Colloquio Mitico
La Galleria Fonti è lieta di presentare Colloquio Mitico, progetto espositivo con opere storiche di Giuseppe Capogrossi, Pietro Consagra, Philadelphia Wireman, in dialogo con quelle recenti di Fabian Marti, Seb Patane e Paul Thorel.
Comunicato stampa
La Galleria Fonti è lieta di presentare Colloquio Mitico, progetto espositivo con opere storiche di Giuseppe Capogrossi, Pietro Consagra, Philadelphia Wireman, in dialogo con quelle recenti di Fabian Marti, Seb Patane e Paul Thorel.
Il progetto - il cui titolo è preso a prestito dalla scultura di Pietro Consagra “Colloquio Mitico” (1959) - tende a creare “inattesi colloqui” tra artisti di questo e del secolo precedente che con modalità e media diversi: la scultura per Consagra, Wireman e Marti, la pittura per Capogrossi e Patane, la fotografia per Thorel, indagano ieri come oggi sulle possibili e molteplici declinazioni del concetto di astrazione. Un unione di tema nella diversità. E’ un percorso “rizomatico”, citando Deleuze e Guattari in “Mille piani”, che invita a “praticare un concatenamento orizzontale e molteplice attraverso una logica della contiguità e del contagio (mai della filiazione o della discendenza)”.
In mostra “Colloquio Mitico” di Pietro Consagra (Mazara del Vallo, 1920 - Milano, 2005), la scultura prodotta in due esemplari (uno in collezione Peggy Guggenheim a Venezia) che proviene dal prestito di una collezione privata e che fa parte della serie di opere scultoree in bronzo “Colloqui” realizzate dall’artista siciliano a inizio carriera tra il 1952-1963. “Sculture astratte caratterizzate - come amava ripetere l’artista - dalla ricerca della frontalità con un’innovativa e rivoluzionaria riduzione ad unico punto di vista”. Achille Bonito Oliva in “Scultura Consagrata” scrive:«Le sculture di Consagra tendono ad occupare un altro spazio, quello dell’immaginario dello spettatore. […] Ecco che allora nasce una possibilità di dialogo non imposto, ma stimolato. E l’arte ha questo scopo, produrre segni ed evitare segnali» (testo estratto dal filmato “Artisti allo specchio” dedicato a Pietro Consagra e prodotto dalla Rai,1987).
Giuseppe Capogrossi (Roma, 1900-1972) è noto per un rigoroso e personale astrattismo caratterizzato dalla reiterazione di un’unica forma-segno che dal 1950 in poi lo renderà famoso in tutto il mondo. In mostra viene esposta “Superficie 535”(1961) - prestito di collezione privata -, una delle serie di tele che rappresentano il passaggio dell’artista dalla figurazione a una personale astrazione segnica. “Superficie 535” è un’opera che venne usata come immagine tipo nel manifesto realizzato in occasione della X Quadriennale di Roma nel 1973.
La presenza in mostra di Philadelphia Wireman rappresenta un caso a parte nella storia dell’arte del XX secolo. Dietro “L’uomo dei fili di Philadelphia” - così viene identificato - si cela un misterioso artista americano di cui non si sa nulla e che rappresenta un caso esemplare nello sterminato territorio della Outsider-art. La storia è curiosa. Tra la fine degli anni Settanta e inizi anni Ottanta in un quartiere di Philadelphia sono state trovate vicino ad un cassonetto una serie di scatole con all’interno tanti (circa un migliaio, e per la maggior parte di piccole dimensioni) oggetti fatti con materiali vari da riciclo legati o assemblati con fili di ferro (da qui il suo nome). “In poche ore le casse ed il loro contenuto sono passati dal vicolo dei suburbi, allo studio del direttore del dipartimento d'arte della locale università, per giungere infine agli spazi della galleria di John Ollman, gallerista tra i più importanti al mondo nello studio e nella commercializzazione dell'arte degli Outsiders. Ancora oggi non si sa chi sia l’autore di queste sculture e il caso, per così dire, rimane irrisolto, proponendosi come vero e proprio simbolo dell'outsider-art, declinata in questo caso nella sua pura e cristallina anonimità. Le sculture del misterioso Philadelphia Wireman hanno molto in comune con altri famosi outsider, da Judith Scott a Emery Blagdon, trovando altresì strette analogie con molti, celebri manufatti dell'arte cosiddetta alta, da Christo a John Chamberlain” (cfr www.equilibriarte.net/article/424/Philadelphia-Wireman).
