Cristina Lombardo – Tua per sempre
Il titolo “Tua per sempre” rimanda sia alle scritture a mano apposte su fotografie donate in occasione di fidanzamenti o di matrimoni, in fervida pulsione amorosa, sia a conclusione di missive appassionate dove l’impegnativa affermazione si espande, con il segno grafico, nell’eternità.
Comunicato stampa
Lo spazio museale Ugo Carà viene trasformato da una installazione ambientale in un luogo sacro, un tempio evocato da colonne e simulacri archeologici. Lo spunto sembra riallacciarsi alle splendide rovine della villa romana a Brioni, un mondo mitico sospeso tra cielo e mare, atto a riprodurre il clima sacrale di cui questa mostra ha bisogno per celebrare una consuetudine, intensamente umana, in via di estinzione: la scrittura epistolare cartacea. Il titolo “Tua per sempre” rimanda sia alle scritture a mano apposte su fotografie donate in occasione di fidanzamenti o di matrimoni, in fervida pulsione amorosa, sia a conclusione di missive appassionate dove l’impegnativa affermazione si espande, con il segno grafico, nell’eternità. La scrittura si abbarbica sui muri e sulle colonne dell’ipotetico tempio decaduto circoscrivendo quello che possiamo ritenere il clou concettuale e visivo della mostra, una sequenza di fotografie in bianco/nero che contengono due momenti distinti: brani di scritture sbiadite cui corrisponde un’immagine di riferimento a un segno, un particolare rimasto evidente, risparmiato nel brano scritturale dilavato. Sono fotografie intrise di ricordi, di vissuti, di trame esistenziali che la tecnologia oggi tende a soffocare, mentre un nugolo di farfalle bianche, postate su un vetro del Museo, ulteriore apporto estetico ad un arioso impianto ambientale, connota di leggera poesia l’assunto tematico, ponendo l’accento sulla trasformazione.
Con il mutare dei tempi la comunicazione tecnologica, nel suo intrinseco meccanismo, ha soppiantato l’humus sentimentale e relazionale che dava un senso profondo agli snodi esistenziali: la mostra è intesa come una celebrazione della scrittura umana su carta, senza però voler essere un rimpianto da parte dell’artista o un inutile porsi contro corrente.
Un canto, di classica ispirazione, dispiegato da una performer il giorno dell’inaugurazione, completa il quadro sacrale ribadendo il concetto di omaggio a questa pratica caduta in disuso.