Daniela Nenciulescu – Così puri così corrotti

Informazioni Evento

Luogo
CASTELLO VISCONTEO - MUSEI CIVICI
Viale XI Febbraio 35, Pavia, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
05/09/2013

ore 18

Artisti
Daniela Nenciulescu
Curatori
Anna Comino
Generi
arte contemporanea, personale

La mostra presenta la recente produzione dell’artista: una ricca selezione di sculture (di piccole e medie dimensioni) e installazioni (di grandi dimensioni) che si (con)fondono, nell’allestimento, con i reperti della collezione romanica del Museo.

Comunicato stampa

Sculture di ferro e d’acciaio inox, verniciate a fuoco, che dialogano con il passato millenario dei reperti romanici: Così puri, così corrotti, la personale dell’artista romena Daniela Nenciulescu (Bucarest, classe 1952), inaugura giovedì 5 settembre alle 18 nella Sezione Romanica dei Musei Civici del Castello Visconteo di Pavia.

Organizzata dai Musei Civici e curata da Anna Comino (con il patrocinio del Consolato generale di Romania a Milano, e del Centro culturale Italo-Romeno di Milano), la mostra presenta fino al 20 ottobre la recente produzione dell’artista: una ricca selezione di sculture (di piccole e medie dimensioni) e installazioni (di grandi dimensioni) che si (con)fondono, nell’allestimento, con i reperti della collezione romanica del Museo.

Le sculture di Daniela Nenciulescu – scrive la curatrice Anna Comino – sono degli angeli decaduti, ma di una stirpe anomala. Hanno conservato il loro simbolo peculiare, le ali, e uno spirito puro, ma sono corrotti nel corpo, sfregiati indelebilmente nella figura. Tutti in acciaio, nascono da sottili forme cilindriche sulle quali l'artista interviene con un taglio profondo, unico e continuo, che incide con linee sintetiche la testa e le ali. Terminato il solco ed eliminati piccoli frammenti di materiale in eccesso, il profilo frastagliato viene completato dall'azione di piegatura e torsione esercita sui sottili punti di raccordo tra corpo principale e appendici. Lo scorporo e il distendersi degli arti nel vuoto evidenzia l'imponenza e la fragilità del piumaggio. La macro fenditura del profilo alare e la micro dentellatura praticata dalla roditrice, unite all'inversione direzionale e al sollevamento delle propaggini sciabolate, costruiscono una sagoma densamente fratturata. Ne conseguono forme dai tagli particolarmente laceranti che svuotano quasi completamente le superfici riducendo le figure ad una sottile striscia contorta. Alla maestosità delle ali dispiegate è affidato il compito di definire lo spazio: un impalpabile cono d'aria cala intorno ai corpi strutturando la tridimensionalità non soltanto sulla netta presenza materica ma anche sulla sua assenza. Soprattutto nelle sequenze di più pezzi, la disposizione a terra traccia un percorso, e di conseguenza un ingombro, che entra di diritto a far parte dell'estensione plastica della scultura.

Lastre di ferro, d’acciaio, serbatoi, marmitte, timoni strumenti a taglio, a fuoco, a perforazione: lo studio di Daniela Nenciulescu assomiglia piuttosto a un’officina, dove l’artista non assembla, ma costruisce, partendo dalla serialità della realtà della fabbricazione industriale.
Lamiere e tubi li acquisto in ferriera – spiega in un’intervista – i serbatoi in un’azienda dell’industria pesante che realizza generatori e motosaldatori, le parti dell’automobile generalmente le ritiro dal mio meccanico di fiducia, ma i motori della mostra Alati (2009) sono stati recuperati presso un’azienda di manutenzione delle macchine agricole.

Prima nasce l’idea e successivamente viene scelto il materiale adatto alla realizzazione della stessa. La materia deve essere al servizio del concetto – dichiara –. A volte agisco sull’oggetto con un intervento che ne modifica in modo evidente l’aspetto, come sui tubi che ho utilizzato per creare gli angeli, sui serbatoi divenuti alati o sui silenziatori dell’installazione Hora che ho realizzato per la mostra Utopie tridimensionali del 2006. Per i basamenti, invece, uso spesso l’oggetto integro che mantiene la sua forma in quanto questa si adatta perfettamente alle mie necessità, ma perde la funzione originaria. Nella scultura Eostre, ad esempio, ho utilizzato come base due ammortizzatori.

Dopo aver sviluppato l’idea e scelto il materiale, Daniela Nenciulescu taglia e forma, piega alla sua volontà, tramuta e personifica. Squarcia con profondi tagli i pezzi meccanici, un po’ come il maestro argentino Lucio Fontana faceva con le tele.
Mi piace moltissimo tagliare e ogni volta che lo faccio è una sfida nei confronti del materiale, che acquisisce caratteristiche inaspettate. Il taglio, per me, è fondamentale perché i miei lavori sono animati da un equilibrio che riesco a ottenere solo amputando, sfrangiando e alleggerendo. E poi quando taglio mi diverto moltissimo, se fosse diversamente non potrei passare così tante ore in questa officina.
Usa la roditrice, che ha adattato alla scultura, e ha abituato a lavorare nel dettaglio, senza che nemmeno lei sapesse di esserne capace.
Si tratta di tagli a mano libera, e ogni fenditura ha caratteristiche proprie, perché quando uso la roditrice non guardo mai a ciò che ho fatto in precedenza. Nel momento in cui inizio a lavorare ho un’idea del progetto generale e nella mia testa sono ben chiare le linea guida che devo seguire, poi, man mano che la roditrice recide, trovo forme che mi soddisfano e, in particolare, la realizzazione dei dettagli, diviene una continua scoperta.

Le sculture di Daniela Nenciulescu si ergono verso l’alto, si protendono al prossimo, a volte mantengono la scorza del ferro, altre assumono la pelle del giallo, del bianco e del rosso. C’è continua alternanza di pieni e di vuoti: tutto deve poter essere prolungato all’infinito, in altezza e in larghezza. I lavori possono essere installazioni di due metri d’altezza o sculture di pochi centimetri: la dimensione non è vincolante per il senso delle cose.

In occasione della mostra è stato stampato un catalogo (in collaborazione con la Fondazione Culturale Memoria di Bucarest; stampato da A al Quadrato, Peschiera Borromeo), a cura di Anna Comino, con testi di Corinna Marca e Susanna Zatti.