerra, l’Arte Povera.
Comunicato stampa
Inaugura presso la Galleria IL SIPARIO la mostra di Claudio Abate intitolata [...], che vedrà riuniti una ventina di lavori tra i più significativi dell’intero corpus fotografico dell’artista romano.
L’esposizione si concentrerà soprattutto sulla produzione legata alla passione di Abate per le Neoavanguardie, con un occhio di riguardo per quello che è stato uno dei momenti più importanti nel corso dell’arte italiana del dopoguerra, l’Arte Povera. Attraverso l’obbiettivo di Abate riusciamo, in questo modo, a ricostruire la vitalità dell’epoca, l’unicità delle idee e dell’ambiente, gli allestimenti ed i percorsi espositivi di manifestazioni che hanno segnato in maniera indelebile la storia della cultura del nostro paese.
In questo senso per la fotografia di Abate si può parlare di “documento”, di pratica cronachistica che serve a ricordare, a rivedere; non dobbiamo dimenticare, infatti, che proprio grazie all’obbiettivo di Abate, possiamo godere oggi di una serie di ricostruzioni e performance (basti pensare alla celebre foto del 1969 alla galleria L’Attico di Roma) che altrimenti non si sarebbero conservate fino ad oggi. Un documento che, grazie al tocco personale dell’autore, si eleva ad immagine “artistica”, divenendo essa stessa parte integrante dell’opera d’arte originale.
Claudio Abate nasce a Roma nel 1943, città dove attualmente risiede. Già all’età di 16 anni collabora con la Press Service Agency. Dal 1961 al 1963 lavora al “Life Magazine” come assistente di Eric Lessing, tra i fondatori dell’agenzia fotografica Magnum. Per un lungo periodo la collaborazione continua con “Playmen”. In quegli stessi anni comincia a lavorare per Sipario, diventa il testimone del teatro d’avanguardia di Carmelo Bene. Dopo i cosiddetti “anni caldi”, durante i quali diventa il fotografo-lettore dell’arte contemporanea d’avanguardia, Abate sperimenta un linguaggio proprio utilizzando le diverse tecniche della fotografia. Negli anni Ottanta, per la prima volta, si confronta con il colore conservando quel dialogo intimo con l’opera e gli artisti, tralasciando la descrizione fedele della realtà e accentuandone il mistero. Risale al 1986 una serie di scatti sulle opere di Joseph Beuys conservate al LandesMuseum di Darmstadt. Negli anni, la collaborazione con gli artisti non è certo diminuita: trasferito lo studio nel quartiere romano di San Lorenzo, inizia un sodalizio con quella che negli anni Ottanta è stata definita “La Nuova Scuola Romana”. Dagli anni Novanta Abate ha sviluppato interessanti ricerche portando artisti-amici a lavorare con lui nella camera oscura, evidenziando le peculiarità di ognuno di loro, e ponendoli in diretto contatto con la propria ricerca personale. Questo progetto è sfociato nella mostra del 2005 dal titolo Obscura.
Le sue fotografie sono diventate oggetto di numerose mostre nazionali e internazionali. Basti citare la personale nel Padiglione Italia alla Biennale di Venezia (1993); la retrospettiva Vent’anni in Atelier (2001) all’Accademia di Francia presso Villa Medici a Roma; la mostra al Museo di Belgrado (2002); le fotografie esposte al MACRO di Roma (2002); la Biennale di Fotografia a Mosca (2004); l’esposizione alla Maison de la Photographie (2006); la mostra al MART (2007); la mostra personale al Palazzo delle Esposizioni (2012).