Il lavoro di Fabian Marti (Friburgo, 1979. Vive e Lavora a Zurigo e Los Angeles) - artista che ha già avuto tre personali presso la galleria Fonti nel 2007, 2011 e 2015 - consiste nel riutilizzo spesso ironico e dissacrante, di simboli, allegorie e raffigurazioni di tradizioni antiche pagane e religiose, ma soprattutto del modo in cui sono stati rivisitati e talvolta totalmente capovolti nel loro significato dalla storia o dalla storia dell’arte. L’artista opera una personale interpretazione di questi segni storici, sia nella forma che nel linguaggio in modo estremamente minimale. Attraverso l’utilizzo del computer e dello scanner lavora su contaminazioni, modificazioni e occultamenti concettuali.
In mostra vengono esposte una serie di sculture in ceramica che persa la forma e funzione di partenza come piatti giocano ad essere altro. Dischi in vinile che non suonano o bersagli da tiro? Un esercizio sulle possibili e molteplici varianti di forma e colore astratte.
Seb Patane (Catania, 1970. Vive e lavora a Londra), artista che ha già avuto tre personali presso la galleria Fonti (2007, 2011 e 2014), lavora sul concetto di alterazione fisica e mentale operando una sorta di editing attraverso il riutilizzo e la trasformazione di elementi spesso già esistenti che generano nuove narrazioni. Questo procedimento artistico è una metafora relativa all’idea di controllo e di possesso e al contrasto tra figurazione e astrazione. In mostra vengono selezionati una serie di collages polimaterici legati alla visualizzazione, per così dire, dodecafonica e “astratta” del suono.
Paul Thorel (Londra, 1956. Vive e lavora tra Napoli e Parigi) presenta una recente serie di stampe digitali colorate a pastello dal titolo Derive Laterali.
Da sempre interessato all’oltrepassamento dei limiti del territorio fotografico tradizionale, Paul Thorel può essere considerato un precursore del trattamento digitale dell'immagine, metodo da lui percorso fin dai primi anni '80. Le sue "fotografie a memoria" di ritratti e paesaggi, in bianco e nero e dotate di una profondità tridimensionale, dal dato reale di partenza diventano elementi di una vertiginosa manipolazione spesso dagli esiti astratti. *
*L’artista è rappresentato dalla galleria Guido Costa di Torino e dalla galleria Massimo Minini di Brescia
Galleria Fonti is pleased to announce Colloquio Mitico, exhibition comprehending historical works by Giuseppe Capogrossi, Pietro Consagra, Philadelphia Wireman, in dialogue with recent works by Fabian Marti, Seb Patane and Paul Thorel.
The project - whose title is taken from the sculpture "Colloquio Mitico" (1959) by Pietro Consagra - creates "unexpected conversations" between artists from this century and the past one through different ways and media: Consagra, Marti and Wireman using sculpture, Capogrossi and Patane using painting, Thorel using photography, they all investigate the concept of abstraction. A thematic that unifies different practices. It is a rhizomatic path, to cite Deleuze and Guattari that in A thousand Plateaus invite "to practice a multiple and horizontal concatenation through the logic of closeness and of contagion (never of filiation or descendance)".
