Delle Foreste e Delle Acque
Nell’estate/autunno 2023, lo Spazio di Casso al Vajont ospiterà due esposizioni, diverse e legate dal tema-guida, Delle Foreste e delle Acque.
Comunicato stampa
Delle Foreste e Delle Acque
Nuovo Spazio di Casso
5 agosto - 31 dicembre 2023
un apparato analitico e poietico di Dolomiti Contemporanee
su alcune trasformazioni auspicate, e in atto, del territorio dolomitico
Inaugurazione delle mostre: sabato 5 agosto, ore 18:00
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Le mostre:
Neoformazioni forestetiche
una collettiva d’arte contemporanea
a cura di Gianluca D’Incà Levis
La Foresta Critica (Rinnovazione Radicale)
una serie di progetti trasformativi per il territorio
a cura di G. D’Incà Levis, A. Di Raimo, T. De Toni, S. Collarin, G. Barrera
in collaborazione con: Portsmouth School of Architecture – University of Portsmouth, Università degli Studi di Padova, Scuola di fotografia Bauer di Milano, AFOL Metropolitana.
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Orari di mostra:
agosto: aperto dal martedì alla domenica, in orario 10:00/12:30 e 14:00/18:30
settembre: aperto dal mercoledì alla domenica, in orario 10:00/12:30 e 14:00/18:30
da ottobre a dicembre: aperto nei finsettimana quando segnalato, e su appuntamento
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Casso 2023
Nell'estate/autunno 2023, lo Spazio di Casso al Vajont ospiterà due esposizioni, diverse e legate dal tema-guida, Delle Foreste e delle Acque.
La mostra d'arte contemporanea, Neoformazioni forestetiche, sarà ospitata ai due piani superiori, e vedrà una ventina di artisti cimentarsi con i temi proposti attraverso i medium propri del contemporaneo (pittura, scultura, installazione, video).
La ricerca sviluppata sul territorio con le Università e le altre Scuole, troverà posto invece ai due livelli inferiori dello Spazio espositivo, e sarà divisa in diverse sottosezioni.
Titolo di questa mostra: La Foresta Critica (Rinnovazione Radicale), che a sua volta include due esposizioni: La Foresta Aliena (Alien Forest) e Anatomia e dinamica di un territorio.
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La mostra d’arte contemporanea:
Neoformazioni forestetiche
una collettiva di Dolomiti Contemporanee
a cura di G. D’Incà Levis
Nuovo Spazio di Casso
5 agosto – 31 dicembre 2023
Inaugurazione: sabato 29 luglio, ore 18.00
Artisti in mostra: Marta Allegri, Ariele Bacchetti, Lorenzo Barbasetti di Prun (Prometheus Open Food Lab), Giorgio Barrera, Nuvola Camera, Fabiano De Martin Topranin, Nicola Facchini, Silvia Listorti, Corinne Mazzoli, Vanja Mervič, Francesco Ronchi, Caterina Erica Shanta, Alan Silvestri, Silvia Vendramel, Xueqing Zhu
Grande tavola delle Foreste e delle Acque: Ariele Bacchetti, Luisa Badino, Mattia Barbieri, Giulia Maria Belli, Giorgia Cereda, Nicola Facchini, Riccardo Giacomini, Silvia Giordani, Anna Marzuttini, Marco Mastropieri, Sebastiano Pallavisini, Filippo Rizzonelli, Alan Silvestri, Riccardo Vicentini (schiera aperta)
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Una selezione di oltre venti artisti viene allestita ai due piani alti del Nuovo Spazio di Casso. I temi della foresta e delle acque vengono trattati attraverso la pittura, la scultura, l'installazione, il video.
Tutto un ruscellare tra le colonne tonde a cemento, intercettiamo una piccola perdita che scende nello Spazio dalla copertura piana, quella goccia sulla gomma nera a terra si imprime la schiaccia quella suola d’insetto.
Concetto di mostra:
Per noi, si può dire, Dio non è il passato. In ciò dissentiamo da Kien (Die Blendung). Ma la foresta di libri (…) ci interessa, eccome se ci interessa.
Se c’è una Foresta, ma nessuna testa vi si insinua la osserva, la Foresta basta a sè stessa: nella maestosa sua proliferazione s’incute egoista.
Non è questo un solipsismo: è l’esserci della testa, eretta più d’un tronco e levata oltre alle chiome.
Non si tratta di voler sempre viventi i pilastri. Bisogna riconoscere (e negare) i Templi Incistati; bisogna riconoscere, e far correre, i Tempi, senza fissarli.
I sonetti, le quartine: poi le solfe dei rimandi, se non sgrondi, stai calcando.
