Daniel Buren / José Yaque

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA CONTINUA
Via Del Castello 11, San Gimignano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

da lunedì a sabato, 10-13 / 14-19

Vernissage
21/02/2015

ore 18

Artisti
Daniel Buren, José Yaque
Generi
arte contemporanea, doppia personale

Galleria Continua è lieta di accogliere nuovamente nei suoi spazi espositivi uno dei maggiori interpreti dell’arte contemporanea europea ed internazionale, Daniel Buren con la mostra personale dal titolo Una cosa tira l’altra, lavori in situ e situati, 1965-2015 e per la prima volta l’artista cubano José Yaque con la mostra “Scavare”.

Comunicato stampa

DANIEL BUREN
Una cosa tira l'altra, lavori in situ e situati, 1965-2015

Inaugurazione sabato 21 febbraio 2015 via del Castello 11, 18-24
Fino al 11 aprile 2015, da lunedì a sabato, 10-13 / 14-19

Galleria Continua è lieta di accogliere nuovamente nei suoi spazi espositivi uno dei maggiori interpreti dell’arte contemporanea europea ed internazionale, Daniel Buren con la mostra personale dal titolo Una cosa tira l'altra, lavori in situ e situati, 1965-2015.

Il percorso espositivo si compone di un nutrito numero di quadri storici allestiti nelle sale al primo piano della galleria e di un’opera inedita, di grandi dimensioni, che l’artista concepisce appositamente per la platea dell’ex cinema teatro.

Daniel Buren comincia la sua carriera negli anni Sessanta sviluppando da subito una pittura che tende sia all’abbandono intenzionale dell’emotività, che all’indifferenza per il soggetto narrativo e che radicalizza l’opera in un puro rapporto tra il supporto e la forma.

A partire dal 1965 Buren comincia ad utilizzare una stoffa da tende rigata, le cui componenti diventano base della sua grammatica visiva: strisce verticali alternate bianche e colorate, larghe 8,7 cm. Nel 1967 inizia ad esplorare le potenzialità delle strisce a contrasto come segno, passando così dall’oggetto-pittura a ciò che l’artista stesso definisce "uno strumento visivo", e fa stampare la carta a strisce. Un motivo fabbricato industrialmente che risponde al suo desiderio di oggettività e con il quale sottolinea le superfici più varie.

Nel campo delle arti plastiche, Daniel Buren inventa la nozione di “in situ” per caratterizzare una pratica intrinsecamente legata alle specificità topologiche e culturali dei luoghi dove le opere sono presentate.

Colori primari, piatti, lisci, senza accenni a sfumature. Geometria e astrazione. Buren utilizza questa semplificazione di dispositivi in un gran numero di opere “in situ”. Le sue strisce, declinate in colori e materiali diversi, abbandonano il terreno di una pura dichiarazione per approdare a una ridefinizione dello spazio pubblico o privato. Interprete attento della dimensione spazio-temporale con la quale l’opera dialoga, l’artista scompone e ricrea una collezione infinita di nuovi mondi riverberati ed astratti.

L’opera di Daniel Buren propone una lettura critica dell’oggetto d’arte affrontando tematiche relative alla visibilità dell’opera e alla definizione del suo statuto. Al centro della sua ricerca la volontà di rovesciare i modelli dati, mediante la moltiplicazione dei punti di vista ma anche il capovolgimento delle prospettive attraverso interferenze visive.

L’impalcatura che Buren realizza con tubi metallici nella platea del cinema teatro, apre a letture imprevedibili dello spazio, le strisce a contrasto disegnano un camminamento aereo che offre nuove prospettive di osservazione: un affaccio a dir poco inusuale su “Planes with Broken Bands of Color (San Gimignano)”, il walldrawing progettato da Sol Lewitt per la platea nel 2004 e realizzato nel 2009, così come una serie di punti d’approdo visivi che offrono nuove prospettive sulle altre opere in mostra. La passerella che Daniel Buren concepisce per la platea raggiunge, dunque, diversi punti di quello che in origine era lo spazio dedicato alla galleria e ai palchi, creando non solo un nuovo modo di percorrere lo spazio ma anche inattesi punti di vista all’interno dello stesso. L’intenzione di Buren come artista è quella di rendere il contesto dell'opera visibile allo spettatore: lo spazio, la luce, ma anche risvegliare la coscienza di chi guarda e creare consapevolezza nel senso più ampio possibile.

