Dear Betty: run fast, bite hard!

Informazioni Evento

Luogo
GAMEC - GALLERIA D'ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Via San Tomaso 53 24121 , Bergamo, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Collezione Permanente, Spazio Caleidoscopio
martedì-domenica, ore 9:00-13:00 / 15:00-18:00
lunedì chiuso

Vernissage
13/05/2016

ore 19

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Tracey Emin, Franco Vaccari, Tracey Moffatt, Adam Cruces, Ivan Argote, Tue Greenfort, BFFA3AE, Yulan Grant, Lisa Rave, Conall McAteer, Tabita Rezaire
Curatori
Lucrezia Calabrò Visconti
Generi
arte contemporanea, collettiva, video

La GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo è lieta di presentare la mostra Dear Betty: run fast, bite hard!, a cura di Lucrezia Calabrò Visconti, il primo dei due progetti vincitori della sezione “scuole curatoriali”, istituita in occasione dell’ottava edizione del Premio Lorenzo Bonaldi per l’Arte.

Comunicato stampa

14 MAGGIO – 24 LUGLIO 2016

PREMIO LORENZO BONALDI PER L’ARTE – VIII Edizione
SEZIONE SCUOLE CURATORIALI
DEAR BETTY: RUN FAST, BITE HARD!
A cura di Lucrezia Calabrò Visconti
Selezionata dalla scuola curatoriale CAMPO – Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino

Inaugurazione: venerdì 13 maggio, ore 19:00

Dal 14 maggio al 24 luglio 2016 la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo è lieta di presentare la mostra Dear Betty: run fast, bite hard!, a cura di Lucrezia Calabrò Visconti, il primo dei due progetti vincitori della sezione “scuole curatoriali”, istituita in occasione dell’ottava edizione del Premio Lorenzo Bonaldi per l’Arte, grazie alla quale studenti o ex-studenti segnalati dalle principali scuole curatoriali italiane hanno avuto la possibilità di presentare un progetto espositivo pensato per lo Spazio Caleidoscopio della GAMeC, che prevedesse la messa in relazione di una o più opere esposte nella collezione del museo con opere di altri artisti contemporanei.

In occasione dell’ultima edizione di Qui Enter Atlas. Simposio Internazionale di Curatori Emergenti – che si è tenuta alla GAMeC lo scorso autunno – i 5 candidati del Premio Lorenzo Bonaldi hanno infatti potuto confrontare esperienze personali e posizioni teoriche e metodologiche con una ventina di giovani curatori provenienti da corsi in pratiche curatoriali, in un workshop che si è concluso con la premiazione del progetto vincitore dell’ottava edizione, Soft Crash – a cura di Xiaoyu Weng (che sarà inaugurato il prossimo 26 maggio) – e dei due progetti di questa nuova sezione.

Il secondo progetto vincitore, Deus sive Natura di Elena Cardin – selezionata dalla scuola curatoriale A Plus A, Venezia – sarà ospitato alla GAMeC nel 2017.

IL PROGETTO

Lo scorso autunno, la giuria dell’ottava edizione del Premio Lorenzo Bonaldi composta da

Chiara Bertola – Responsabile per l’arte contemporanea della Fondazione Querini Stampalia, Venezia e ideatrice del Premio FURLA
Martin Clark – Direttore della Bergen Kunsthall, Bergen
Giacinto Di Pietrantonio – Direttore della GAMeC
Stefano Raimondi – Curatore della GAMeC

ha premiato il progetto di Lucrezia Calabrò Visconti “per la capacità di trasporre la poetica futurista negli orizzonti del contemporaneo, trasformando letteralmente lo spazio in un caleidoscopio di suggestioni e stimoli.”

Punto di partenza del progetto espositivo, infatti, è il dipinto La cara Betty (1909) di Umberto Boccioni esposto nelle sale della Collezione Permanente della GAMeC, che ritrae l'amata cagnolina dell’artista accucciata su un sofà. Il soggetto e lo stile del ritratto appartengono a una sensibilità lontana dai dettami del coevo Manifesto del Futurismo, e aprono uno spiraglio su un lato di Boccioni trascurato e diverso da quello storicizzato ufficialmente dalla storia dell'arte.

Traendo spunto dalle teorie filosofiche che vedono nella co-evoluzione tra umani e animali un esempio per ripensare la nostra azione nelle tecno-culture contemporanee, la mostra Dear Betty: run fast, bite hard! è l'arbitraria ricostruzione, nello Spazio Caleidoscopio della GAMeC, dell'ipotetico rapporto tra Umberto Boccioni e il suo cane. Le voci dei due personaggi si alternano e si sovrappongono in una installazione video temporizzata, che costruisce un complesso organismo cinematico, un cervello quasi autonomo che tocca un punto di singolarità, ovvero quel momento in cui l'intelligenza artificiale supera la capacità dell'uomo – così che animale, umano e tecnologico si fondono in un tecnoanimismo inconscio e immersivo.
"Run fast, bite hard" (corri veloce, mordi forte), pur sembrando una proposta in pieno stile futurista, è infatti l'incitazione che Donna Haraway, celebre filosofa legata alle tecnoscienze contemporanee e alle teorie cyber-femministe, prende in prestito dallo sport canino Schutzhund come nuovo slogan per vivere sull'orlo della guerra globale: la proposta è di guardare all'intra-azione di uomini e cani come un manifesto etico e politico per ripensare il rapporto tra cultura e natura, tecnica e animalità, potere dominante e "significant otherness".
Il progetto si compone di 10 opere video che propongono narrazioni dialettiche, viziate dall'esasperazione di cliché storico-politici di genere e specie, ma pronte a sradicare gli ecosistemi in cui questi si sono evoluti, a partire dal Futurismo per arrivare alle nuove forme di colonialismo. I traguardi e le contraddizioni di queste narrazioni si intrecciano e confondono, oltrepassando il mito della supremazia culturale quanto i dettami del riduzionismo biologico, alla ricerca di un'alleanza e di una strategia di resistenza tra le specie escluse dalla tecnocultura dominante.

