con-vivere Carrara Festival – ARTificiale
Anche per l’edizione 2024, con-vivere Carrara Festival apre una finestra sull’arte con la mostra ARTificiale, a cura di Chiara Dall’Olio, a Carrara , Palazzo Binelli.
Comunicato stampa
Anche per l’edizione 2024, con-vivere Carrara Festival apre una finestra sull’arte con la mostra ARTificiale, a cura di Chiara Dall’Olio, a Carrara , Palazzo Binelli. La mostra collettiva coinvolge tre artisti under 35 Andrea Camiolo, Claudia Fuggetti e Eleonora Roaro e quattro studentesse dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, Gaia Carlini, Clara Janz, Cristina Naraccio e Elena Pinelli, selezionate con la collaborazione del prof. Clemente Pestelli, coordinatore della Scuola di Nuove Tecnologie dell’Arte e del Prof. Marco Cadioli, docente di Net Art.
Focus della mostra è il cambiamento più rivoluzionario nel campo dell’arte contemporanea dopo l’avvento della macchina fotografica nel 1839: l’arte generativa ovvero la creazione di opere d’arte attraverso l’uso di sistemi autonomi non umani, il computer, il web, l’intelligenza artificiale attraverso le diverse applicazioni generative oggi disponibili. La riflessione sulle potenzialità degli strumenti generativi, ma anche sui loro limiti derivanti dalla standardizzazione dei procedimenti di implementazione dei dati e utilizzo, nonché l’influenza che questo tipo di immagini ha sulla percezione generale, connessa anche a temi come la manipolazione, la presunta veridicità e il controllo delle macchine sulle attività umane, sono temi di grande attualità nel dibattito sociale, così come in quello artistico.
I lavori esposti, tutti creati con l’ausilio di programmi generativi, esplorano le differenti sfaccettature della relazione fra essere umano e macchina e sfidano la capacità del visitatore di riconoscere un’immagine generata da una macchina che si tende a umanizzare nel momento in cui si parla di essa con termini quali “intelligenza” “apprendimento” “creazione”, mentre resta un algoritmo che non vede, non apprende, non risponde come un essere umano. Il titolo della mostra gioca con la parola artificiale evidenziandone anche graficamente il legame con le IA, ma giocando al contempo sul falso presupposto che quanto creato con questi sistemi sia non naturale, in opposizione a quello che viene considerata la creazione artistica umana, che, tuttavia, prevede l’utilizzo di strumenti e materiali che sono artefatti. Solo la natura crea “naturalmente”, i prodotti della manodopera umana sono di per sé artificiali. L’arte contemporanea è avvezza a riflessioni su queste tematiche. La fotografia, prima opera prodotta da una macchina, è stata accettata come opera d’arte solo dopo diversi decenni dalla sua invenzione, ma il dibattito sul rapporto fra creatività umana e creatività della macchina (fotografica) è stato portato avanti per molto tempo, si pensi al celebre saggio di Franco Vaccari “Fotografia e inconscio tecnologico” scritto nel 1979, ma ancora attuale e premonitore.
Oggi, la maggiore conoscenza, frequentazione e consapevolezza di cosa sia e come funzioni il digitale sta cambiando la relazione dell’essere umano con le macchine: la complessità e la variabilità delle forme di intelligenza che ci circondano permettono di aprire nuove porte alla comprensione di un ecosistema fatto di connessioni profonde tra umano e non umano, dove, come teorizza James Bridle (“Nuova era oscura”, 2018 e “Modi di essere. Animali, piante e computer: al di là dell’intelligenza umana”, 2022) sia possibile costruire un futuro più etico e sostenibile, ma che, al contempo, ci ha reso più consapevoli dei potenziali pericolosi connessi alla sorveglianza, acquisizione di dati, controllo a cui gli esseri umani sono sottoposti come controparte per poter nutrire di dati le macchine (e chi le governa).
Le opere in mostra parlano di questo rapporto complesso, invitando lo spettatore ad essere fruitore non passivo ma curioso, attento, indagatore di fronte a ciò che gli viene mostrato.
Andrea Camiolo (1998) presenta un allestimento site specific di “the Manhattan Project” un progetto fotografico che apparentemente sembra un racconto d’archivio degli esperimenti nucleari condotti negli anni Quaranta negli Stati Uniti, ma è un falso realizzato a partire da immagini d’archivio selezionate e pubblicate negli anni Settanta che Camiolo ha fatto rileggere ad un programma di AI, che, a partire da quelle, ne ha generate di nuove, poi manipolate dall’artista. A cosa ci troviamo di fronte? A chi appartengono queste immagini? In un corto circuito di appartenenza, queste fotografie pongono molte domande senza fornire risposte. Ciò che ci resta è la visione di un'esplosione e le immagini ad essa correlate. Immagini non reali che parlano della realtà, falsi artefatti d'archivio.
