Condensa
Sembra che ci sia un velo effimero a separare la nitidezza del reale dalla nostra percezione conscia ma nel lavoro di Tealdi, Zambotti e Pinelli, nonostante la peculiarità dei rispettivi casi specifici, si tratta sempre di un velo integrato, atmosfera lattiginosa incisa sulla retina, aria polverosa di un esistenzialismo fuori moda ma onesto e per questo puntuale, un tessuto di garza logoro di esperienze.
Comunicato stampa
La Fusion Art Gallery presenta CONDENSA, mostra collettiva con Enrico Tealdi, Davies Zambotti, Ettore Pinelli. La mostra rientra nel circuito di NEsxT Independent Art Network e fa parte di COLLA la nuova piattaforma delle gallerie torinesi.
CONDENSA/CONDENSE
di Barbara Fragogna
Venuta meno l'influenza anestetizzante dell'abitudine, mi mettevo a pensare,
a sentire cose infinitamente tristi. – Marcel Proust
L’acqua di condensazione si frammenta in particole a volte estese e a volte minuscole e diventa schermo/filtro/lente per osservare, traducendolo in senso, il circostante. La condensa agglutina/sintetizza/addensa l’umore dell’occhio come un vapore, una nebbia che sale dal sedimento substrato transitando l’immagine-ricordo dal passato al presente. Sembra che ci sia un velo effimero a separare la nitidezza del reale dalla nostra percezione conscia ma nel lavoro di Tealdi, Zambotti e Pinelli, nonostante la peculiarità dei rispettivi casi specifici, si tratta sempre di un velo integrato, atmosfera lattiginosa incisa sulla retina, aria polverosa di un esistenzialismo fuori moda ma onesto e per questo puntuale, un tessuto di garza logoro di esperienze.
In Enrico Tealdi la condensa s’intride di memoria umida, uno sguardo apparentemente lontano che cerca indistinte figure di bagnanti che sono pagliuzze d’oro setacciate in Batee di carta e pigmento e velatura e tempo… e tempo. Sembra di sentirla, la sabbia raspare sulla superficie diradando per scoprirne i preziosi ricordi, le persone perdute. E sembra di vederle apparire (ma non ci sono, sono chimere) dai campi da calcio solitari nei Nimbi, la poesia. C’è un silenzio profondo fatto di onde, vento, erba, mormorii, bisbigli e sussurri, c’è l’attesa e la stasi, c’è sospensione di movimento, c’è il pensiero, c’è la presenza fisica e pesante di tutto questo. I lavori sono distese sterminate addensate su piccolo formato, un nucleo precipitato che contiene il potenziale dell’esplosione del sentimento, ancora, la poesia esistenziale e malinconica, il delirio.
In Davies Zambotti la condensa è il fiato dalla bocca, sul vetro. Di oblò/sportelli/boccaporti, finestre sull’oltre. Il filtro è fotografico doppio o multiplo: occhio/lente/vetro/nebbia. Nelle sue Lande rincorre il fuoco fisso del movimento. La sfocatura e la dissolvenza, il paesaggio dirada e ritorna, dirada e ritorna, dirada e ritorna… un mantra, da dentro a fuori e viceversa. Il pensiero circolare, il loop compulsivo fugge ed evapora poi torna. La memoria è famigliare, i ritorni vengono sempre, sempre, sempre dal passato. Remoto. Condensa-densa come piombo. La pellicola è il suo viluppo e lo schermo non la protegge perché lo schermo è vacuo e osmotico. I paesaggi sfuggono, con uno sforzo istintivo cerchiamo di vederli nitidi ma non possiamo. Dopo un attimo ci abbandoniamo in essi lasciando che diventino lo spazio/interstizio, portale che, senza rendercene conto, apre un varco nel pensiero. Perdendosi nel privato.
In Ettore Pinelli la condensa è obnubilante. Un latte vischioso che sfuma nei toni pastello arancio-azzurro-grigio e che avvolge e confonde figure umane in azione. Nel ciclo di lavori su tela e su carta A Way To Stand Out infatti i soggetti tentano di “emergere”, in quanto sommersi e i livelli di lettura sono isobate. L’impianto della composizione è fuorviante e la metafora della marea che nel suo moto occulta e protegge descrive l’ambivalenza del messaggio latente. I toni soffusi, morbidi e sinuosi delle monocromie attirano lo sguardo inducendo i sensi ad abbandonarsi a uno stato di pace “estetica/estatica” mentre poi, a voler ben cercare/capire/scandagliare (ed è fondamentale che ci sia la volontà di fare o non fare questo sforzo) ci si ritrova a fare i conti col soggetto, sempre violento e aggressivo, specchio perturbante di un aspetto della società contemporanea con la quale l’artista ci vuole confrontare. La natura umana sub-conscia.
Enrico Tealdi, Davies Zambotti ed Ettore Pinelli ci istigano, attraverso la distorsione delle loro visioni condensate e intime, ad interpretare la realtà scavalcando “l’influenza anestetizzante dell’abitudine” proustiana per ritrovare “nel pensiero delle cose infinitamente tristi” un caleidoscopio complementare di interpretazioni/risoluzioni/intuizioni del e sul quotidiano. Una nota a margine da non sorvolare.
La mostra sarà inaugurata sabato 21 gennaio.
In collaborazione con Edizioni Inaudite.
Enrico Tealdi vive e lavora tra Cuneo e Torino.
Il suo lavoro è stato descritto come una poesia che si esprime con la pittura su carta ed installazioni che raccontano storie di affetti, legami, abbandoni e solitudini. Le sue opere parlano della nostalgia che si appropria degli oggetti, dei luoghi; della non curanza che ha l'uomo verso se stesso e il suo destino, in un' atmosfera di sospensione e mistero. Ha esposto in Italia e all'estero in mostre personali e collettive.
Davies Zambotti, vive e lavora tra Milano e Torino.
Attraverso i suoi lavori personali, ricerca e analizza l impossibilità della certezza umana, utilizzando il video e la fotografia come un microscopio, una lente con cui poter osservare le ombre fra gli interstizi del quotidiano.
Ettore Pinelli, vive e lavora a Modica.
“La mia ricerca inizia stando seduto davanti a uno schermo, facendomi permeare dalla potenza di certe immagini e scenari saturi di violenza. Scontri, sommosse e predominio, sono termini che ricorrono spesso all’interno di alcuni meccanismi nella mia pratica, a volte come decise iconografie e altre come fattori di analisi politica e sociale, quello che mi interessa maggiormente sottolineare, è la deriva di queste immagini, una sorta di distillazione perpetua, incontrollata e senza soluzione, che mostra un volto inquietante e veritiero del nostro presente. La pratica della pittura e del disegno sono i metodi di restituzione del pensiero che ho scelto, sono quelli più vicini alla mia sensibilità e che in qualche modo mi hanno sempre affascinato con tutte le loro dinamiche interne, dinamiche che cerco di fare affiorare in superficie in un movimento transitorio dalla figurazione verso l’astrazione, negando e distruggendo, avvicinandomi e allontanandomi, in una sorta di zoom in cui la volontà della pittura e del disegno sovrastano la mia.”