Colloquio Mitico by Pietro Consagra (Mazara del Vallo, 1920 - Milano, 2005), is a sculpture realized in two editions (one is part of the Peggy Guggenheim collection in Venice and the one exhibited in the gallery comes from a private collection). The work is part of the sculpture series in bronze "Colloqui", realized by the Sicilian artist at the beginning of his career between 1952-1963. "Abstract sculptures characterized - as the artist liked to say - by the research of the frontal using an innovative reduction to a one point of view". Achille Bonito Oliva in “Scultura Consagrata” writes:« Sculptures by Consagra occupy another space, the one related to the imaginary of the viewer. […] Therefore the possibility of a non-imposed dialogue but a stimulated one was born. Art has that aim, to produce signs and avoid signals» (text taken from the video "Artists in the mirror" dedicated to Pietro Consagra and produced by Rai in 1987).
Giuseppe Capogrossi (Roma, 1900-1972) is known for his straight and personal abstraction characterized by the reiteration of only one form-sign which, from 1950 on, made him famous all over the world. In the show will be exhibited Superficie 535 (1961) - from private collection - which comes from the series of canvases which represent the passage of the artist from figurative to a personal sign abstraction. Superficie 535 was the image used in the manifesto realized in occasion of the X Quadriennial in Rome in 1973.
The presence of Philadelphia Wireman in the show represents a special case in the XX century art history. Behind "the man of wires of Philadelphia” - that's how he is identified - there is a mysterious unknown American artist who represents an example in the wide territory of the Outsider-art. The story is curious. Between the end of 70s and the beginning of 80s in a neighborhood of Philadelphia next to a dumpster there were found some boxes containing many objects ( about a thousand, mostly of small sizes) made with recycle materials tide together with iron wire. " In few hours the boxes and their content went from that suburb alley to the studio of the local University art department director and finally to John Ollman gallery, one of the most important gallery for the Outsiders market. Even today the author of these sculptures is unknown and the case, let's say so, is still unsolved and becomes a real symbol of the outsider-art. The sculptures of the mysterious Philadelphia Wireman has a lot in common with other famous outsiders, like Judith Scott and Emery Blagdon, and many analogies with many masterpieces, like Christo or John Chamberlain” (cfr www.equilibriarte.net/article/424/Philadelphia-Wireman).
The work by Fabian Marti (Fribourg, 1979. Lives and works in Zurich and Los Angeles) - artist who has already done three solo exhibitions in the gallery in 2007, 2011 and 2015 - consists in using, often in ironic and desecrating way, symbols, allegories and representations of pagan and religious ancient traditions and their reinterpretation in the history which often turns their meaning upside down. The artist makes an his own minimal interpretation in terms of form and language of those historical signs. Using computer and scanner he works on contaminations, changing and conceptual concealing. A series of sculptures in ceramics which have lost their original form and function will be exhibited in the show. They play being something else. Are they no working vinyl records or targets? An exercise on different variations of abstract colours and forms.
Seb Patane (Catania, 1970. Lives and works in London), - artist who has already done three solo exhibitions in the gallery in 2007, 2011 and 2014 - focuses on the concept of the physical and mental alteration making a sort of editing remaking and transforming existing elements that generate new narration. That artistic method is a metaphor of the idea of control and possess and a metaphor of the contrast between figurative and abstraction. A series of multi material collages linked to the dodecaphonic and "abstract" visualization of the sound.
Paul Thorel (London, 1956. Lives and works in Napoli and Paris) shows a recent series of digital prints colored using pastel titled Derive Laterali.
Always interested in going beyond the limits of the traditional photographic territory, Paul Thorel can be considered as a ground breaking of the digital use of image, a way followed by him since early 80s. His "memory photographs" of portraits and landscapes, in black and white and provided with a tridimensional depth, become elements of a dizzying manipulation of abstract outcomes. *
* The artist is represented by Guido Costa gallery Turin and Massimo Minini gallery Brescia