Danilo Marchi – Electric Exagons
Nelle sale del MACIST Danilo Marchi presenta in anteprima Electric Hexagons, installazione sospesa, trasparente e tecnologica a forte connotazione ambientale in cui protagonista indiscussa è l’Ape bionica, affascinante scultura luminosa realizzata mediante l’assemblaggio di bottiglie di plastica riciclate (PET).
Comunicato stampa
Nelle sale del MACIST Danilo Marchi presenta in anteprima Electric Hexagons, installazione sospesa, trasparente e tecnologica a forte connotazione ambientale in cui protagonista indiscussa è l’Ape bionica, affascinante scultura luminosa realizzata mediante l’assemblaggio di bottiglie di plastica riciclate (PET).
Danilo Marchi, artista attento all’ecosostenibilità, lavora con ingegno le materie plastiche dal 1999, quando propone a Biella l’installazione Uomo artificiale androgeno. Quest’opera costituisce la prima scultura antropomorfa realizzata assemblando e manipolando bottiglie di plastica trasparente riciclate (PET). Partendo dallo studio dell’evoluzione umana e proseguendo con l’analisi dell’essenza della vita - fragile a causa del degrado ambientale, ma allo stesso tempo meno aleatoria grazie ai continui progressi della scienza - Marchi focalizza ora maggiormente l’attenzione sulle specie animali, prendendo in considerazione anche il loro rischio di estinzione. Levrieri, Armadilli, Squali, Pipistrelli, Cavallette: ogni animale viene accuratamente esaminato dall’artista e successivamente ricomposto attraverso le materie plastiche, curando con maniacale attenzione i dettagli anatomici. Molte di queste specie sono particolarmente evolute, contraddistinte da notevoli qualità senso-percettive e provviste di sofisticati “apparati” naturali, il cui studio è stato in seguito determinante per la ricerca scientifica umana. L’Ape bionica, ideata nel 2013 e continuamente perfezionata, rappresenta la sintesi finale della lunga ricerca di Danilo Marchi sul mondo animale.
Per quanto riguarda la realizzazione delle sculture è importante sottolineare che Marchi non si limita a svolgere un’operazione di recupero del materiale (si veda a proposito la scultura del 1982 Bottles on a shelf, di Tony Cragg), ma dà vita a creazioni sempre nuove, che evocano le forme naturali e dialogano con l’ambiente nel quale vengono collocate. Nelle installazioni di Marchi, al lato puramente estetico e al risultato scenico, s’inserisce il coinvolgimento e l’interazione del fruitore, che si trova al cospetto di creature “naturali-artificiali” nel quale potrà confrontarsi per discernere aspetti in comune.
Oltre all’evidente pensiero di sensibilizzazione verso l’ambiente e di no waste, le pressoché “eterne” bottigliette di plastica riflettono il delicato ma compiuto equilibrio tra aspetto naturale e artificiale. Poiché le “demonizzate” materie plastiche, tra cui il polietilene tereftalato (PET), derivano dal petrolio, provengono in realtà dalla natura stessa che nei millenni ha decomposto vegetali, animali, umani, eventi ed esperienze. Nelle sculture di Marchi l’elemento artificiale - le bottiglie di plastica create per contenere l’acqua (la sostanza naturale per eccellenza) -, derivato da una materia naturale (il petrolio), diviene rappresentazione del mondo naturale. L’arte, in questo modo, rigenera la vita stessa e l’artista risolve definitivamente la lotta tra le “nocive e inquinanti” materie plastiche e l’ecosistema.
Electric Hexagons, installazione parzialmente a parete e in gran parte fluttuante, si compone di un compatto sciame di api luminose in movimento. Al centro della scena emerge il loro rifugio: un alveare naturale organizzato mediante le tipiche celle a esagono (considerato da Pitagora come la figura geometrica “perfetta”). Accanto all’alveare lo spettatore potrà distinguere l’ape regina, fonte di equilibrio e indispensabile per la sopravvivenza del gruppo. Ognuna di queste tecnologiche api danzanti, catturate in pose di volo differenti e realizzate in diverse sfumature di colori (giallo, arancione, blu, verde e parti trasparenti), si caratterizza per l’aggiunta di piccoli componenti elettrici, di lampadine a incandescenza e, soprattutto, dell’illuminazione a led. Le luci rendono le sculture più vive e suggestive ed evidenziano meglio le peculiarità anatomiche e morfologiche dell’insetto, rielaborato da Marchi nella sua composita struttura “architettonica”.
