Clemente | Halley | Schnabel

Informazioni Evento

Luogo
THE POOL NYC
Palazzo Fagnani, Via Santa Maria Fulcorina, 20 20123 , Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Dal Martedì al Sabato: 11-13/15-19

Artisti
Francesco Clemente, Julian Schnabel, Peter Halley
Generi
collettiva, arte contemporanea

Clemente, Halley e Schnabel, vivono, scrivono e lavorano a New York. La loro visione pulsa ancora e continuano a ispirare e trasformare il tempo in arte.

Comunicato stampa

THE POOL NYC presenta CLEMENTE-HALLEY-SCHNABEL, una mostra che riunisce tre figure cruciali della New York dei nostri tempi.
I tre artisti sono nati a un anno di distanza l’uno dall’altro e sono cresciuti professionalmente a New York.
Simili, diversi, distanti e molto vicini, sono senza dubbio tra i maggiori rappresentanti della scena Artistica Contemporanea.
Siamo molto orgogliosi di presentare una serie di lavori dal 1986 al 2010.

New York è pericolosa, eversiva, traviante, erotica, sporchissima, caotica ed estremamente artistica. C’è odore di marijuana già su Houston Street, ed aumenta più che si scende ad Est.
SoHo, NoHo, ABC, il Lower East Side sono zone da evitare, perché rapine, malavita, armi e droga fanno da sfondo.

Proprio allo scoccare dei ruggenti anni ’80, con il suddetto milieu, tre artisti che hanno poco in comune, sia come educazione, che come provenienza, respirano l’energia contagiosa di quella che è l’unica vera City del mondo occidentale.

I Love NY, but NY doesn’t love you recita un detto newyorchese; ed è proprio così, tutto quello che fai avviene perché te lo sei conquistato.

Nell’aria c’è voglia d’arte da sempre, desiderio di pittura e colore, esuberanza. Basta Minimal, basta Conceptual Art: che tornino le figure, le linee decise e i colori accesi.

Julian Schnabel è un fuori classe di Brooklyn, e prima che girasse sempre in pigiama e con l’occhiale giallo, faceva il cuoco. Poi studia Arte a Houston e i suoi lavori diventano carichi di gestualità anche mediterranea, sono frammenti di pensieri e luoghi che ha visto e vissuto: dall’Italia alla Spagna.
Una pittura veloce, sensuale, arricchita di oggetti trouvés.

Da Napoli, senza aver concluso la facoltà di Architettura, sbarca a NY un altro genio: Francesco Clemente. Occhi blu, grandi, profondi, come quelli di tutti i protagonisti dei suoi dipinti. Parlata lenta, paragoni tra l’estensione di Napoli e quella di New York; interessi forti lo spingono ad indagare spiritualità e anima dell’essere umano. Soggiorna in India sovente e la porta in tutta la sua pittura, ad acquerello e ad olio. La figura umana al centro, forse un po’ distorta, da un altro punto di vista, ma con lo sguardo deciso verso lo spettatore. Non ci sono dubbi, la determinazione pittorica dell’artista sfida musei e pubblico di ogni sorta.

 

Il professor Peter Halley è di New York e ha seguito il classico percorso per diventare uno degli artisti migliori della scena americana e un grande insegnante.
La figura umana non si vede, ma i dipinti di Halley sono tutti dedicati alla società e agli esseri umani che la compongono. La sua opera d’arte si addentra nelle strutture fisiche e psicologiche dello spazio sociale, collegando l’intricato linguaggio dell’astrazione geometrica, sostenuto da artisti come Barnett Newman ed Ellsworth Kelly, con la realtà degli ambienti urbani e dell’era digitale. Cellule e celle, la trasposizione in arte del modello della società contemporanea.

Halley si propone di collegare il linguaggio dell'astrazione geometrica allo spazio reale che vede intorno a sé. Lo fa con colori brillanti, fluo, artificiali, linee che si incontrano, e l’unione di diverse tele che formano il dipinto.

Clemente, Halley e Schnabel, vivono, scrivono e lavorano a New York. La loro visione pulsa ancora e continuano a ispirare e trasformare il tempo in arte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FRANCESCO CLEMENTE (Napoli, 1952) è uno dei protagonisti della Transavanguardia. Vive e lavora tra New York e l’India.