Il lavoro di Daniel Buren ridefinisce il luogo in cui si verifica l'opera d'arte, dimostrando la complessità e un approccio ideologico all'arte e di ogni forma di esperienza. Con questo gesto, Buren sposta i confini dell'arte visiva, e apre la strada a una nuova interazione tra arte e vita.

Daniel Buren vanta attività nei più famosi centri di arte contemporanea del mondo. Nato a Boulone-Billancourt (Parigi) il 25.03.38, ama ridurre la propria biografia affermando che “vive e lavora in situ”.
Nel 1986, su commissione del Presidente della Repubblica Francese Mitterrand, l’artista realizza nel cortile d'onore del Palais Royal la sua opera permanente più discussa "Le Deux Plateaux”. Nello stesso anno rappresenta la Francia al Padiglione dei Giardini della Biennale di Venezia, vincendo il Leone d'Oro. Musei come il Beaubourg Centre Poumpidou di Parigi, nel 2002, o il Guggenheim di New York, nel 2005, gli hanno dedicato ampie mostre personali e la sua presenza non manca nelle più accreditate collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. Nel 2007 è stato insignito del prestigioso Praemium Imperiale. Nel 2012 ha esposto al Gran Palais di Parigi in occasione della quinta edizione di Monumenta.

DANIEL BUREN
Una cosa tira l'altra, lavori in situ e situati, 1965–2015

Opening: Saturday 21 February 2015, via del Castello 11, 6pm–12 midnight
Until 11 April 2015, Monday–Saturday, 10am–1pm, 2–7pm

Galleria Continua is delighted to once again host the work of Daniel Buren, one of the greatest European and international contemporary artists, with a solo show entitled Una cosa tira l'altra, lavori in situ e situati, 1965-2015.

The show features a considerable number of old works, displayed in the gallery’s first-floor exhibition spaces, and a new, large-scale piece which the artist has conceived specially for the stalls area of the former cinema and theatre.

Buren started his career in the 1960s, immediately producing paintings that tended to abandon emotiveness and to display indifference for the narrative subject, radicalizing the work into a pure relationship between support and form.

In 1965 Buren began to use a stiff curtain fabric, the components of which became the basis of his visual syntax: 8.7cm-wide vertical white and coloured stripes. In 1967 he began to explore the potential of contrasting stripes as a sign, moving on from object-painting to what the artist himself defines as “a visual tool”, and had striped paper printed – an industrially manufactured motif responding to his wish for objectivity and with which he could accentuate the most varied of surfaces.

In the field of the plastic arts, Buren invented the notion of “in situ” to characterize a practice intrinsically linked to the topological and cultural specificities of the places where the works are presented.

Primary, flat, smooth colours without any hint of shading. Geometry and abstraction. Buren uses this simplification of devices in a large number of works in situ. His stripes, which come in different colours and materials, abandon the terrain of pure statement and move towards a redefinition of public or private space. An attentive interpreter of the spatial-temporal dimension with which the work engages, the artist breaks down and recreates an infinite collection of new reflected and abstract worlds.

Buren’s work offers a critical reading of the art object, addressing themes regarding the visibility of the work and the definition of its status. At the centre of his practice is a desire to overturn given models by multiplying the points of view but also by upsetting perspectives through forms of visual interference.

The framework that Buren has produced with metal pipes in the stalls area of the former cinema-theatre yields unexpected readings of the space. The contrasting stripes delineate an aerial walkway that offers new observational perspectives: a highly unusual view of Planes with Broken Bands of Color (San Gimignano), the wall drawing designed by Sol Lewitt for the stalls in 2004 and realized in 2009, and a series of visual vantage points that create new perspectives on the other works in the show. The walkway conceived by Buren for the stalls thus reaches different points of what were originally the theatre’s gallery and boxes, creating not only a new way of moving around in the space but also unexpected points of view within it. Buren’s artistic intent is to make the context of the work – the space and the light – visible to the spectator, but also to stir the consciousness of the viewer and to create awareness in as broad a sense as possible.

Buren’s work redefines the place where the art work is situated, demonstrating its complexity and also an ideological approach to art and every form of experience. With this gesture, Buren shifts the boundaries of visual art, paving the way for a new interaction between art and life.

Daniel Buren has exhibited in some of the world’s leading contemporary art centres. Born in Boulone-Billancourt (Paris) on 25.03.38, he likes to reduce his biography to a minimum by affirming that he “lives and works in situ”.

