Crosswise! – Claudio Martinez
Il progetto fotografico che Claudio Martinez presenta negli spazi di art_core_gallery, secondo momento di una ricerca iniziata più di cinque anni fa (BLACK AND LIGHT), nasce dalla volontà di raccontare un percorso che parla dell’intimo vissuto del fotografo.
Comunicato stampa
Gli spazi di art_core_gallery accolgono la seconda edizione della manifestazione CROSSWISE! ideata ed organizzata dalla Fondazione VOLUME! nata con la volontà di coniugare una molteplicità di linguaggi, creando un luogo di incontro e comunicazione fra differenti ambiti artistici.
Questa edizione vede protagonista la fotografia, in un ciclo di appuntamenti che indaga le differenti declinazioni della ricerca contemporanea, dalla fotografia di reportage e documentaria, fino ai più sperimentali progetti di artisti emergenti.
Ad ampliare gli intenti del ciclo di mostre, un autore sarà invitato a riflettere sul lavoro del fotografo in mostra, attraverso una composizione letteraria che accompagnerà le immagini, raccontandole, allargandone lo spazio visivo e creando uno stimolo verso differenti punti di vista.
Claudio Martinez
NEGLECTED SOUL
Il progetto fotografico che Claudio Martinez presenta negli spazi di art_core_gallery, secondo momento di una ricerca iniziata più di cinque anni fa (BLACK AND LIGHT), nasce dalla volontà di raccontare un percorso che parla dell'intimo vissuto del fotografo.
NEGLECTED SOUL è esperienza personale, in cui ognuno può riconoscersi, ritrovarsi, che conduce ad una riflessione più generale sui meccanismi dell'agire creativo.
“Io che racconto me”, per citare le parole dell’artista, in una serie di scatti, stavolta non solo autoritratti, dove il gioco tra maschile e femminile, tra luce e figura, rappresenta il coraggio della conoscenza, la possibilità di rispondere e di intervenire sulla realtà.
L'intero progetto nasce con l'intento di creare una sorta di spazio prossemico in cui la distanza tra l'osservatore e l'opera si annulla dando la possibilità a chi è davanti alle immagini, di interagire con esse, come se anche queste fossero in qualche modo soggetti agenti e reagenti.
Grazie agli effetti di luminescenza della superficie sulla quale le immagini sono stampate e ad una luce ultravioletta, l’osservatore è chiamato a sollecitare, compiendo un gesto pittorico, la percezione di un’esistenza altra, di una differente possibilità vitale e visiva, facendo vacillare la certezza di “ciò che è dato”.
Ciò che l’osservatore è invitato ad eseguire è metafora dell’atto creativo, inteso come reazione ai parametri che la realtà offre.
Fotografia è scrivere con la luce. In questo caso la luce che l’ immagine offre è rimessa in circolo dal fruitore che ne traccia e rintraccia nuove coordinate, invertendo il consueto atto di codifica del processo creativo.
La mostra sarà accompagnata da un testo di Claudio Morici.
INTERVISTA A CLAUDIO MARTINEZ
SILVIA MARSANO: COME E QUANDO HAI INIZIATO A FOTOGRAFARE?
CLAUDIO MARTINEZ: Ho iniziato a fotografare a quattordici anni stimolato da un amico e a seguito di un periodo di curiosità pseudo scientifica, essendo incappato in letture come “Viaggio al centro della terra” di Jules Verne e manuali di esperimenti di chimica e fisica per ragazzi. Nella fotografia ho trovato tutto ciò che in quell'età era attraente: avventura e scoperta del mondo e delle sue leggi naturali, scoperta e dubbio costantemente in comunicazione e sopratutto uno strumento a me congeniale per entrare in relazione con gli altri esseri, umani e non, uno stimolo costante dal quale mi sentivo benevolmente obbligato ad uscire dalla stanza, da casa, dal mio paese, dal mio continente, a volte dal mondo reale, per farne ritorno con le tasche piene di prove indiziarie di verità sotto forma di rullini da sviluppare in una camera oscura. Questa accoglieva, così, l'infinitamente grande in uno spazio infinitamente angusto, buio, “inverso”, magico, per restituire un'immagine di ciò che presumevo di aver visto e che invece, nelle bacinelle di sviluppo e fissaggio, si arricchiva di dettagli, di errori e di nuove interpretazioni possibili, tanto da renderla un oggetto nuovo, degno di una nuova esperienza.
SM: CHE MEZZI E QUALI TECNICHE UTILIZZI?
