Cristiano Carotti – Se l’occhio non fosse solare come potremmo vedere la luce?
Mostra personale.
Comunicato stampa
Il 27 maggio verrà inaugurata "Se l'occhio non fosse solare, come potremmo vedere la luce?", terza personale in galleria di Cristiano Carotti che segna il suo ritorno alla pittura dopo anni dedicati alla ceramica.
Il titolo del progetto è mutuato da "La teoria dei colori" di Goethe, che si contrappone alle teorie positiviste che osservano la natura solo da un punto di vista scientifico.
La capacità di percepire negli elementi naturali il divino (concetto che ha tante definizioni e sfumature quanti sono gli esseri umani) è una nostra prerogativa, ed il cardine di una spiritualità che lungo la strada abbiamo perso.
Cristiano Carotti sceglie per le sue tele una simbologia scarna e selvatica, immersa in paesaggi dalle cromie potenti e acide. I suoi lavori ci riportano alla terra con la stoica resistenza dei cardi, con branchi di animali allo stato brado e la poetica oscurità del cielo notturno.
Le musiche originali di Rodrigo D'Erasmo e Mario Conte sono composte con gli stessi colori e incrinature delle tele di Cristiano, divenendo una sorta di voce narrante che accompagna lo spettatore fino alla fine del percorso.
Le vipere in ceramica sono l'ultimo atto di un percorso che va dall'alba al tramonto.
Simboli mitologici di vita e morte, chiudono il cerchio regalandoci il timore e la speranza della rinascita.
Holt, in Colorado, non esiste.
Molta letteratura americana è ambientata in luoghi immaginari, ma veri.
Vale appunto per il Colorado di Kent Haruf o il Midwest di Franzen e John Williams.
La vita nelle Holt letterarie è un piano sequenza che parte dalle cisterne agli steccati da
ridipingere, passa dalla vita alla morte, dalla morte a Dio, da Dio alla natura: tragica, eroica,
polverosa, specchio e moltiplicatore dell’umanità che gli gira intorno.
Holt è fatta di rituali semplici come la maturazione del grano, il terriccio sotto le scarpe e le
folate di vento che aiutano i passi.
L’ambiente è un personaggio, la Grande Madre di ogni storia. In fondo, poche cose insegnano
meglio come stare a questo mondo più della perseveranza del giorno e della notte.
Nonostante gli sforzi di Kent, Jonathan e John, noi comuni mortali non sappiamo più
descriverla senza usare questo nome onnicomprensivo in modo astratto: natura, come se una
sterpaglia fosse uguale alla marea.
Eppure dovremmo saperlo, è il teatro dove teniamo da circa 250.000 anni le prove di uno
spettacolo senza conoscerne l’ultimo atto.
Ci siamo distratti.
Non è colpa del capitalismo o di Netflix. Il misticismo lo abbiamo appoggiato sul tavolo
accanto alla frutta, poi qualcuno ha messo in ordine al posto nostro e non ci abbiamo più
pensato.
Con Cristiano Carotti ci siamo confrontati a lungo per la costruzione di questa mostra, avendo
per formazione personale due punti di partenza diversi sull’argomento: il suo filosofico, il mio
più scientifico. Marina e Ulay si sono andati incontro sulla Muraglia Cinese, potevamo farcela
anche noi.
La domanda centrale del progetto che lo ha riportato alla pittura dopo anni di monogamia
verso la ceramica è stato chiedersi quando, di preciso, abbiamo lasciato su quel tavolo la
consapevolezza e il privilegio di essere l’unica entità in grado di percepire il divino. L’occhio è
stato progettato per accogliere la luce e tradurla in immagine, quando abbiamo smesso di
considerarlo un miracolo?
Da qui il titolo che rimanda alla teoria dei colori di Goethe, in contrapposizione al positivismo
che pone la natura come mero oggetto di studio: protoni ed elettroni che si muovono su un
geoide microscopico in una galassia infinitesimale di un universo impossibile da immaginare
per la mente umana.
Eravamo all’inizio della nostra personale Muraglia.
La struggente oscurità dei lavori di Cristiano, però, è stata l’occhio che serviva al mio
razionalismo per percepire la luce di cui parlava.
I cardi sono il soggetto principale delle tele, unica pianta resistente ai cataclismi umani e
naturali e per questo ha permeato l’intera mitologia. Dai colori acidi, vividi e vivi, sono immersi in paesaggi boreali e vagamente post atomici. In mezzo a loro appaiono talvolta cinghiali e capre, bestie selvatiche rudi e ispide, ma profondamente connesse alla terra e agli astri.
Tra i cardi e gli animali erranti c’è la vita e la morte, gli steccati da ridipingere e la
perseveranza del giorno e della notte.
Nei suoi serpenti in ceramica, invece, c’è il timore e la bellezza della rinascita.
Nella nostra personale Holt, quindi, si rivela il legame profondo con quei misteri che
chiamiamo a volte Dio a volte destino, che si manifestano all’occorrenza come sterpaglie o
marea, ma che solo noi siamo in grado di vedere.
Cristiano riordina il tavolo al nostro posto, ma per farci trovare le cose che abbiamo smarrito.
- Eleonora Aloise