In 1986, he was commissioned by the President of the Republic of France, Francois Mitterand, to produce what became his most controversial permanent work, Le Deux Plateaux, in the courtyard of the Palais Royal. In the same year he represented France at the Venice Biennale, winning the Golden Lion. He has had major solo shows at museums such as the Beaubourg Centre Pompidou in Paris, in 2002, and the Guggenheim in New York in 2005, and his work can be found in leading public and private collections around the world. In 2007 he was awarded the prestigious Praemium Imperiale. In 2012 he showed at the Gran Palais in Paris on occasion of the fifth edition of Monumenta.

JOSE YAQUE

Scavare

Inaugurazione sabato 21 febbraio 2015 via del Castello 11 e via Arco dei Becci 1, 18-24
Fino al 11 aprile 2015, da lunedì a sabato, 10-13 / 14-19

Galleria Continua ha il piacere di presentare per la prima volta nei suoi spazi espositivi l’artista cubano José Yaque. Laureatosi in arti plastiche nel 2011 presso l’Istituto Superiore d’Arte dell’Avana, Yaque rappresenta la più giovane generazione di artisti cubani. Scavare - questo è il titolo della personale che concepisce per San Gimignano - è la prima mostra che l’artista realizza in Italia. José Yaque si confronta con la peculiarità degli spazi della galleria realizzando due opere site specific e presentando una serie di dipinti inediti.

L’intimo legame che per José Yaque tiene insieme arte e vita permette all’artista di stabilire un collegamento continuo tra arte, individuo e natura. La sua opera è il racconto di una visione: quella dell’incontro tra l’uomo e l’universo.

I quadri che l’artista presenta all’Arco dei Becci sono come grandi finestre aperte su un paesaggio; materici, vibranti, sono roccia fusa che si attacca alla tela e acquisisce nuova forma. La forza e la sensualità della tecnica pittorica che Yaque utilizza per realizzare i suoi dipinti potrebbe essere paragonata alla pittura gestuale; in realtà l’artista entra in una nuova forma dialettica con la tela vuota, mettendo in atto una sorta di azione performativa che non si manifesta come parte del lavoro ma che certamente è determinante nel risultato. José Yaque usa esclusivamente le mani per mescolare i colori e per stenderli sulla tela. Scava per arrivare alla fonte, per trovare la fonte della vita raggiungendo una trasposizione sensoriale che si trasmette sulle tele con un processo metodico, quasi rituale. I colori si fondono, creano linee discontinue, formano un magma che viene nuovamente trasformato quando l’artista avvolge i quadri con una pellicola di plastica. Terminato il processo di essiccazione, rimuove lo strato protettivo e il risultato è una pittura erosa, la plastica esercita sulla tela lo stesso effetto che vento e acqua esercitano sulla superficie terrestre.

Parlando del titolo della mostra, Scavare, Yaque afferma: “Ho in mente questo titolo da parecchio tempo. Scavare, nel senso di far emergere ciò che è occulto, celato, è un’espressione che definisce in questo momento il mio processo creativo o le cose che mi interessano in questo processo”. L’artista interviene nel giardino della galleria con un’istallazione che dialoga idealmente con l’altra opera site specific che realizza all’interno del cinema-teatro, nello spazio torre. L’elemento poetico e simbolico che mette in atto il passaggio tra dentro e fuori è la finestra. “Penso che l’installazione di una finestra aperta sul suolo rappresenti la necessità di portar fuori qualcosa da un luogo nascosto. In quest’ottica vedo anche tutte le altre opere che ho scelto di presentare a questa mostra. Anche da un punto di vista più ampio, la mia pratica artistica è un tentativo di rispondere ad una chiamata, che sta sempre alla base del mio operare. Ad esempio, in questo momento l’invito che mi ha rivolto Galleria Continua è come un appello, una chiamata che proviene da ciò che non conosco. La galleria è come una finestra aperta che mi permette di entrare in contatto con la terra ma anche di abbandonare ciò che è nascosto per uscire fuori”.