Gaia Carlini (1999), studentessa dell’Accademia di Carrara, presenta il video “The Omnipresent eye: Reflection on Video Surveillance”. L’autrice ha utilizzato differenti programmi di AI per generare l’opera: il testo, la sua traduzione, la generazione del video e della voce narrante. L’opera è una riflessione sul tema della videosorveglianza fatta attraverso sistemi complessi che riconoscono e registrano i nostri volti, i nostri movimenti, promossa come strumento di protezione e sicurezza, ma dai molteplici aspetti oscuri.
Claudia Fuggetti (1993) presenta la serie di fotografie “Melted Flowers”. Attraverso la lente dell’intelligenza artificiale, il progetto esplora la giustapposizione di fiori delicati immersi in forme di vita plastiche e strane. Queste immagini generate dall'intelligenza artificiale fungono da discorso visivo, riecheggiando l'idea di Baudrillard secondo cui la distinzione tra natura e artificio è diventata sempre più ambigua nella nostra società iperreale. Il progetto ci sfida ad affrontare le ripercussioni della nostra era sintetica e a rivalutare la nostra percezione del mondo naturale in un momento in cui la distinzione tra organico e inorganico è sempre più sfumata.
Clara Janz (1998), studentessa dell’Accademia di Carrara, ha chiesto ad AI allenate per creare modelli 3D di creare il proprio autoritratto. Un video mostra i risultati più interessanti, forme antropomorfe e astratte di cui è stato stampato tridimensionalmente un esemplare. Quest’opera, forse più di tutte, porta in evidenza come si tenda ad antropomorfizzare la macchina, pur conoscendone i meccanismi anche tecnici di funzionamento ed essendo consapevoli che sono “solo” calcolatori in grado di memorizzare e ricombinare serie enormi di dati, vorremmo dargli un volto. E benché sappiamo che la macchina risponde per come è stata allenata a fare dall’essere umano, non perché abbia coscienza di sé, restiamo comunque affascinati dalle risposte.
Cristina Anna Narraccio (2004), studentessa dell’Accademia di Carrara, è autrice di “ Digital Dialogue”, un Podcast con visual gestito da due AI chiamate Ada (in onore di Ada Lovelace, matematica, pioniera della programmazione informatica) e Turing (in onore di Alan Turing, matematico, padre dell’informatica e dell’intelligenza artificiale) che discutono sui loro creatori, gli esseri umani, sui loro comportamenti evidenziando la loro vasta gamma di emozioni, la creatività e la capacità di superare le sfide. Anche in quest’opera gioca sull’umanizzazione della macchina, così come le fotografie di Elena Pinelli (1996), studentessa dell’Accademia di Carrara, che fa creare all’AI “La prima grande insorgenza delle macchine” una serie di immagini di un futuristico sciopero dei robot. Totalmente antropomorfizzati, generati da un AI allenata da milioni di immagini di fantascienza creata per film e videogame, i robot hanno cartelli con slogan senza significato, visivamente credibili, ma senza alcun contenuto. Ove il contenuto è presente, è frutto dell’intervento dell’autrice. A ulteriore dimostrazione che ciò che è creato dalla macchina può essere verosimile, ma è necessario lo sguardo attento dell’osservatore per percepirne le distorsioni, i glitch, o, viceversa, la presunta autenticità.
Eleonora Roaro (1989), presenta il doppio video musicale "Pallas's Cat There is a Picture in My Head” che nasce da una domanda provocatoria: è possibile creare una canzone orecchiabile e potenzialmente virale senza quasi alcuna abilità nella composizione musicale, utilizzando l’intelligenza artificiale e il software? L’opera risultante è una canzone pop e un video con una base musicale e testi generati dall'intelligenza artificiale, con la voce dell'artista. La canzone esplora l'interazione tra esseri umani, animali e macchine e offusca il confine tra creazione automatica e intervento umano, sfruttando al contempo un breve video divenuto virale su TikTok e Instagram: un gatto di Pallade che fa piccoli movimenti per scaldarsi. Il video si ripete ossessivamente con un effetto calmante, mentre i testi – scritti nel carattere comunemente usato per i meme – appaiono sullo schermo come un karaoke e alludono ironicamente al desiderio di appropriarsi di contenuti online, anche se potrebbero essere pericolosi.
Promossa e realizzata da Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara
In collaborazione con Accademia di Belle Arti di Carrara