D’après Leonardo
La mostra D’après Leonardo, che rientra nelle celebrazioni per il 500° anniversario della morte di Leonardo da Vinci (Anchiano, 1452 – Amboise, 1519), presenta al pubblico due capolavori della Collezione Cerruti, parte delle Collezioni del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea.
Comunicato stampa
La mostra D’après Leonardo, che rientra nelle celebrazioni per il 500° anniversario della morte di Leonardo da Vinci (Anchiano, 1452 – Amboise, 1519), presenta al pubblico due capolavori della Collezione Cerruti, parte delle Collezioni del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea: Madonna col Bambino (c. 1516) dell’allievo di Leonardo, Marco d’Oggiono (Milano, c. 1465-1470 – Milano oppure Oggiono, prima del giugno 1524), e Senza titolo (La Gioconda) (1992) di Gino De Dominicis (Ancona, 1947 – Roma, 1998).
Attraverso gli episodi di d’Oggiono e De Dominicis, la mostra – a cura di Laura Cantone e Fabio Cafagna, storici dell’arte responsabili della Collezione Cerruti al Castello di Rivoli – racconta l’eredità di Leonardo e l’ininterrotta fortuna della sua opera: dal lascito di invenzioni alla bottega e ai suoi più fidati allievi fino ai recuperi contemporanei, a dimostrazione di come, ancora nell’arte di oggi, gli artisti continuino a fare i conti con la sua opera.
Il dipinto Madonna col Bambino (c. 1516) di Marco d’Oggiono è un’opera capitale nel percorso artistico del pittore. Nella tavola, che rappresenta Maria mentre sorregge con dolcezza Gesù, i due volti si sfiorano in un gesto intimo, emergendo da un uniforme sfondo nero, su cui risaltano il candido incarnato del Bambino e le tinte calde dell’abito della Vergine. La raffinata cromia, che va dal rosso della tunica all’arancio del manto e al verde acqua della fodera, è arricchita dal velo trasparente che cinge il capo di Maria, i cui bagliori dorati, ottenuti in punta di pennello, fingono preziosi ricami.
La composizione generale del dipinto trae ispirazione dalla celebre Madonna Litta (c. 1490) dell’Ermitage di San Pietroburgo, opera che il museo russo attribuisce a Leonardo, ma che gli studiosi italiani ritengono con probabilità realizzata da un allievo – forse da Giovanni Antonio Boltraffio o dallo stesso Marco d’Oggiono – a partire da un’invenzione originale del maestro. L’iconografia della Madonna Littaebbe una grande fortuna nella bottega di d’Oggiono, tuttavia, tra gli esemplari noti, quello in Collezione Cerruti si distingue per l’elevata qualità. La datazione dell’opera va ricondotta al 1516 circa, momento in cui il pittore milanese avvia una fase di profonda riflessione sulla pittura del maestro.
Il Senza titolo (La Gioconda) (1992) di Gino De Dominicis appartiene a una serie di disegni su tavole di pioppo realizzati dalla seconda metà degli anni ottanta, traendo ispirazione dall’enigmatica figura della Gioconda di Leonardo. Sono gli anni in cui, nel percorso artistico di De Dominicis, si consuma il passaggio dalla prima stagione concettuale e performativa a quella più matura della pittura e dell’installazione. A collegare entrambi i periodi è il rifiuto di un pensiero basato sulla fenomenologia dell’esperienza incorporata, a favore di una visione cosmica dell’immortalità che trascende il senso comune del tempo-spazio, qualcosa che l’artista riconosceva anche nello stesso dipinto della Gioconda. La serie di tavole di pioppo presenta austere figure femminili in cui ogni tratto individuale è dissolto in puro archetipo: l’artista concepisce volti dalla bellezza lontana e dall’estenuata eleganza, i cui tratti sfuggenti sono carichi di risonanze interiori. Nella serie appaiono evidenti, per quanto assolutamente personali, i riferimenti alla storia dell’arte: dal gigantismo del disegno di Picasso alla tecnica dello sfumato di Leonardo.
Nell’opera in mostra il misterioso volto di Monna Lisa, colto di tre quarti, con le palpebre calate e l’accenno di un sorriso, si iscrive in una capigliatura monumentale. Il chiaroscuro, ottenuto con un fitto tratteggio a matita e carboncino, si addensa in corrispondenza del mento, rimanendo invece appena accennato nelle altre zone della tavola, dove anche le venature del legno sembrano assolvere un ruolo espressivo.
Le opere di d’Oggiono e De Dominicis sono state rispettivamente studiate da Jacopo Tanzi e Fabio Belloni, le cui schede storico-critiche saranno presentate nel catalogo generale della Collezione Cerruti di prossima pubblicazione per i tipi di Umberto Allemandi editore.
La rassegna si completerà in una data ancora da precisarsi, quando a sorpresa un’importante opera selezionata da Carolyn Christov-Bakargiev, direttore del Castello di Rivoli e della Fondazione Cerruti, si aggiungerà ai due dipinti della Collezione. La scelta di esporre la terza opera leonardiana emerge da una riflessione sulla “problematica della ricezione critica e di mercato che vive Leonardo da Vinci nella nostra epoca digitale – caratterizzata da una celebrazione della cultura scientifica piuttosto che umanistica, da una diffusione accelerata di informazioni, dalla difficoltà di accertare l’autenticità delle opere e da un’attenzione sempre più concentrata sulle figure canoniche della storia dell’arte, quale è Leonardo da Vinci” (Christov-Bakargiev).
foto: Marco d’Oggiono, Madonna col Bambino, c. 1516, Collezione Fondazione Cerruti, deposito a lungo termine al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
Dal 09 luglio 2019 al 03 novembre 2019