Cooperazione Internazionale per il patrimonio archeologico
Al presente e al futuro immediato delle missioni archeologiche dove l’Italia e l’Europa hanno parte, si indirizza il prossimo Convegno.
Comunicato stampa
Al presente e al futuro immediato delle missioni archeologiche dove l’Italia e l’Europa hanno parte, si indirizza il prossimo Convegno del 12 ottobre a Roma, presso la Sala dell’Ecole Française a Piazza Navona, dal titolo “COOPERAZIONE INTERNAZIONALE PER IL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO, SCOPERTE E CONSERVAZIONE”. Ideato da Rita Correnti, Presidente dell’Associazione Piazza Duomo, il Convegno sarà uno dei molteplici eventi che animeranno la 2° edizione di Diplomacy, Festival Internazionale della Diplomazia www.festivaldelladiplomazia.it.
Molteplici i temi da affrontare. Ad esempio, a che servono (oggi) le missioni archeologiche? e cosa accadrà loro? Qual è il ruolo delle istituzioni e degli sponsor privati? E con quali interessi collaterali? “Non v’è dubbio che, a seguito degli avvenimenti politici e sociali che stanno scuotendo il Nord Africa, la cooperazione internazionale in ambito archeologico stia vivendo un momento difficile e insieme eccezionale. Mantenere e anzi incrementare gli scambi culturali in tali frangenti costituisce un contributo indiscutibilmente possente, che l’Italia e l’Europa possono e debbono dare, anche per l’evoluzione della democrazia nei paesi frontalieri interessati da tali vicende”. Sono parole di Sergio Ribichini (ISCIMA Cnr), un uomo che - al pari di Luisa Musso, Ordinario di Archeologia all’Università Roma Tre per la Libia, Marilina Betrò, Ordinario di Egittologia a Pisa per l’Egitto e il francese del CNRS Frank
Braemer di stanza in Siria - “vive sul campo”, ad Althiburos in Tunisia, il senso di una delle 157 missioni archeologiche in elenco presso il Ministero degli Affari Esteri, come potrà confermare la presenza di Maurizio Melani, Direttore generale per la promozione del Sistema Paese presso il Ministero. Un senso oggi in precario equilibrio per i difficili finanziamenti e per le mutate condizioni ma che riesce ugualmente a darsi un futuro, rinnovandosi tra ricerca scientifica e gestione del patrimonio.
D'altra parte, le missioni archeologiche non sono forse da interpretare come “avamposto” delle relazioni diplomatiche internazionali? "casello" culturale di un'autostrada di scambi e opportunità fra Stati in nome della cooperazione per lo sviluppo?
Tecnologie, competenze, formazione. Con alcune punte italiane di assoluta qualità come la formazione specializzata in archeologia subacquea di Claudio Moccheggiani Carpano, Docente di archeologia subacquea presso UNISOB di Napoli o le scuole di restauro prime al mondo – di cui parlerà Louis Godart, Consigliere per la Conservazione del Patrimonio Artistico del Presidente della Repubblica Italiana -, la ricerca archeologica è indubbiamente oggi la più attiva e la più internazionalizzata con i suoi 14 mila attori locali, 800 operazioni annuali condotte da circa 2.000 operatori al di fuori dei loro Paesi d’origine. Ma le condizioni nei territori dove un tempo sorgevano le Province Romane, sono drammatiche. “In questo panorama, di cui la catena umana di febbraio a protezione del Museo Egizio a piazza Tahrir è un simbolo straordinario” – ricorda Marilina Betrò – “è importante riflettere sul duplice ruolo del passato, tramite di identità nazionale ma, al tempo stesso, del sentimento collettivo del nostro essere uomini, senza confini e barriere nazionali o etniche. In Egitto, Paese che ospita alcuni tra i più importanti siti patrimonio dell’umanità inseriti nella lista UNESCO e punta di diamante del turismo archeologico internazionale, sono attive oggi 23 missioni italiane, sia archeologiche che di restauro, 11 delle quali caratterizzate da progetti di cooperazione o in collaborazione con istituzioni egiziane”.
Del resto, nel corso degli ultimi 20 anni – come sottolinea Braemer nel rapporto “L’Archéologie en Mediterranée” che presenterà proprio a Roma - la ricerca archeologica si è evoluta portando cambiamenti e crescita nella cooperazione internazionale per la cura del patrimonio. In primo luogo, la nascita dell’archeologia preventiva o indagine archeologica per l’insediamento di cantieri; in secondo luogo, l’estensione della nozione di patrimonio culturale mondiale - come sarà illustrato da Mons. Francesco Follo, Osservatore permanente della Santa Sede all’U.N.E.S.C.O. - che ha permesso una riorganizzazione delle azioni di valorizzazione sociale, economica e politica portando nuovi significati ma anche tensioni alla ricerca archeologica, in un serrato “faccia a faccia” con la gestione territoriale del patrimonio culturale.
In sintesi, cooperazione e conservazione sono oggi autentici pilastri dell’archeologia, cui si aggiunge la centralità dello sviluppo tecnologico, imprescindibile per assicurare una documentazione rigorosa e di altissima qualità. Con le conclusioni affidate a Mounir Bouchenaki, Direttore generale dell’ICCROM – International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property, i protagonisti del Convegno del 12 ottobre all’Ecole Française di Roma tenteranno dunque di rispondere alle molteplici questioni aperte sul futuro internazionale della politica e dell’economia culturale, nell’ambito della 2° edizione del Festival della Diplomazia.
Ricordiamo, infine, che il Convegno del 12 ottobre va ad associarsi ai vari momenti d’incontro, a livello nazionale ed internazionale, ispirati e non dai recenti avvenimenti: dall’incontro “Per la salvaguardia dei beni culturali in Libia. Il confronto tra le Istituzioni”, tenutosi il 1 e il 2 luglio presso la Facoltà di Studi Politici e per l’Alta Formazione Europea e Mediterranea “Jean Monnet”, all’incontro di esperti internazionali che si terrà presso l’UNESCO, a Parigi, agli Stati dell’Archeologia il 21 ottobre p.v., al V Incontro delle Testate Archeologiche: tutela e patrimonio e del turismo culturale in tempo di crisi, proposto in occasione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum (17-20 novembre).