Le api, simbolo di vita, saggezza e nobiltà, sono un’inesauribile fonte di ispirazione per l’uomo poiché costituiscono un tipico esempio di “intelligenza collettiva”: un insieme di creature dinamiche e industriose organizzate in comunità eque e concordi. Come è noto, all’interno degli ecosistemi naturali e agrari l’ape riveste un ruolo fondamentale in quanto, mediante l’impollinazione, garantisce la riproduzione di gran parte delle specie vegetali. L’importanza delle api, del resto, era stata riconosciuta fin dall’antichità classica: le monete coniate ad Efeso dal VI secolo a.C. in poi, raffiguravano proprio una grande ape, personificazione della dea Artemide. Oggi la sopravvivenza delle api è messa a dura prova, principalmente a causa degli scellerati comportamenti dell’uomo. Pesticidi, radiazioni e cambiamenti climatici hanno causato negli ultimi anni una drastica riduzione di questa specie, in particolare dell’ape europea (Apis mellifera).
L’ape bionica di Danilo Marchi rappresenta, in primo luogo, un omaggio a una creatura estremamente ingegnosa e laboriosa. Un insetto dalle straordinarie potenzialità, a effettivo rischio di estinzione, essenziale per l’equilibrio dell’ecosistema naturale e per la nostra alimentazione. L’artista valorizza l’ape trasformandola in un “essere bionico” dotato di componenti elettrici - le lampadine alogene e a led - che fungono alla stregua di sensori per la robotica. L’opera costituisce, quindi, anche una singolare visione tecnologica, un piccolo e innocuo “drone” in equilibrio tra mondo naturale e artificiale, tra scienza e arte. Una sorta di “animale robot” al servizio esclusivo dell’ambiente, che in futuro potrebbe persino coadiuvare - ma, si spera, mai sostituire - le api nei loro fondamentali processi costruttivi.
Le opere d’arte e le installazioni ispirate a questo insetto - si vedano, anche solamente per un raffronto, i murales di Louis Masai Michel o le sculture di Jessica Carrol - dovrebbero avere il compito principale di sensibilizzare il pubblico sulla rilevanza universale delle api e di farci riflettere sull’estrema fragilità delle nostre stesse esistenze. L’installazione di Marchi si pone proprio in questa lungimirante ottica. Electric Hexagons intende farci pervenire un messaggio di buon auspicio per un’interazione più equilibrata e armoniosa tra uomo, animali e ambiente.
Mark Bertazzoli, maggio 2021
Danilo Marchi
Danilo Marchi, artista appartenente al gruppo artistico “Plastica italiana”, nasce a Biella, dove vive e lavora. La sua indagine inizia dall’analisi della natura e dell’evoluzione umana e si rivolge allo studio del PET dal cui utilizzo nel 1999 nasce l’installazione Uomo artificiale androgeno presentata a Palazzo Lamarmora di Biella Piazzo: un umanoide semi-emerso collocato in una grande vasca nella quale dall’alto sgocciola l’acqua. Quest’opera costituisce la prima scultura antropomorfa prodotta dall’assemblaggio e dalla manipolazione di bottiglie in plastica trasparente, tuttora materiale di ricognizione per l’artista.
Sensibile al valore spirituale e simbolico dell’acqua, dal 1999 il biellese Danilo Marchi assembla manualmente bottiglie riciclate per l’arte. Con tale medium crea installazioni che focalizzano l’attenzione su varie tematiche: estinzione delle specie animali o l’evoluzione della specie umana ed animale (genesi). Nelle sue ri-composizioni sviluppa una ben precisa filosofia che ha fondamento nella perenne analisi dell’essenza della vita, per alcuni versi molto fragile in quanto attualmente legata a scottanti problematiche ambientali, ma allo stesso tempo sempre più resistente e duratura grazie al progresso scientifico.
Le sue opere si trovano in permanenza presso Palazzo Boglietti (Biella), Museum in Motion (San Pietro in Cerro, Piacenza), Videoinsight Foundation (Torino), Accademia Tadini di Lovere (Bergamo), MACIST Museum (Biella).
Mark Bertazzoli:
Mark Bertazzoli, storico e critico d’arte, nasce nel 1986 a Biella, dove vive e lavora. Nel 2011 si laurea in storia contemporanea presso l’Università degli studi di Milano con la tesi “Una collana storica nell’Italia fascista. I Libri verdi Mondadori tra storia e romanzo (1932-1941)”, che pubblica nel 2013 per Edizioni Unicopli. Dal 2012 al 2014 ha collaborato con l’Ecomuseo Valle Elvo & Serra, in particolare con il Centro di documentazione sull’emigrazione di Donato (Biella). Appassionato di arte contemporanea, nel 2015 conosce Omar Ronda che lo sceglie come assistente e lo nomina curatore del MACIST (Museo d’Arte Contemporanea Internazionale Senza Tendenze) di Biella-Riva. Presso il MACIST organizza e cura importanti mostre dedicate ad artisti contemporanei italiani e internazionali, tra cui Robert Rauschenberg, Michelangelo Pistoletto, Ugo Nespolo, Bertozzi & Casoni, Umberto Mariani, Luca Alinari e Plinio Martelli. Nel 2017 cura la doppia personale di Francesco Capello e Omar Ronda dedicata al mito Ferrari presso il Museo Ferrari di Maranello e ARC Gallery (Monza). Nel 2018 cura al MACIST una grande mostra collettiva dedicata alla Vespa Piaggio con opere di trentasei fra i maggiori artisti italiani contemporanei. Come coordinatore dell’Archivio storico Omar Ronda, è co-autore, insieme a Vittoria Coen, del Catalogo ragionato dell’artista biellese, pubblicato da Skira nel 2019. Nel 2020 organizza e cura le personali di Danilo Marchi “Back to Life”, presso Galleria Marelia a Bergamo e “Gianni Depaoli - Hope” a Biella.
