Coquelicot Mafille – Open Studio

Informazioni Evento

Luogo
STUDIO COQUELICOT MAFILLE
via Vetere 12 20123, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

venerdi 26, sabato 27, domenica 28 febbraio 2021
via Vetere 12, Milano 20123, dalle 11 alle 18
3393742017 per appuntamento e informazioni

Vernissage
26/02/2021

ore 11

Artisti
Coquelicot Mafille
Generi
serata - evento

Studio temporaneo: restitution publique

Comunicato stampa

Il lavoro e le opere di Coquelicot Mafille si possono ben presentare attraverso un concetto e una pratica deleuziana: il nomadismo e la vita nomade. Deleuze, filosofo vissuto nel secolo scorso, e parigino come l’artista, contrapponeva la vita nomade alla codificazione come attività da sempre usata dai poteri politici sovranisti, statali e nazionalisti per incasellare le vite individuali, e ben identificate.

I nomadi, per Deleuze, son quelli che vengono da fuori, che si muovono alla periferia del potere, sottraendosi all’identificazione. Le opere di Coquelicot Mafille sono nomadi esattamente in questo senso: cuce insieme culture attraverso i colori, descrive con i tessuti gli spessori dei loro inni, intreccia corpi con i fili di cotone, costruisce nuovi linguaggi giocando su diverse grammatiche e sintassi, sovrappone tratti, che diventano segni, accennando pensieri poetici.

Sono sinestesie le sue opere. Sono esplosioni temporali dei luoghi del mondo.

Il verso di Coquelicot Mafille non è solo poetico, è anche una direzione. Viaggiare, ancora: quella la sola àncora. Il nomade viaggia anche stando fermo, non deve necessariamente muoversi, il nomade può restare sul posto andando a velocità assolute. Sia che lavori sulla carta, con il legno, sia che faccia un ricamo, che stia lavorando su un muro, se non addirittura su un vetro o che stia dipingendo su un tessuto, ogni volta che si relaziona con qualcosa lo scenario cambia, l’incontro con quell’altro corpo muta, la muta e, poco a poco, viene fuori un ulteriore mondo. È il desiderio di dialogo tra le parti che muove Coquelicot Mafille - a tratti, attratti. Se le si chiedesse di dove sia, risponderebbe come Diogene il Cinico, ossia: cosmopolita - pure lei nega l’importanza delle divisioni attuate da certi poteri, ricerca, piuttosto, gli accostamenti, le aderenze, i contatti di certe potenze umane, non troppo umane. Le sue combinazioni di rapporti, di colori, di ritmi, di parole esprimono un’estetica politica intesa come studio dei comportamenti intersoggettivi attraverso i tratti o i ricami e come teoria delle relazioni tra coesistenze, a seconda dell’uso dei colori.

Quantum potes, tantum aude (quanto puoi, tanto ardisci). E lei lo fa, quanto può, con tutta sé stessa.

Ho conosciuto poche persone così attaccate alla vita, in maniera così gioiosa, fiera e con questa severa necessità di un costante e crescente atto di creazione. Deleuze si domanda che cosa sia, non a caso, l’atto di creazione e, rispetto all’opera d’arte, risponde che è un atto di resistenza alla morte. Questo è, e aggiunge che non c’è opera d’arte che non faccia appello a un popolo che non c’è ancora. Se c’è una cosa che credo faccia Coquelicot Mafille è darci l’opportunità a noi, attraverso di lei e le sue opere, di iniziare a sbirciare su quei popoli che non ci sono ancora, o forse su un’umanità che, è bene auspicarsi, possa mostrarsi a noi presto - ma che lei già conosce. Il suo è un nomadismo poetico - e si sa: i poeti, in fondo, sono i più arrischianti.

Giorgia Visentin