Davide Allieri – A Protective Suit for the Blind Hero
A Protective Suit for the Blind Hero è l’ottavo capitolo di un insieme che racchiude lavori molto diversi, sia come tecnica, che come materiali impiegati, accomunati da un concetto condiviso, la ricerca sull’impronta. Quest’ultima è una tematica che ha attraversato tutta la storia umana e ha subito molteplici declinazioni, ma nonostante questo rimane costantemente attuale.
Comunicato stampa
Gli elementi che compongono l’esposizione di Davide Allieri, quelli che trovate di fronte a voi, possono essere considerati oggetti in attesa, oppure residui. Questa è una variabile che poco influisce sulla visione complessiva del lavoro. Va chiarito che sono elementi che avranno parte attiva durante la performance del 2 Giugno 2012 (all’interno di The Blank Artdate); manufatti che cambieranno il loro stato a seconda che l’azione si debba ancora compire, sia in corso o sia già esaurita. La visione di questi tre stadi arricchisce notevolmente la comprensione non solo della mostra in se ma di tutto il progetto e la poetica di Davide Allieri.
Parlo di progetto perché A Protective Suit for the Blind Hero è l’ottavo capitolo di un insieme che racchiude lavori molto diversi, sia come tecnica, che come materiali impiegati, accomunati da un concetto condiviso, la ricerca sull’impronta. Quest’ultima è una tematica che ha attraversato tutta la storia umana e ha subito molteplici declinazioni, ma nonostante questo rimane costantemente attuale.
Quando vado a rimarcare, l’importanza del cambiamento di stato e perciò del processo nel lavoro di Allieri, lo faccio perché il suo percorso non potrebbe esistere senza uno sviluppo. Non solo globale, cioè comune a tutti i suoi lavori, ma anche e soprattutto locale, ossia interno a ogni lavoro. Ci sono elementi che ritroviamo sin dalle prime opere e che ci fanno capire meglio la sua ricerca sull’impronta. La grafite è stato l’elemento primo, decontestualizzato, sia dalla sua forma a noi più nota, la matita, sia da un supporto cartaceo.
La grafite era l’anello di congiunzione più ovvio e quindi il migliore da cui partire per indagare l’impronta.
I primi tentativi, Allieri li fa con un impasto di polvere di grafite e grassi naturali direttamente nella sua bocca (Precision Impression I, II, III) per ottenere dei calchi, delle impronte di precisione appunto. La necessità di slegarsi dal supporto e dallo strumento sono stati i principi che lo hanno portato verso una fisicità più ampia e non limitata solo al segno. C’erano gli elementi, mancava solo un collante comune, la performance è servita proprio a questo, a rendere il tutto omogeneo mettendo in atto una ritualità. Partendo da qui il lavoro di Allieri ha scelto di inglobare anche l’abito, visto nello stesso modo, come impronta di se stesso.
Se nelle prime Precision Impression l’attenzione si focalizzava su un singolo gesto, non è servito molto perché da qui si partisse per creare un universo popolato da figure carismatiche.
Il primo è stato il debuttante (Precision Impression VI), protagonista di un’azione nella quale, in equilibro su improbabili calzature, cercava di lasciare un segno di se nello spazio circostante. Il secondo è stato l’esploratore (Precision Impression VII), che concentrato invece nell’azione opposta, togliere materia, prelevava campioni da un agglomerato di grafite, provocando come reazione un inevitabile sgretolamento del tutto, un’impronta in negativo.
A Protective Suit for the Blind Hero introduce un nuovo personaggio: il guerriero, l’eroe; una nuova evoluzione del debuttante. La performance Precision Impression VIII: The Tailor’s Armour, metterà in scena proprio questa la metamorfosi dal debuttante al guerriero, che rivestito di una nuova armatura, sarà pronto ad un cambio di stato, forse l’ultimo forse l’ultimo o forse solo uno stadio intermedio.
Per la prima volta si mostrerà al pubblico, con la necessità di attuare un confronto vivo e diretto. Sarà compito dello spettatore, creare una narrazione a ritroso, partendo dai resti intorno a se.