M.A.C.I.S.T. Museum
Via Costa di Riva 9, Biella (13900)
www.macist.it
[email protected]; [email protected]; +39 338 8772385
Il “Museo d’Arte Contemporanea Internazionale Senza Tendenze”, nasce da un’idea del maestro Omar Ronda, dalla sensibilità di alcuni collezionisti e molti artisti di fama internazionale che hanno deciso di donare e di mettere a disposizione le proprie opere con il fine di sostenere le attività di prevenzione, cura e ricerca della Fondazione Edo ed Elvo Tempia, da quasi 40 anni impegnata nella lotta contro i tumori.
Per questo motivo il MACIST - essendo stato realizzato a beneficio di un ente morale di eccellenza sul territorio - si definisce come museo “etico e democratico”. La sfida etica che si pone il MACIST è quella di valorizzare e far conoscere l’arte contemporanea mondiale, senza tendenze e nelle sue migliori espressioni qualitative, sostenendo al contempo le attività di ricerca oncologica. In tal senso i visitatori del Museo rivestono il ruolo di destinatari di cultura e allo stesso tempo di protagonisti attivi nella lotta contro il cancro. Il MACIST si definisce inoltre come realtà “democratica” per due motivazioni: innanzitutto l’accesso agli spazi museali è completamente libero e gratuito sia per le collezioni permanenti che temporanee; in secondo luogo poiché non è presente una tendenza artistica preponderante tra le opere della collezione permanente. La collezione permanente costituisce un’interessante selezione delle più importanti correnti artistiche contemporanee dagli anni sessanta a oggi: Pop Art, Noveau Réalisme, Avanguardie e Avanguardie storiche, Arte povera, Neoespressionismo, Minimalismo, Transavanguardia, Arte concettuale, Nuovo Futurismo, Iperrealismo, ecc.
Il MACIST è ubicato in una posizione strategica: a Biella, nel rione Riva, all’interno della cosiddetta “isola della creatività”, a due passi da via Italia, principale arteria del centro città. Lo spazio museale, inaugurato il 14 marzo 2015, è accessibile, liberamente e gratuitamente, nei giorni di sabato e domenica dalle ore 15 alle 19,30, esclusi luglio e agosto.
L’edificio che ospita il Museo, sapientemente restaurato, presenta una superficie superiore ai 700 m2 e si trova all’interno dell’antica “Fabbrica dell’Oro” (1901) di Giuseppe Gualino (padre del più noto Riccardo, grande imprenditore biellese e collezionista d’arte), esempio di archeologia industriale e importante punto di riferimento per quanto riguarda l’arte orafa nell’Italia dei primi del novecento. Gli spazi si compongono innanzitutto di un’esposizione permanente, che raccoglie 150 opere e installazioni di 120 artisti italiani e internazionali (questi ultimi provenienti da ben 23 paesi diversi).
Il Museo si compone inoltre di una sala per proiezioni video e di una parte destinata esclusivamente a mostre temporanee. Dall’apertura a oggi sono state realizzate quattordici mostre, tutte di grande successo di critica e pubblico: “Andy Warhol & Company”; “Plastica italiana”; “Michelangelo Pistoletto. Opere storiche dal 1959”; “Umberto Mariani: Prima del Piombo. Opere storiche”; “Luca Alinari. Sconosciuti anni Settanta”; “Bertozzi & Casoni. Grandi Ceramiche”; “Omaggio a Plinio Martelli”; “Ugo Nespolo. Opere storiche”, “Robert Rauschenberg - XXXIV Tavole per l’Inferno di Dante”; “Arte Africana. Dal tradizionale al Contemporaneo”; “La Vespa nella Storia e nell’Arte”; “Omar Ronda. Osiris”; “Omar Ronda. Anthology”; “Gianni Depaoli - Hope”.
La presidenza e la direzione artistica sono affidate a Mariella Genova Ronda.
Il curatore del Museo è Mark Bertazzoli.