Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA VIK MILANO
210 Gallery, Via Silvio Pellico 8 , Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
10/11/2021

no

Curatori
Alessandro Romanini
Generi
arte contemporanea, collettiva

La mostra “CUORE DI TENEBRA Un viaggio nell’arte contemporanea africana”, a cura di Alessandro Romanini.

Comunicato stampa

La mostra “CUORE DI TENEBRA Un viaggio nell’arte contemporanea africana”, a cura di
Alessandro Romanini, attualmente in atto presso la 210 Gallery di Galleria Vik Milano, è stata
prorogata fino al 20 novembre.
L’arte contemporanea africana è una materia viva e in costante divenire, che rifiuta geneticamente
di essere racchiusa in categorie predefinite. Paesi e forme espressive che nell’arco di sei decenni
sono passate dalla rivendicazione identitaria della negritudine – come testimoniato dalla
pionieristica Scuola di Dakar – anche in ambito artistico, sulla scorta dell’esempio dei grandi padri
della “nuova Africa libera” come il martiniquais Aimè Cesaire, il guyanese Leon Gondrand Damas
e il poeta-presidente senegalese Leopold Sedar Senghor, agli stilemi e alle dinamiche proprie alla
cosiddetta diaspora fino ad arrivare a forme originali odierne in linea con il concetto di
“creolizzazione” di Edouard Glissant.
Le opere in mostra descrivono l’arco delle esperienze socio-politiche e iconografiche attraversato
nel corso dei decenni dall’arte africana e soprattutto testimoniano l’evoluzione linguistica, dalla
fase pionieristica passando per quella della diaspora per raggiungere la fase di “maturità”, di
carattere sincretico. Una sintesi della dialettica negritudine-assimilazione, costituita da una
moderna koinè espressiva, proprie agli artisti dell’antico continente, in grado di mantenere il
legame con quell’istintività titanica ancestrale e la dimensione rituale dell’atto creativo, con
l’attenzione alle nuove iconografie e alle dinamiche del dibattito artistico internazionale. Il gruppo
di artisti riuniti mettono in evidenza con le loro opere quanto sono debitori di quella “avventura
ambigua” citata nel titolo del romanzo omonimo di Cheikh Hamidou Kane, che ha innescato una
lotta per la ri-conquista di un’identità perduta a causa del colonialismo e a rischio di liquefazione
per la pervasiva invasione tecnologica. Un panorama creativo inscindibile da una dimensione
conflittuale e di lotta. Opere che sono in grado di tenere insieme il genius loci, la radice localistica
autoctona con la dimensione concettuale universale. Le opere in mostra testimoniano anche un
postmedialismo, con una costante mescolanza di media e di supporti, di generi e registri, che non
è assimilazione di uno status occidentale del dibattito artistico, ma una condizione genetica,
legata alla dimensione magica dell’agire artistico, inscindibile dal loro processo creativo.
Dalle filtrate dall’obiettivo declinato in impegno sociale del mozambichiano Mario Macilau,
passando per le opere pionieristiche di “padri e madri” dell’arte africana contemporanea come
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l’ivoriano Frédéric Bruly Bouabrè e le sue “postcards” pitto-grafiche legate al popolo Beté, il
congolese Chéri Samba con i suoi dipinti legati tematicamente alla sua terra, entrambi presenti
nella mostra epocale ospitata nel 1989 al Centre George Pompidou di Parigi, “Magicians de la
Terre” oltre che in prestigiose mostre punbliche e private internazionali.
Trovano spazio in mostra le maschere e i troni sublimazioni plastiche dei conflitti civili
mozambichiani di Gonçalo Mabunda, rilettura dell’armamentario rituale identitaria e del potere, a
fianco della dimensione più espressivamente eversiva e stilisticamente aggiornata di figure
cosmopolite come l’ivoriano Mederic Turay.
L’impegnò socio-politico dell’artista della Guinea-Bissau con studio parigino Nu Barreto si declina
agilmente fra collage con Found Objects e dotta pittura, mentre la sudafricana Esther Mahalangu,
nonostante la conquistata fama internazionale, lo status di artista rappresentante la storia dell’arte
del suo paese e la presenza in collezioni di grandissimo rilievo, ha sempre continuato a lavorare
nel suo villaggio natale.
Al primo piano, nei suggestivi spazi del Bart, il bar-ristorante che si affaccia sempre su Galleria
Vittorio Emanuele, trovano invece spazio le opere di numerosi artisti di diverse nazionalità che
sono stati influenzati nel loro lavoro dalle atmosfere dell’antico continente.
Ecco allora, tra gli altri, un tessuto disegnato da Massimo Giacon negli anni novanta per Memphis
con atmosfere africane, due quadri di Felipe Cardeña realizzati sempre con tessuti africani, una
“testa di moro” di Livio Scarpella realizzata in ceramica e tessere di mosaico, una grande cartina
dell’Africa di Michael Gambino realizzata con farfalle colorate, e ancora lavori “africanizzanti” di
Massimo Caccia, di Annika Geigel, di Giorgio Tentolini con i lavori dedicati ai volti di ragazze
nere. Chiude la rassegna un piccolo nucleo di disegni di Pino Pascali degli anni Sessanta realizzati
per una campagna pubblicitaria in cui si ispirava proprio alle atmosfere e alle visioni dell’Africa.