Dario Agati – Gioconda

Informazioni Evento

Luogo
UNA VETRINA
Via del Consolato 12, Roma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

H 00:00 - 24:00

Vernissage
04/11/2019

ore 19

Artisti
Dario Agati
Curatori
Marta Silvi
Generi
arte contemporanea, personale

Lo spazio di Una Vetrina ospita un lavoro di Dario Agati espressamente concepito per questa occasione.

Comunicato stampa

Lo spazio di Una Vetrina ospita da lunedì 4 a lunedì 11 novembre 2019 un lavoro di Dario Agati espressamente concepito per questa occasione.
Gioconda è il titolo dell’intervento, curato da Marta Silvi e allestito nello spazio di Via del Consolato, da anni partner del progetto “The Independent” del MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, rivolto alla promozione delle realtà indipendenti che si occupano di arte contemporanea.
Gioconda sarà presentata al pubblico lunedì 4 novembre alle ore 19:00, presso lo spazio di Una Vetrina in Via del Consolato.

Il lavoro di Dario Agati presuppone il concetto semplicissimo e mai inattuale che tutta l’arte è contemporanea, senza tempo, universale ed eterna. Il suo sguardo è errante sulla linea temporale e non teme il confronto con i capolavori che, anche a distanza di centinaia di anni, rifulgono ancora indiscussi di luce propria. ‘La pittura mi permette di viaggiare nel tempo, di confrontarmi con gli artisti del passato e di proiettarmi nel futuro. Per me è una competizione’.
La Gioconda di Dario Agati “gioca” su questa dimensione sospesa ed evanescente, identitaria allo stato gassoso, dove la visione vede attraverso la stratificazione della memoria, come se mettesse in atto un terzo occhio in grado di percepire attraverso pura intuizione, captare la verità senza l’uso della logica mentale.
Si tratta del primo pezzo di una nuova serie intimista e introspettiva. Esposto all’interno dello spazio di Una Vetrina, il lavoro rispetta i criteri classici, spesso ambigui, dell’allestimento museale ma la sua fruizione è disturbata da un velo di pittura bianca che ne opacizza la visione e disorienta lo spettatore. Agati lo definisce ‘uno sguardo al futuro che si finge passato, che ammicca ai tradizionalisti, ai passatisti che osservandola penseranno a un omaggio ai 500 anni dalla morte di Leonardo’.
La provocazione cui l’artista ci sottopone si concentra tutta sull’atto del ‘guardare’ e sul concetto di ‘aspettativa’. La Gioconda qui proposta indugia nell’essere osservata con la stessa attenzione e ammirazione che si dedicherebbe all’illustre originale. Essa attende di suscitare domande tra gli spettatori che la desiderano consapevolmente, anelando a un’epifania che come l’opera custodita al Louvre ha molto spesso disatteso per le sue proporzioni contenute. Oppure si lascia scorgere dai passanti distratti, il cui sguardo sarà sedotto da un moto di curiosità.
Se Duchamp in L.H.O.O.Q (1919) si impadroniva della Monna Lisa quale soggetto iconico della Storia dell’Arte tutta, qui essa diventa un espediente, un artificio per parlare di ‘visione’, contenuta d’altra parte nella stessa parola inglese ‘look’.
Jean Paul Sartre definiva l’immagine come un determinato tipo di coscienza, ovvero come un rapporto particolare tra la coscienza e l’oggetto: ‘Le mot d’image ne saurait donc désigner que le rapport de la conscience à l’objet, autrement dit, c’est un certaine façon qu’a l’objet de paraitre à la conscience, ou, si l’on préfère, une certaine façon qu’a la conscience de se donner un objet.’ (J-P. Sartre, L’Imaginaire, NFR-Gallimard, 1940, p.17; ‘La parola immagine non può quindi designare che la relazione della coscienza con l’oggetto, in altre parole, è un certo modo in cui l’oggetto appare alla coscienza, o, se si preferisce, un certo modo che la coscienza deve darsi a un oggetto’). In questo senso il soggetto di stile pompeiano della tavola dipinta a olio che fugge l’occhio dello spettatore di Dario Agati, ripercorre l’importanza delle stratificazioni e delle velature, care in particolar modo a Leonardo, come a gran parte della pittura tout court. La superficie pittorica di Agati si presenta dunque come l’incontro conclusivo tra l’oggetto reso immagine e la coscienza personale del soggetto che lo ha pensato. L’artista stesso spiega: ‘La pittura è una serie di stratificazioni in cui ciascuna dipende dalle precedenti per cui il quadro risulta da ciò che vedi alla fine del processo. Credo che nello stesso modo in cui gli strati di pittura si succedono, il pensiero su quella stessa opera cambi, dipenda dai pensieri precedenti: un’opera sulla quale ho ragionato a lungo, dal mio punto di vista sarà un’opera più forte e più profonda ma al contempo più difficile da comprendere.’