David McEnery – Sorridi! È la fine del mondo
La Galerie Mantovani, che opera in Bretagna dal 2005, presenta la prima mostra antologica in Francia del fotografo inglese David McEnery.
Comunicato stampa
La Galerie Mantovani, che opera in Bretagna dal 2005, presenta la prima mostra antologica in Francia del fotografo inglese David McEnery.
Lo scherzoso (e ci auguriamo non premonitore) titolo “Sorridi! È la fine del mondo!”, non solo echeggia le apocalittiche previsioni legate al 2012 ma ben descrive, soprattutto, il carattere dell’esposizione.
David McEnery, importante fotografo che ha lavorato per varie testate giornalistiche internazionali fra cui la prestigiosa rivista Life, cattura fin da giovane gli aspetti più insoliti e divertenti della vita quotidiana. Il suo sguardo, improntato sulla leggerezza e l’ironia, è garanzia di uno stile unico e molto ricercato.
McEnery ha sempre privilegiato le immagini in bianco e nero, e da autentico purista non ha mai amato l’utilizzo del flash. Racconta la moglie Pat (anch’essa fotografa e spesso sua modella) che per eseguire un solo scatto pazientava anche un’intera giornata con lo scopo di ottenere la luce che voleva. La sua personalità, traboccante d’ottimismo, lo ha spinto a creare situazioni fotografiche inventando curiosi accessori e oggetti di scena (una custodia per serpenti, perfino una motocicletta per ranocchi) fabbricati da lui stesso, che interagiscono coi personaggi umani. Come ebbe modo di commentare Peter Galassi, ex direttore del Dipartimento di Fotografia del MoMA di New York, «Scattare foto divertenti è molto difficile, richiede tatto e delicatezza. David possiede queste doti, oltre a un innato “British sense of humour”».
L’arte della fotografia è davvero irresistibile, quando si traduce in un’umoristica “mise-en-scène”. L’intrigante leggerezza delle immagini in bianco e nero di David McEnery (1936-2002), definito “il fotografo più divertente al mondo”, è un misto di “slapstick comedy” e di “sense of humour” tipicamente britannico. Ogni singolo scatto – meditato, ragionato, oppure colto al volo, ma sempre e comunque con la luce giusta – è un colpo di fulmine dal fascino neorealista, una “gag” esplosiva, una scivolata sulla buccia di banana, un mosaico di linguaggi del corpo, gesti, morbide espressioni di volti in fiore, facce attempate, qualche ruga vissuta. È un maestro di poesia, McEnery, quando ritrae la complicità di piccole creature, umane e animali, come la bimba addormentata sulla sdraio e il placido sonno del suo gattino, o il primo piano di un monello lentigginoso col criceto che si affaccia dal berretto. E sfodera autentici colpi di genio, quando pizzica l’insolito e il bizzarro della quotidianità raffigurando un truce culturista che lavora a maglia, l’amletico dilemma di un giocatore di football americano, uno scozzese in kilt che non sa quale toilette scegliere, un impiegato della finanza che dall’alto dei suoi calzini scompagnati legge come migliorare la memoria, due neonati in coabitazione col biberon… E così via, fra golfisti improvvisati e apocalittici integrati, pescatori sovrappeso e fachiri, incantatori di serpenti, suore, preti e sceicchi che giocano a Monopoly. Rimbalzando da un mondo all’altro, McEnery declina l’essere, il non essere e l’apparire di quell’imprevedibile commedia umana che è la vita. E non sfugge, all’occhio fotografico di questo reporter dell’ironia e dell’ottimismo, la surrealtà di certi suoi “still life”: una scopa sdentata parcheggiata fuori dallo studio dentistico, una bandiera giapponese fabbricata in America, tre bottiglie di latte in posizione yoga, il germogliare di parchimetri a primavera, il quadro kitsch di un canale di Venezia che trasuda acqua sulla parete di un museo. Sono talmente efficaci, nitide e persuasive queste situazioni sul filo del paradosso, da sembrare reali. Anzi, lo sono. Crediamoci. Solo così potremo affrontare nel miglior modo possibile le incognite del domani. Con un bel sorriso stampato sulle labbra. Stefano Bianchi
Ospite della mostra, la pittrice Josette Dubost presenterà alcune opere recenti che grazie alla forte gamma espressiva fanno da catalizzante contrasto alle fotografie di David McEnery.
In ogni caso, profezia Maya o meno, un “ultimo” sorriso ci farà senz’altro bene.