Critica in Arte 2014

Informazioni Evento

Luogo
MAR - MUSEO D'ARTE DELLA CITTA'
Via Di Roma 13, Ravenna, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

martedì, giovedì e venerdì: 9.00-13.30 / 15.00-18.00, mercoledì: 9.00-13.30, sabato 9.00-18.00, domenica 15.00-18.00- lunedì: chiuso

Vernissage
29/11/2014

ore 18

Biglietti

ingresso libero

Patrocini

Ideazione del progetto: Claudio Spadoni
Coordinatore del progetto: Davide Caroli
Ente organizzatore: Comune di Ravenna, Assessorato alla Cultura, MAR - Museo d’Arte della città di Ravenna
Sponsor ufficiale: Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna

Mostra: Gianni Moretti a cura di Laura Fanti
Nero/Alessandro Neretti a cura di Luca Bochicchio
Francesco Diluca a cura di Davide Caroli
Patrocini: Regione Emilia-Romagna, Provincia di Ravenna

Artisti
Gianni Moretti, Nero, Francesco Di Luca
Curatori
Luca Bochicchio, Davide Caroli, Laura Fanti
Generi
arte contemporanea, collettiva

Il Museo d’Arte della città di Ravenna, dal mese di novembre fino a gennaio 2015, propone per il settimo anno il progetto espositivo Critica in Arte realizzato in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Ravenna e con il generoso sostegno della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

Comunicato stampa

Critica in Arte vuole avere una valenza "militante" promuovendo un appuntamento autunnale, durante il quale tre giovani critici presentano il lavoro di tre giovani artisti in una mostra allestita negli spazi del MAR.

Critica in Arte intende far luce sulle promesse della critica attualmente attiva in Italia e dedita specificatamente alle espressioni artistiche delle ultime generazioni.

Per questa edizione sono stati invitati a partecipare al progetto Luca Bochicchio, curatore, ricercatore e coordinatore del progetto MuDA Museo Diffuso Albisola e della Casa Museo Jorn; Davide Caroli, curatore del MAR di Ravenna; Laura Fanti, storica dell'arte, critica e ricercatrice.

Le sezioni della mostra saranno accompagnate da tre monografie presentate dai rispettivi artisti e critici, i tre cataloghi saranno poi riuniti in un unico cofanetto.

Il percorso espositivo si apre con l’intervento di Nero/Alessandro Neretti (Faenza 1980), a cura di Luca Bochicchio. Faentino di nascita e formazione, Nero (1980) incarna - letteralmente - una ricerca poetica randagia e mobile. Artista plastico di affermato spessore (Vincitore del 58° Concorso Internazionale della Ceramica d'Arte Contemporanea di Faenza, 2013 e Bronze Award al Concorso Internazionale di Mino, Museum of Modern Ceramic Art di Gifu, Giappone, 2008), Nero investe lo spazio e la società con la sua presenza programmaticamente e coscientemente ingombrante, provocatoria e critica. La ricerca e la forzatura dei limiti imposti dalle convenzioni sociali stabilite sono infatti parte integrante di una prassi metodologica complessa; dall’analisi del contesto ambientale, sociale e architettonico, Nero giunge alla concezione-creazione di opere e ambienti sitespecific, coinvolgendo la propria psicologia come materia per trasfigurazioni plastiche spesso autobiografiche.

Questo irrinunciabile anelito al coinvolgimento della totalità degli elementi a disposizione in un singolo progetto artistico, si manifesta al Museo d’Arte di Ravenna mediante due installazioni dalla marcata connotazione scultorea e ambientale. La “materia psicologica” costituisce infatti per Nero la nervatura di una elaborazione concettuale che si deve, necessariamente, tradurre in forma tangibile: scultura, installazione, disegno, fotografia, scrittura. Il “concettuale” non è, in questo caso, citazione di comodo bensì germe dell’intima ricerca che Nero svolge sul campo e nel sistema stesso dell’arte. I titoli delle opere, di lontana reminiscenza dada, non fanno che confermare la volontà di spiazzare il pubblico (tutti noi). Questa crisi dei significati simbolici e questo spiazzamento sono tangibili nel progetto concepito per il MAR, suddiviso nelle prime due sale e intitolato Who is a good boy?.

Il percorso espositivo prosegue con due sale dedicate al lavoro di Francesco Diluca (Milano, 1979) a cura di Davide Caroli.

Il dramma della condizione dell’uomo, della sua affermazione e della sua consistenza, in questi tempi messi a dura prova, sono i cardini della poetica forte e coinvolgente dell’artista milanese che fin dall’inizio della sua attività, con i lavori intitolati Il senso dell’assenza, sta approfondendo questa ricerca personale che nasce da un’attenta analisi della nostra contemporaneità.

Il suo percorso l’ha portato in questi ultimi anni ad intravvedere però, dopo tanta disillusione una speranza, pur debole ed abbozzata, una possibilità di rinascita dell’umano e per questo le sue ultime opere, come quelle esposte in mostra, raccontano questo nuovo inizio possibile.

Con la serie Skin, grandi sculture di ferro e polvere apparentemente solide, monolitiche e inscalfibili ma in realtà fragili e tutt’altro che eterne, presentate in un allestimento particolarmente coinvolgente studiato appositamente per le sale del MAR, l’artista ci mette davanti a noi stessi per farci vedere come pure in una condizione di umanità apparentemente annichilita, anche solo un battito d’ali di farfalla possa essere il segno di una ripartenza positiva per ciascun essere umano.

Le ultime due sale del Museo ospitano i lavori di Gianni Moretti (Perugia 1978) a cura di Laura Fanti. Lavori inediti e non, incentrati su una medesima ricerca che ruota attorno all’analisi del sé, della propria identità e del proprio essere nel mondo. Identità che si forma in relazione alle proprie emergenze emotive, in assenza e attraversando (e superando) le proprie aspettative, delusioni, cambiamenti di rotta.

Gianni Moretti lavora sulle dinamiche legate all’esercizio e ai tentativi umani di raggiungere la propria forma di ideale. Il percorso che ne deriva presuppone passaggi che, in un’opera dalla quale la dimensione temporale è avulsa, sono appena accennati, ma possono diventare momenti fondanti del lavoro. Così si raccolgono tracce, precipitati, residui, mai materia inerte né risposta assodata, metamorfosi di una prima idea che pone l’artista davanti al bivio dell’intervento o meno nel lavoro. Moretti lascia andare il tempo, ma nelle sue opere non si ha l’impressione della perdita o dell’assenza, quanto di una riconciliazione tra ciò che era, ciò che dovrebbe essere e ciò che si è manifestato. Nel suo fare l'artista utilizza materiali eterogenei, dalla carta (forse il suo medium di elezione) al PVC, dal plexiglass al vetro, e il linguaggio scelto non è mai semplice tramite ma elemento portante di significato.

Con il suo lavoro Gianni Moretti ci ricorda che ogni ricerca di ideale di felicità è un tentativo di approssimazione all’unità, alla non divisione, un andare oltre l’Als Ob.

Un’unione che lascia sedimenti ma che tra-lascia, che riempie ma può soffocare (come nell’installazione La seconda stanza), una ricerca di congiunzione che può diventare monumento di sparizione, come nel Primo esercizio di approssimazione al grande amore, dove le foglie d’oro, anziché fissare, delimitano una perdita.