José Yaque nasce a Manzanillo, Cuba, nel 1985. Vive e lavora a L’Avana. Dal 2004 fino al 2009 espone in numerose mostre collettive e personali all’Avana, nel 2010 partecipa alla prima Biennale di Arte Contemporanea del Portogallo ed espone al Wasps Artists’ Studios, a Glasgow in Inghilterra. L’anno successivo prende parte ad una mostra collettiva a Madrid, nel 2012 è nuovamente a Glasgow per il Festival Internazionale di Arte Visiva. Nello stesso anno vince una residenza a Varsavia; in Polonia l’artista espone all’interno della Zacheta Project Room della Galleria Nazionale d’Arte di Varsavia nella mostra collettiva “Fragmentos” e realizza, presso la Galleria Nazionale d’Arte Zacheta, la sua prima personale fuori dai confini nazionali. In questa mostra, dal titolo dal “Wisla”, espone una serie di disegni di grande formato ed un video che hanno come soggetto Wisla, il fiume che attraversa Varsavia. Nel 2013 prende parte alla mostra collettiva “Senderos de Bosque” presso l’Emerson College/ Ruskin East G. Floor a Forest Row in Inghilterra. Da questa esperienza, unitamente al lavoro elaborato a Varsavia, nasce il ciclo di disegni Millennium Bridge.

JOSE YAQUE

Scavare

Opening: Saturday 21 February 2015, via del Castello 11 and via Arco dei Becci 1, 6pm–12 midnight
Until 11 April 2015, Monday–Saturday, 10am–1pm, 2–7pm

Galleria Continua is pleased to present the Cuban artist José Yaque, who is showing in the gallery’s exhibition spaces for the first time. Having graduated in plastic arts from the Higher Institute of Art in Havana in 2011, Yaque represents the youngest generation of Cuban artists. The show he has conceived for San Gimignano, entitled Scavare (Digging), is the artist’s first in Italy. In it he engages with the peculiarity of the gallery spaces, realizing two site-specific works and presenting a series of new paintings.

The intimate tie binding art and life together for Yaque enables him to make continual links between art, the individual and nature. His work narrates a vision: that of the encounter between humans and the universe.

The paintings on display in the Arco dei Becci space are like large windows looking onto a landscape – highly material, vibrant, molten rock that attaches itself to the canvas and acquires new form. The force and sensuality of the pictorial technique employed by Yaque to realize his paintings might be likened to action painting; but in actual fact the artist enters into a new dialectical form with the empty canvas, implementing a kind of performative action that is not manifest as part of the work but which certainly determines the result. Yaque uses just his hands to mix the paints and apply them to the canvas. He digs to reach the source, to find the source of life by achieving a sensorial transposition that is conveyed onto his canvases with a methodical, almost ritual process. The colours blend together, creating discontinuous lines and forming a magma that is transformed once again when the artist wraps the paintings in a plastic film. When the drying process is complete, he removes the protective layer. The result is an eroded painting. The plastic has the same effect on the canvas as wind and water on the earth’s surface.

Speaking about the title of the exhibition, Digging, Yaque says: “I have had this title in mind for a long time. Digging, in the sense of bringing out what is hidden and concealed, is an expression that defines my creative process at present or the things that interest me about this process.” In the gallery’s garden the artist has produced an installation that dialogues in ideal terms with the other site-specific work realized inside the cinema-theatre, in the tower space. The poetic and symbolic element that effects the passage between inside and outside is the window. “I think the installation of an open window on the ground represents the need to bring something out of a hidden place. And indeed I see all the other works I have chosen to present in the exhibition from this perspective. Also from a broader point of view, my artistic practice is an attempt to respond to a call, which always lies at the heart of my work. For example, the invitation I have received now from Galleria Continua is like an appeal, a call that arrives from what I do not know. The gallery is like an open window that permits me to enter into contact with the earth but also to abandon what is hidden in order to come out.”

José Yaque was born in Manzanillo, Cuba, in 1985. He lives and works in Havana, where he showed in many group and solo shows between 2004 and 2009. In 2010 he contributed to the first Contemporary Art Biennale of Portugal, and showed at the Wasps Artists’ Studio in Glasgow, Scotland. The following year he took part in a group show in Madrid, while in 2012 he returned to Glasgow for the International Festival of Visual Art. In the same year he won a residency in Warsaw; while in Poland Yaque showed in the Zacheta Project Room of the National Gallery of Art in Warsaw in the group show Fragmentos, and held, in the same gallery, his first solo show outside of Cuba. In this exhibition, entitled Wisla, he exhibited a series of large-format drawings and a video focusing on the river Wisla, which flows through Warsaw. In 2013 he took part in the group show Senderos de Bosque at Emerson College in Forest Row, England. This experience, together with his work in Warsaw, gave rise to the cycle of drawings entitled Millennium Bridge.