Davide D’Elia – Limbo’s Lingo
Otto Zoo e Bibo’s Place presentano LIMBO’S LINGO, prima mostra personale a Milano di Davide D’Elia (Cava dei Tirreni -SA-, 1973).
LIMBO’S LINGO, titolo composto da due lingue differenti, è la dimensione di una ricerca artistica che procede per accostamenti, poli contrapposti, tensioni di un equilibrio sempre in evoluzione.
Comunicato stampa
Otto Zoo e Bibo's Place presentano LIMBO'S LINGO, prima mostra personale a Milano di Davide D'Elia (Cava dei Tirreni -SA-, 1973).
LIMBO'S LINGO, titolo composto da due lingue differenti, è la dimensione di una ricerca artistica che procede per accostamenti, poli contrapposti, tensioni di un equilibrio sempre in evoluzione. Il "limbo" è quello dantesco, il luogo di passaggio per eccellenza, ma è anche, nel linguaggio fotografico, lo sfondo bianco che neutralizza il background. "Lingo" è un termine anglosassone utilizzato per definire in maniera gergale e dispregiativa il modo di parlare di un gruppo diverso dal proprio, come potrebbe essere quello di un percorso artistico in divenire.
Partendo da questa associazione tra un termine aulico e uno slang contemporaneo, in un costante gioco tra raffreddamento e trasformazione, l'artista presenta nello spazio di Otto Zoo un percorso istallativo articolato attorno alla sua pittura "antivegetativa".
D'Elia utilizza una tecnica di sovrapposizione pittorica che spesso agisce su ritratti e arazzi d'epoca attraverso l'iris blu, colore comunemente usato in contesti dove l'artefatto umano va difeso dagli agenti naturali, ma deve al tempo stesso simulare un'apparenza naturale, come nel caso delle piscine e delle barche.
Afferma l'artista: la mia pittura agisce su pitture pregresse in maniera "selettiva", ma anche preservativa. Mi servo dell'insetticida per alludere al suo effetto, alla capacità di salvare ciò che è vitale; nello stesso modo, soggettivamente, seleziono una parte della rappresentazione, ne colgo il frutto, tutto il resto non mi serve.
In mostra "frAnk", intervento di pittura antivegetativa su specchio, e una serie di dittici: "Untitled caldo/freddo", "Pier-Aldo", "El Dorado".
Fa parte della mostra anche "Bolo", una vera macchina per il verderame che l'artista colloca nell'esposizione come simulacro del concetto di artificiale e naturale, una "cosa" creata dall'uomo per aiutare a crescere una pianta a discapito di altre. Si tratta di una macchina che, mentre distrugge, crea una condizione di limbo perfetta per la crescita dei frutti, i migliori possibili secondo la discrezionalità umana.
Davide D’Elia è nato nel 1973 a Cava dei Tirreni (SA). Vive e lavora tra Londra e Roma. I suoi lavori sono stati esposti al MAXXI Museo delle arti del XXI secolo (Roma maggio 2013) e alla Biennale di Venezia (Nell’Acqua capisco, Procuratie Vecchie - Piazza San Marco, 31 maggio – settembre 2013).
Ha al suo attivo, tra personali e collettive, oltre che in Italia, mostre in Inghilterra, Libano, Grecia e Slovenia.