Queste le opere video in mostra:

Ivan Argote
Two 50 years old white males having emotions, 2013
In Two 50 years old white males having emotions la camera si muove lentamente intorno a due uomini, entrambi bianchi e sulla cinquantina, che si abbracciano. I due personaggi, esponenti di una categoria di individui generalmente associata al possesso di potere, cambiano in continuazione il loro stato emotivo, mostrando fragilità e incostanza. Il dramma tra i due uomini diventa allegoria della debolezza insita nella supremazia del potere Occidentale, e della limitatezza degli stereotipi che esso propone.

BFFA3AE
Uh Duh Yeah, 2010, 2011, 2012, 2014
Uh Duh Yeah è una compilation annuale di video da karaoke, composta da tutti quei i momenti delle canzoni pop in cui non vi sono frasi compiute, ma solo un suono o un verso del cantante. La sintassi disarticolata che ne consegue è la colonna sonora dell'intera mostra: un intonarumori di memoria futurista che si nutre dei suoni su banda larga della cultura pop contemporanea.

Adam Cruces
Shane (After Jack Goldstein), 2009
Lo storico video Shane di Jack Goldstein (1975), in cui un pastore tedesco abbaia in camera per cinque minuti, viene modificato da una sorta di "glitch" digitale imposto dall'artista. L'effetto è la trasformazione del verso emesso dal cane in un suono sintetizzato e violento, una parodia del video originale e un disturbo auditivo.

Tracey Emin
No Love You'Re Not Alone, 2009
L'artista è nuda nel suo studio e abbraccia il suo gatto sulle note di No Love You'Re Not Alone di David Bowie, circondata da una serie di mobili di modernariato che fungono da scenografia del momento struggente.

Yulan Grant
WE BEEN HERE - STORM, 2015
Il video è composto da montaggi di registrazioni da telegiornali e torri di controllo di eventi atmosferici catastrofici già avvenuti. L'artista tenta di costruire un immaginario simbolico condiviso e disincantato verso la rappresentazione del disastro ambientale, in sostituzione alla paranoia apocalittica da disaster-movie: per Yulan Grant la forza distruttiva della natura, e con essa l'apocalisse, devono venire accolte a braccia aperte dall'uomo dell'antropocene.

Tue Greenfort con Lisa Rave
Horseshoe Crab Companion Species, 2013
Un montaggio da video di youtube esplora la co-evoluzione della razza umana e degli "horsehshoe crabs", una tipologia di Limulidae. Le Limulidae sono granchi considerati dei "fossili viventi", per la loro origine preistorica e per il loro aspetto mitico, simbolicamente legato alla corazza solidissima e alla particolarità di avere il sangue blu. A partire dagli anni Quaranta, questa specie di granchi viene utilizzata nella ricerca medica per testare prodotti farmaceutici, proprio grazie alla particolarità del loro plasma.

Conall McAteer
I Couldn't Help But Wonder, 2014
Ognuno dei 94 episodi della serie HBO Sex and the City termina con una riflessione, sotto forma di domanda, posta dalla protagonista Carrie Bradshaw allo spettatore, attraverso l'escamotage della scrittura di un testo al computer. Quasi sempre le riflessioni sono legate alla costruzione di uno scenario alternativo alla puntata trascorsa, un "come sarebbe andata se" teso a riflettere sui cliché dei rapporti tra uomo e donna. Tutti i "Couldn't help but wonder" di Carrie Bradshaw, che finiscono regolarmente per replicare i meccanismi stereotipati della suddetta relazione uomo-donna, vengono compressi digitalmente da Conall McAteer in un video che funge da premessa auto-ironica all'intera mostra.

Tracey Moffatt
Other, 2009
Other è un montaggio serrato di scene prese da film Hollywoodiani e programmi TV, che descrivono il momento dell'incontro tra Occidente e popoli e nazioni diverse. Il video traccia una possibile storia della rappresentazione mainstream del "diverso" negli ultimi sessant'anni di storia del cinema, rivelando con ironia e intelligenza i rapporti intricati tra potere, norme culturali, trasgressione e desiderio.

Tabita Rezaire
ASS 4 SALE, 2015
Tabita Rezaire lavora con la produzione di immagini su schermo come una piattaforma per la decolonizzazione del cyberspazio. In ASS 4 SALE l'artista costruisce la genealogia del fenomeno del "twerking", a partire dalla riappropriazione occidentale di una pratica tribale, fino alla definizione di una narrazione alternativa, basata su un'estetica e politica di resistenza all'egemonia del potere nelle interfacce digitali.

Franco Vaccari
I Cani Lenti, 1971
Protagonista de I Cani Lenti è il rapporto tra la camera (l'occhio meccanico) e i cani randagi osservati, filmati in slow-motion per ovviare all'impossibilità dell'uomo di controllare pienamente la macchina che usa nel momento della ripresa. Di lì a poco Vaccari teorizzerà l'inconscio tecnologico, l'idea secondo cui l'occhio della cinepresa ha una volontà indipendente e dimostra facoltà che vanno oltre alla capacità umana di vedere: l'inconscio che viene registrato nel prodotto finito è quello del mezzo, quindi "non è importante che il fotografo sappia vedere, perché la macchina fotografica vede per lui".