Daniele Villa – Da grande sarò morto

Informazioni Evento

Luogo
VON HOLDEN STUDIO
Via Fastuca 2, 90124 , Palermo, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dal martedì al sabato dalle h.17.00 alle h.20.00.

Vernissage
22/11/2011
Biglietti

ingresso libero

Artisti
Daniele Villa
Curatori
Guillaume Von Holden
Generi
fotografia, arte contemporanea, personale

‘Da grande saro’ morto’ l’artista fondatore della Citrullo International, casa di produzione e factory artistica, regista e autore di diversi film, ricerca e ‘coltiva’ immagini, sezionandole e ricomponendole in forma di collage.

Comunicato stampa

A cura di Guillaume Von Holden
Con un testo di Giampaolo De Pietro

Daniele Villa nasce nel 1973 a Roma, dove vive e lavora.
Membro fondatore della Citrullo International, casa di produzione e factory artistica, in qualità di regista ha diretto “Rosy-fingered Dawn: un film su Terrence Malick” (2002) e “F for Fontcuberta” (2005), rispettivamente sul regista americano, Palma d'oro 2011 al Festival di Cannes con “Tree of Life”, e sul fotografo catalano Joan Fontcuberta.
Ha curato, con Carlo Hintermann e Luciano Barcaroli, pubblicazioni di cinema per la casa editrice Ubulibri su
Otar Ioseliani, Takeshi Kitano e David Lynch. Ha prodotto il documentario “The Dark Side of the Sun”, per la regia di Carlo Hintermann, recentemente presentato in prima mondiale al Festival Internazionale del Film di Roma. Villa è anche un infaticabile ricercatore e coltivatore d'immagini, sezionate e ricomposte con perizia in forma di collage. Di recente ha partecipato alle mostre "Allegory of the cave" ed "À partir de l'eau".

Per una falda del terreno
(Archivio di un tempo dato per improvviso)

Chissà se esiste una messa a fuoco per chi compone collage; si ha come l’impressione che i punti di vista siano aperti – quasi, si potrebbe dire, più “liberi” che mai. Quel che salta all’occhio è la componente strutturale di un collage, considerata oltrepassando il punto di vista meramente tecnico: ci si può accostare ad essa come a quella di una partitura musicale, con lo sguardo ben
disposto e l’orecchio sporto, come attenti al più semplice segnale, com’è per l’effetto di un’apparizione intorno all’immagine palesata, una chiave di volta atta anche a divertire per il semplice fatto di essere composita, una chiave di rivolta, ancor di più, poiché improbabile! (talvolta), ma semplice nella causa e sensibile in più effetti - nel suo effetto ultimo, quello che “si guarda”, insomma. Sembrano più dimensioni di un’unica apparenza, i collage.

Hanno la tridimensionalità che ha, ad esempio, o dovrebbe almeno possedere, non solo di riflesso, il pensiero moderno, contemporaneo all’accadere stesso dell’esposizione senza esplicazioni di sorta. L’elemento naturale e quello filmico, come più sezioni dello stesso giorno, come se il tempo risultasse per una volta tutto: ad un tempo. I collage di Daniele Villa si rapportano agli elementi come raddoppiandoli, forse gli accostamenti sono così sottili e necessitati dagli occhi stessi che il loro accadere si fa naturale, come deve essere: catene montuose e gruppo di persone che osservano (quale apparizione e quale tempo?), ghiacciai in marefermo, scena su scena, parola per parola, a rimando o specchio, nuvole fatte sassi o viceversa, colline, gambe sotto rocce sedimentarie, uova di un volatile immaginario nate sotto la superficie del reale. Voci del verbo apparire, come per l’ultima volta, come un ritorno perfetto che può riservare solo il sogno, o ancora l’imperfetto ritorno al dramma ingenuo del tempo e delle sue detonazioni (le catastrofi e le generazioni) – con le sue distrazioni, e quelle del caso – motore immobile di un gioco d’architetture ora e forse possibili, ora e mai più determinabili, se non in dirittura di uno spazio ancorato a non più, o solo appannaggio di apparenza o essere.

Brevi storie spuntate ai margini – brevissime, dunque uno. (a parte)
uno che spunta dal nulla, come un suono improvviso in un cerchio silenzioso, un quadrato nel cerchio, una forma nell'altra, uno improvvisamente in una stanza, o al centro di una piazza. Spiazzàti, lui e il centro, dagli infinitesimali elementi sui quali non ci stiamo concentrando. (avrà a che fare col non saper coordinare i movimenti di un braccio e dell’altro, così di una gamba con l’altra, una mano con la sua corrispondente?); sarà incapacità a centrare la concentrazione su un unico senso, gli altri quattro trascurando, sarà una forma estrema di solidarietà - una filosensorialità (attenzione verso e rispetto)per quei sensi e per tutti gli elementi che vengono messi da parte - elusi, se non proprio fatti scomparire - al centro di una storia raccontata, o comunque una storia anche se non narrata, una scena sola. allora potrei seguire questo, alla lettera, una scena sola - per questo mi piace l'idea dei cartoni, delle animazioni: un fotogramma dietro un altro, una foto dietro l'altra - e si crea un movimento, questo è geniale, forse più del movimento stesso.