Dal resto del mondo…
Il progetto espositivo si configura come un’azione emotiva sulla valle e i suoi abitanti. Un programma artistico che rifiuta di essere calato dall’alto in maniera discontinua e frammentata, una mostra che non potrebbe stare da nessun’altra parte, che perderebbe il senso se posta in altri luoghi. Un disegno culturale – realizzato per la Valle Bormida con la complicità e la partecipazione dei suoi abitanti – che si inserisce su un territorio specifico, ne narra le ecologie e la caratteristiche, ma che non resta chiuso su sé stesso.
Comunicato stampa
Contesto. Monastero Bormida è un piccolo comune della Langa Astigiana. Da due anni l’associazione Masca in Langa propone eventi culturali di qualità, sviluppando rassegne e appuntamenti eterogenei (teatro, musica, arte). All’associazione si deve anche la costituzione della nuova Orchestra Giovanile Aleramica delle Alte Langhe. Il fiore all’occhiello è il festival estivo Masca in Langa (quest’anno alla sua seconda edizione): una ricca rassegna culturale alla quale l’intera Valle Bormida partecipa con entusiasmo. Lo scorso anno, all’interno del festival è stata realizzata una mostra di arte contemporanea che ha avuto un successo inaspettato. Per quest’anno si è quindi scelto di approfondire il progetto e realizzare una mostra site-specific. A questo scopo è stata organizzata una residenza per artisti che culminerà nell’esposizione di giugno (inaugurazione 11 giugno, in concomitanza con l’apertura del festival).
Filoni di ricerca. La Valle Bormida (il cui omonimo fiume è stato recentemente bonificato, consentendo la ripresa di numerose attività legate al corso d’acqua) è una valle in via di trasformazione. Negli ultimi anni, in controtendenza rispetto a luoghi simili e a periodi precedenti, si è ripopolata: i vecchi abitanti hanno fatto ritorno ai paesi originari e numerosi nuovi residenti si sono stabiliti nella valle.
Cosa offre oggi la Langa grama, ruvida e antica, narrata da Monti e Fenoglio? Cosa cercano, cosa sognano, cosa costruiscono gli abitanti – nuovi e vecchi – di un territorio che via via muta? Come le colture del vino e della nocciola, i pascoli e le tradizioni contadine sono diventate fonte di business e a che prezzo? Le tradizioni rappresentano una zavorra o sono piuttosto il punto di forza di una riscoperta del sé collettivo? Quale futuro è immaginabile?
Queste e altre le domande poste agli artisti, ai quali non è richiesto di indovinare le risposte, quanto piuttosto di farsi depositari di suggestioni e di immaginare una serie di lavori che contengano l’identità della valle, che la raccontino e la rappresentino… Occhi esterni per analizzare un paesaggio in trasformazione seppure così tradizionale. Uno sguardo nuovo che parte dall’esperienza della residenza e ritorna, attraverso il linguaggio dell’arte contemporanea, ai cittadini e ai visitatori.
La drammaturgia dell’arte diviene elaborazione di una serie di dati/fatti/eventi/presenze che, attraverso il lavoro degli artisti, ritorna alla comunità.
La chiacchiera, il confronto, la conoscenza, la convivialità, la partecipazione a momenti collettivi e abitudini scandite da nuovi e vecchi ritmi sono stati gli strumenti per la ricerca condotta dai quattro giovani artisti che, restituiscono la narrazione di un luogo in trasformazione, creandone una vera e propria antologia emozionale. Il progetto espositivo si configura come un'azione emotiva sulla valle e i suoi abitanti.
Un programma artistico che rifiuta di essere calato dall’alto in maniera discontinua e frammentata, una mostra che non potrebbe stare da nessun’altra parte, che perderebbe il senso se posta in altri luoghi. Un disegno culturale - realizzato per la Valle Bormida con la complicità e la partecipazione dei suoi abitanti - che si inserisce su un territorio specifico, ne narra le ecologie e la caratteristiche, ma che non resta chiuso su sé stesso. Al contrario: si apre, trova spazio in una mostra che è un racconto per chi vive la valle e per chi l’attraversa, per chi la visita e per chi la abita. Attraverso le opere degli artisti, la narrazione diventa universale, si serve dei codici dell’arte contemporanea - per definizione in grado di superare i contesti, i confini e i limiti che vengono decifrati attraverso le emozioni, i sentimenti, il pensiero.
Il gruppo. Sono stati scelti quattro artisti profondamente diversi tra loro per provenienza geografica, per tipologia di ricerca e per percorsi professionali: Bruno Geda, Silvia Giambrone, Yael Plat, Alberto Scodro. Tra i giovani artisti più significativi del panorama italiano, propongono una ricerca caratterizzata da una forte consapevolezza e da un’altrettanto energica attenzione ai luoghi, alla politica e alle dinamiche socio-culturali. Interpreti del proprio tempo, i quattro propongono un’indagine intellettuale vivace e originale.
Bruno Geda: Nato in Francia e vissuto in diversi paesi europei, artista emergente e naif, alla sua prima esposizione, è designer, scenografo, restauratore, falegname. Ha attraversato per diletto le valli piemontesi, in un percorso a piedi di ricerca interiore e formazione. Le sue opere sono sculture lignee di rara bellezza che raccontano, partendo da vicissitudini personali, l’ambivalenza universale che caratterizza l’essere umano, in continuo duello con se stesso e dilaniato da tensioni contrastanti. Tensioni che, da un punto di vista cosmologico, risiedono in ogni ambiente, tanto più nel territorio che ospita la mostra: diviso da vecchi campanilismi e nuovi bivi. In mostra due busti che descrivono la disarmonica bellezza dell’ambivalenza dell’essere umano.
Silvia Giambrone, Yael Plat, Alberto Scodro: Tre giovani professionisti dell’arte contemporanea - già noti nel panorama italiano e con all’attivo mostre, premi, residenze ed esposizioni in istituzioni prestigiose - hanno accettato la sfida di diventare un team di lavoro. Per la durata della residenza hanno coabitato e hanno collaborato a un progetto artistico il cui valore è sicuramente superiore alla semplice somma delle parti. In mostra lavori site-specific eccezionalmente ideati in coro, a vantaggio del visitatore e a scapito della tradizionale spartizione che vorrebbe ogni artista chiuso in un involucro introspettivo e personalissimo e in sana competizione con i colleghi. Tutte le installazioni contengono in sè Monastero Bormida (e i paesi limitrofi): ne narrano una porzione, ne esaltano le caratteristiche mettendo in luce tanto le forze quanto le debolezze. I giovani artisti, invitati a osservare luoghi e a conoscere storie, vestono i panni di osservatori sociologici d’eccezione e restituiscono la loro visione della storia della valle. Una storia che è tanto antica quanto contemporanea. Una storia di memorie e di novità, una storia che gli abitanti talvolta non ascoltano più e che i visitatori non conoscono. Una storia che per essere narrata ha bisogno prima di essere “vista”, guardata, da chi non la conosce, da chi non la vive, da chi proviene da fuori.
Dal resto del mondo…