Collettivities and Cities
Una mostra collettiva creata per la prima collaborazione tra NABA,Nuova Accademia di Belle Arti e Società Umanitaria, Milano.
Comunicato stampa
Lunedì 3 luglio dalle ore 18.30 alle 21 negli spazi della Società Umanitaria di Milano, inaugura la mostra
Collettivities and Cities frutto della collaborazione tra Naba, Nuova Accademia Di Belle Arti e
Società Umanitaria che vede coinvolti dieci artisti emergenti: Antonelli Chiara, Bergant Isabel, De Veteris
Barbara, Drvota Mario, Khamash Hana Giulia, Minisi Nicolo’, Piatti Giulia, Smedile Chiara e Uliassi Mario.
Gli studenti e artisti dell’Accademia milanese presenteranno una selezione di lavori fotografici, installativi e
performativi curati da Alessia D’Introno e Andrea Tinterri.
Questa prima cooperazione tra Società Umanitaria e Naba interroga l’idea stessa di collettività, problema-
tizzando un dibattito che spesso si adagia su posizioni ideologiche limitanti e facilmente strumentalizzabili.
La mostra Collettivities and Cities infatti vuole instaurare un possibile dialogo con la storia della comunità
degli operai di Via Solari 54, fondata nel 1906 dall’impegno diretto della Società Umanitaria.
Come si evince dal saggio Quando l’Umanitaria era in Via Solari. 1906. Il primo quartiere operaio, gli inqui-
lini, al tempo ancora tra loro sconosciuti, furono mossi da un moto di solidarietà e di
autentica partecipazione identitaria.
“Verso la fine del mese di marzo del 1906 il quartiere operaio di via Solari 54 cominciò ad essere abitato. La conoscen-
za tra i nuovi inquilini venne subito fatta per un gesto di umana e fraterna solidarietà. Il quartiere operaio allora, era
isolato dalla città; esso era circondato da verdi prati e ricche e vaste ortaglie; il tram si fermava a Porta Macello (attuale
circonvallazione); la zona era infestata da squadre di delinquenti (una delle quali denominata “Scopola”) che compiva-
no continue aggressioni. Gli inquilini tramvieri avevano paura di compiere, soli di notte, il tragitto Macello-Umanitaria.
Ecco allora formarsi delle squadre volanti col compito preciso di accompagnare a casa i loro compagni. Questo atto
di semplice, ma umana e grande solidarietà, durò per alcuni mesi. Il fatto dei tramvieri intensificò negli inquilini il de-
siderio della vita associativa per soddisfare le aspirazioni e le esigenze che la vita individuale non può dare.”
Una storia e un archivio del Novecento che può essere riattivato grazie al confronto con nuove
collettività, nuove appartenenze, nuovi modi di partecipazione politica.
Gli artisti NABA sono riconosciuti anche e soprattutto per le loro diversità culturali.
La mostra si pone l’obiettivo di evidenziare differenti modelli di collettività, innescando una progettualità
multidisciplinare, capace di raccontare e restituire la stratificazione geografica, sociale e culturale
che caratterizza il nostro presente ambiguo. L’esposizione si presenta come un moto collettivo, un’onda sca-
tenata da correnti diverse che sembrano inghiottire o forse solo accompagnare la contingenza del contem-
poraneo. Ogni artista restituisce il proprio paesaggio, reale o ipotetico, utopico o terribilmente concreto,
attraverso l’esperienza personale che è spesso l’origine della narrazione, l’incipit da cui partire.
È evidente il senso di comunità che in modo esplicito o implicito, emerge prepotentemente dalle opere
in mostra. Ma seppur le biografie degli artisti appaiano come strumento utile all’elaborazione del lavoro, il
risultato è quello di una voce collettiva che si affranca da un individualismo soffocante, aprendosi al mondo
e alle sue endemiche contraddizioni.