D’après Canova. L’800 a Carrara
La mostra propone ventisei gessi, scelti fra le numerosissime opere di proprietà dell’Accademia. Un evento che vuole portare nuova attenzione sulla collezione dei gessi dell’Accademia di Belle Arti, primo e fondamentale passo per la sua definitiva sistemazione in un percorso cittadino che dovrebbe coinvolgere, oltre al recuperato palazzo Binelli, l’Accademia e il Museo di San Francesco.
Comunicato stampa
Il 25 giugno 2011 a Carrara, nella suggestiva cornice del restaurato Palazzo Binelli, nuova sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, si inaugura la mostra “D’après Canova. L’800 a Carrara. L’Accademia e i suoi maestri”.
Curata dall’Accademia di Belle Arti di Carrara – che ha eseguito anche i restauri delle opere esposte – e dalla Soprintendenza di Lucca e Massa Carrara, con il sostegno del Comune di Carrara, la mostra propone ventisei gessi, scelti fra le numerosissime opere di proprietà dell’Accademia. Un evento che vuole portare nuova attenzione sulla collezione dei gessi dell’Accademia di Belle Arti, primo e fondamentale passo per la sua definitiva sistemazione in un percorso cittadino che dovrebbe coinvolgere, oltre al recuperato palazzo Binelli, l’Accademia e il Museo di San Francesco. Così Carrara aprirà, finalmente, le porte del suo inestimabile patrimonio artistico al pubblico e salderà un debito di riconoscenza verso i suoi maestri che partiti dall’Accademia diffusero il marmo e il prestigio di Carrara nel mondo.
La mostra intende riportare alla giusta considerazione critica la tradizione scultorea dell’Accademia di Carrara, nata idealmente alla scuola di Antonio Canova, ma che trova nell’insegnamento di Lorenzo Bartolini e in quello di Bertel Thorvaldsen inediti spunti di originalità. L’istituto carrarese diventa così “vetrina” di gusti e di tendenze della scultura italiana dell’Ottocento. Storia che ha lasciato tracce di sé nei calchi classici dell’aula magna o nei bassorilievi dei concorsi che decorano il palazzo del Principe e in una serie di opere a tutto tondo eseguite nel corso dell’Ottocento e fino agli anni trenta del Novecento dai maestri più illustri della cultura neoclassica e di inizio secolo, ma anche dagli allievi più dotati.
Un percorso, dunque, complesso e affascinante che per esempi significativi conduce lo spettatore in un viaggio suggestivo e unico alla scoperta delle varie correnti che hanno formato la scultura dell’Ottocento.
Apre la mostra il ritratto di Letizia Ramolino Bonaparte, l’opera che Antonio Canova dona all’Accademia nel 1810. Raffigurata in veste di Agrippina, secondo il processo idealizzante voluto dall’artista, indica nel maestro di Possagno il modello ideale degli scultori carraresi. Del resto appena entrata in collezione, l’opera era stata oggetto di “copia”, in una prova sul disegno disputata dai giovani allievi Luigi Bienaimè e Bernardo Tacca.
Sono esempi significativi sui quali il percorso della mostra si sofferma Il Mercurio di Benedetto Cacciatori, l’opera che il maestro carrarese dona alla sua Accademia, e sono prove dell’eccellenza della scultura carrarese Paride offerente, Psiche e Psiche svenuta, le tre opere di Pietro Tenerani che entrano in Accademia come saggi eseguiti dall’artista durante il periodo del Pensionato a Roma o come dono del figlio Carlo. Esse introducono nella perdurante e straordinaria stagione dell’arte ideale di ispirazione classica che nel primo e secondo decennio dell’Ottocento vede gli artisti di una nuova generazione confrontarsi con il magistero di Canova e Torwaldsen, alla ricerca di una propria ed originale cifra espressiva. E se Cacciatori non ha particolare attenzione verso quanti, dopo di lui, si formano a Carrara, Pietro Tenerani, ospitando nel suo studio romano gli allievi vincitori del concorso di Pensionato, contribuisce a determinare lo stile inconfondibile della “scuola di Carrara” che vede nei nomi di Luigi Bienaimè e del suo eterno rivale e compagno di studi Bernardo Tacca, alcuni dei primi protagonisti.
Nel percorso fecondo della mostra che attraversa l’Ottocento e punta a restituire la giusta considerazione agli artisti carraresi, Carlo Finelli e il suo magistero diventano modello di riferimento per gli allievi - Giovanni Tacca, Leopoldo Bozzoni e Carlo Chelli - mentre frequentano il suo atelier romano. Erede di Canova, ma deciso a proporre una terza via per la scultura, entra in competizione anche con Thorwaldsen e ritrova nel gruppo de Le Ore (1824) una nuova connotazione psicologica per le figure, un movimento inedito che mitiga l’austerità e l’astrazione dei due grandi protagonisti della scultura neoclassica.
A Roma, nell’atelier di Tenerani, si era perfezionato anche Ferdinando Pelliccia. Nominato professore di scultura in Accademia nel 1835 e poi direttore dal 1864 al 1892, si impegna a trasferire la lezione sull’antico ai numerosi e più giovani allievi. E se Giovanni Fontana e Ferdinando Andrei declinano lo stile neoclassico con accenti diversi, fra naturalismo bartoliniano e purismo teneraniano, altre posizioni di cauta apertura verso il nuovo si fanno strada. Così, nelle opere di Pietro Lazzerini e Carlo Nicoli all’universo neoclassico il cui modello è la classicità greca idealizzata si sostituisce l’imitazione del vero. Poi, prende il sopravvento la descrizione della realtà sociale e, alla predilezione del bello, si sostituisce - nell’attenzione dei giovani artisti Achille de Cori, Abramo Ghigli e Fidardo Landi - il sentimento inquieto della modulazione plastica.
Un percorso, dunque, complesso e affascinante che per esempi significativi conduce lo spettatore che giunge a Carrara in un ‘viaggio’ suggestivo ed unico alla scoperta delle varie correnti che hanno informato la scultura dell’Ottocento. Un percorso che in qualche caso sollecita ma lascia aperti, nuovi problemi attributivi –come nel caso di un’opera di Carlo Nicoli - o riconsidera, alla luce dei nuovi studi, personalità dimenticate quale è quella di Nicola Marchetti.