CM: Come dicevo, ho iniziato a fotografare con una reflex dal 1982 e ancor prima, nel '75 mia zia mi regalò una minuscola compatta con rullini “110” da quegli anni ad oggi si è passati da una totalità di controllo meccanico dell'apparecchio fotografico a fotocamere totalmente controllabili via software, dai primi insediamenti di automatismi elettronici come l'esposizione automatica e l'autofocus, a vere e proprie macchine da presa cinematografiche digitali contenute nello spazio di una reflex. In questo periodo di tempo e di evoluzione il mio essere fotografo è passato dal piccolo fotoamatore, al fotografo di scena di set cinematografici, al fotografo di pubblicità, al reporter free lance, al regista di piccoli documentari e videoclip fino ad arrivare al momento attuale in cui espongo i miei lavori personali. Tutte queste attività hanno prodotto una dicotomia contemporanea tra l'acquisire rapidamente padronanza con le nuove tecnologie e indagare le vecchie tecniche di fabbricazione di materiali fotosensibili più congeniali ad un alchimista che ad un “illuminato” fotografo. Scattavo foto per il New York Times spedendo i miei primi servizi per “telephoto” mettendomi in coda all'Associated Press, mentre due anni dopo era diventato naturale possedere uno scanner per negativi ed inviare qualsiasi immagine via e-mail ma, nello stesso istante, costruivo e scattavo fotografie con scatole di legno e fori stenopeici per impressionare lastre di vetro emulsionate a mano in camera oscura. Con l'accesso nel mondo dell'arte, qualunque tecnica, strumento, elemento, appartenente a qualunque attività diventa attraente, in questa esposizione in particolare ho adoperato: pigmento fosforescente, stampa industriale, cerone teatrale, legno, plexyglass, led a raggi ultravioletti, batterie ricaricabili, interruttori, barrette di alluminio, plastiche, colle, trapani, fili elettrici, saldatori... insomma niente di molto lontano dal sogno di un bambino mentre legge Jules Verne.
SM: QUAL È LA TUA IDEA DI FOTOGRAFIA?
CM: Sono una persona che ha sempre avuto difficoltà a mantenere la concentrazione su una singola cosa a lungo, per questo mi è congeniale la fotografia e per questo motivo non ho mai avuto un'idea netta su cosa sia, per me, la fotografia. Posso dire che, quando ho iniziato a fotografare, il mio ideale era quello di diventare reporter, viaggiare raccontando le storie che incontravo cercando di dare il mio contributo per un'evoluzione positiva. Andando avanti nel lavoro mi sono reso conto di non avere le caratteristiche culturali ed emotive del reporter, quindi sono passato dal ruolo di “riproduttore” a quello di “rappresentatore”. Anche la mia idea del ruolo della fotografia ha subito un'evoluzione, mentre prima riconoscevo al reportage l'unico motivo di esistenza della fotografia in quanto unica forma in grado di congelare in un attimo una scena “obiettiva e reale” e divulgarne il “fatto” contenuto alla massa spettatrice, ora utilizzo la fotografia per svelare l'ambiguità della “realtà”. Spesso le mie fotografie hanno contenuti surreali ma non sono ritoccate od elaborate, contengono solo un punto di vista non homo-centrico: sono scattate con pellicole a raggi infrarossi o semplicemente in lunga esposizione, che mostri qualcosa che ai nostri sensi non è dato percepire, ma non per questo è meno reale.
In conclusione la fotografia, paradossalmente la più “realistica”delle arti, ha lentamente dissolto le mie certezze sulla realtà ed ora è il mio modo privilegiato per sopravviverne al disagio.
SM: QUALE RUOLO DAI A CHI OSSERVA LE TUE OPERE ? PREFERISCI CHE DALLE IMMAGINI EMERGA LA TUA LETTURA, IL TUO PARTICOLARE PUNTO DI VISTA O INTENDI STIMOLARE UN’APERTURA VERSO UNO SPAZIO VISIVO ALTRO, ALL’INTERNO DEL QUALE L’OSSERVATORE SI POSSA MUOVERE LIBERAMENTE ?
CM: Il ruolo che vorrei avere è “dare fastidio” nel senso di creare un'interferenza tra una realtà presunta oggettiva e una realtà possibile e la fotografia (attenzione, la fotografia, non la grafica) è il mezzo che svela la molteplicità possibile di osservazione. In questa mostra “NEGLECTED SOUL” vorrei che questa anima trascurata,dimenticata passasse costantemente tra l'opera e lo spettatore in un azione ininterrotta, accogliente. Si tratta di una reciproca richiesta di aiuto e incitamento ad agire.
Claudio Martinez scopre la sua passione per la fotografia all'età di quattordici anni. Tra il 1988 e il 1993 lavora come fotografo di scena sui set illuminati dal direttore della fotografia Vittorio Storaro.
Successivamente collabora come free lance con diverse agenzie di pubblicità (Mc Cann Erickson, Saatchi & Saatchi, Ogilvy), diversi giornali quotidiani (The New York Times, Globe and Mail Toronto, Toronto National Post, Herald Tribune).
Da sempre attratto dalla musica ha realizzato numerose copertine di dischi (tra i quali Ko De Mondo del gruppo C.S.I.) e ha diretto e realizzato numerosi videoclip.
Dal 1999 affianca alla fotografia professionale l'esposizione dei propri lavori di ricerca.
Claudio Morici ha esordito con Matti Slegati, per Stampa Alternativa, ispirandosi alla sua breve esperienza da psicologo. Nel 2007 ha pubblicato Actarus. La vera storia di un pilota di robot (Meridiano Zero) in cui racconta il precariato in Italia, anche se dal titolo non sembra; nel 2009 La terra vista dalla Luna (Bompiani). L'ultimo romanzo, L’uomo d’argento (2012, E/O), l'ha scritto in almeno trenta città diverse e tutte le stanze in cui ha dormito sono state meticolosamente pubblicate su Facebook. Repubblica.it gli dedicò anche una gallery. In occasione dell'uscita del romanzo, ha girato in rete il famigerato "fake" in cui spara al libro.
Lo scorso Gennaio, con Claudio Martinez, ha lanciato i "Racconti da Camera": pillole di reading in video, pubblicate sul blog Minima&Moralia.