Le sue opere sono sempre connesse con un itinerario di viaggio, si riferiscono alle tradizioni culturali del paese visitato, riportano le voci di terre lontane, si intrecciano con la biografia personale dell’artista alimentandosi delle passioni, dei desideri e delle emozioni che lo animano.
In costante equilibrio tra una dimensione narrativa e una immaginativa pone la figura umana al centro dei suoi interessi. Il corpo come linea di confine che divide l’interno dall’esterno diventa uno strumento per l’approfondimento di se stesso e per la conoscenza della realtà che lo circonda.
Spesso l’artista compare con occhi ingranditi oltre misura oppure il suo corpo è soggetto a distorsioni e deformazioni. É un modo per osservare se stessi e gli altri da prospettive diverse, insolite, una sorta di documentazione dell’io la cui continua ripetizione non definisce una frammentazione o dispersione, ma rappresenta sempre una nuova rinascita.
Nel 1980 si trasferisce a New York, dove ha collaborato con poeti come Allen Ginsberg e Robert Creeley, e con artisti come Jean-Michel Basquiat e Andy Warhol. Insieme a Raymond Foye ha dato vita alla casa editrice Hanuman Books, diventando membro dell’American Academy of Arts and Letters. Le sue opere sono esposte in molte prestigiose collezioni museali di tutto il mondo, tra cui l’Art Institute di Chicago, la Tate Gallery di Londra, il Kunstmuseum di Basilea, il Solomon R. Guggenheim Museum di Bilbao e di New York, il Metropolitan Museum of Art di New York e il Museum of Modern Art di New York.

PETER HALLEY (New York, 1953) si è laureato presso la Yale University, ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di New Orleans nel 1978; vive e lavora a New York.

La ricerca artistica di Peter Halley muove nell'ambito dell'astrazione geometrica e nei suoi dipinti forme quadrate e rettangolari, definite dall'artista 'celle' o 'prigioni', si relazionano tra di loro mediante condotti a sezione quadrata, rappresentando la crescente geometrizzazione dello spazio sociale del mondo tecnologico elettronico contemporaneo e invitandoci ad una riflessione sugli effetti della pressione psicologica prodotti sulla vita dell'uomo. La geometria minimalista richiama le schede dei circuiti elettronici e i colori utilizzati, intensi e brillanti — ottenuti grazie all'uso dei colori Day-Glo — rimandano alle ondate di flussi luminosi prodotti dalla società tecnologica.
Peter Halley si inserisce culturalmente nel processo di evoluzione del linguaggio astratto partito da Cézanne, passando per Malevich, Mondrian, Albers e il minimalismo statunitense — tra i quali, primo fra tutti, Stella — dialogando anche con linguaggi differenti, come l'espressionismo astratto.
Peter Halley ha esposto nelle più’ importanti gallerie e istituzioni museali internazionali tra cui il Museum of Modern Art di New York, il CAPC Musee d’Art Contemporain di Bordeaux, il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid, lo Stedelijk Museum di Amsterdam, il Dallas Museum of Art, il Folkwang Museum di Essen e l’Istituto Butler of American Art.
Nonostante il suo successo, il concettualismo rigoroso di Halley è stato storicamente accolto meglio in Europa.
Halley ha scritto e pubblicato testi su arte e cultura, affrontando i temi dello strutturalismo,
il post-modernismo, la rivoluzione digitale degli anni Ottanta. Nel 2001, ha ricevuto il Frank Jewett Mather Award dal College Art Association negli Stati Uniti per la sua scrittura critica. Ha insegnato alla Columbia University, alla University of California di Los Angeles e alla School of Visual Arts. È stato direttore del Graduate Studies in pittura e incisione presso la Yale University School of Art (2002-2011).

JULIAN SCHNABEL (Brooklyn, NY, 1951), vive e lavora a New York.
Laureato all'università di Houston, Julian ha allestito la sua prima mostra nel 1979 da Mary Boone a New York. Da quel momento è un susseguirsi di successi, tanto che i suoi lavori, dalla scultura alla pittura, sono esposti nei musei e nelle collezioni di tutto il mondo, dal MOMA di New York al Guggenheim di Bilbao, diventando un esponente di spicco del neoespressionismo.
Pittore, scultore e regista, Julian Schnabel si contraddistingue per la sua stupefacente capacità metamorfica e la travolgente forza espressiva che comunica attraverso le sue opere. Un talento nato dalla pittura che lo porta a sondare più campi artistici e a cimentarsi nel mondo del cinema dove riesce come ottimo regista con i film Basquiat del 1996, o Lo Scafandro e la Farfalla del 2007 (vincitore del premio per il miglior regista al Festival di Cannes). La produzione cinematografica di Schnabel è strettamente correlata alla sua produzione artistica al punto che i suoi film possono essere considerati un naturale proseguimento della sua vena pittorica.