Chi coltiva la Foresta, perchè? Non colui che, come un fedele, o un fuggitivo, fa del bosco una Chiesa, lo elegge per dirci messa, ossequiarne il fresco, il germoglio e le gran nubi di pollini, la pace frusciata, i sussurri stormiti, etcetera, dall’esterno, silente spettatore, gli ammaliati in processione, del pic-nic olistico, che abbracciano i fusti, nella disperazione oppositiva, di una pacificazione antagonista? Ma l’unica cosa a cui opporsi è la coltivazione del bosco, che genera le corrispondenze a filare, nell’aiuola libertaria, e così via.
Ma poi arriva un altro che sa del bosco, ed anche lui lo conosce, ed è per questo che ne taglia. Gli odori e i rumori del taglio, le colonne che tonfano, i rocchi che muschiano, il marcio nei cavi.
Quell’altro, pregante nel bosco, è preso dallo spettacolo, concupito, e, opacizzato dagli urti della sensibilità schematica, soffre dei tagli. Spesso ripete d’esser nel Sacro. Un recinto, invece di un campo infilzato delle proiezioni ascendenti in lapillo. Si segna e bisbiglia.
Che vetusto non sia mai, salvo che nella tutela, ma noi della tutela siamo la miccia, che vetusto non sia mai e solo l’apologia del peso del corpo vecchio, venga dell’altro a ristrutturarli, i corpi; larici che salgono in processione, lembi di nevi portati nello spazio dai crochi-missile, e così via.
Anche noi apriamo cuori e polmoni nella foresta dei fusti, sotto alle onde di chioma fluenti, corriamo selvaggi coi piedi nell’umido, zitti o gridati, gli spezzi svettati.
Occorrono oppur no, questi giardinieri, coltivatori, floricoltori? Occorrono se curano, portano colpa se pettinano.
Nel frattempo, scrosci e scioglimenti, manti percolanti, torrenti rigoglianti, affogano le superfici, rimescolandole. Niente cartelli pei bagni. Mentre ogni giorno mondiamo uno specchio cogli odori ardenti, sfrigando.
Insomma, le nuove formazioni, han da esser critiche. Le estetiche delle Foreste, degli ambienti della montagna: devono essere scosse, altrimenti i pollini non viaggiano lo spazio. Le estetiche van tagliate, devi sapere come dare un taglio, alla prospettiva, con la scure, che è scilta nel pensiero.
Tempo fa, ne La Testata, definimmo DC come una pratica di Mountain Gardening. La Testata è una Rivista DC, e ora la rifacciamo, un foglio periodico a diffiusione entropica che si occupa di arrampicata cerebrale e giardinaggio culturale dei paesaggi verticali.
Proprio noi, proprio quelli che vogliono ardere ogni stelo retorico, perchè, non paghi di natura (nessuno ti deve pagare; nessuno ti può premiare), intendiamo convivere, e questo è un contesto contrasto, un guerreggiare (lo stereotipo).
Capito che ironia?
Conosciamo molto bene Bouvard e Pecuchet, le fregole e le mene degli uomini che vorrebbero inoltrarsi (ma lo possono?) nelle cose, per intenderle, come in Ambiente; tutti gli ossessivi Dizionari turistici dei Luoghi Comuni legati alla montagna e alla sua natura asfissiata, ed anche quei falsi lettori di Emerson e Thoreau e Muir, che dalle querce traggono solo i lingotti enfatici delle linfe disseccate, per posarli poi su una mensola sopra al camino, prigionando la sensazione verde sgusciante in un’ambra in teca.
Le Foreste come battaglie? Tranchi e pali, battaglie fitte e gran torsioni, festoni di parassiti infestanti e botri paludosi, tra gli schianti fondi, gorgoglio delle acque e dei venti, le masse scosse dai venti.
Il Giardinaggio come cura trasformativa invece, lo coviamo eccome. Sugli Scarpet, queste calzature cucite ai luoghi nella storia pei tralci, viene, deve venire, una nuova messe di fiori e fiamme, un programma di Botanica Fantastica, di Riflorazione non replicativa, fiori come draghi? Nessun ricamo e le vampe. Per camminare davvero, e non in una memore parodia, che quello, in realtà, è un esser camminati.
Una Testa senza mondo: è quel che serve per preparare una Foresta Critica, che sia mai Automatica, Agonica.
Un Mondo senza testa: se ne esce, vi si entra, pianti gli alberi della Foresta Encefalica nella logistica d’esistenza, per contrastarne il biologismo. Qui il bostrico non può più attecchire, il paesaggio è disteso e corre, si apre, converge.
Il Mondo nella Testa: non per tornare, sempre che sgorghi, radicazioni radicali, mica uno spurgo dell’uno.
Cosa intendiamo per Foresta?
Un ritmo diverso da quello di un cimitero di lapidi.
Fusti e tronchi scotono e stanno, vivi senza posa.
Ma alcuni alberi, nel Vajont, quella notte, vennero giù, clinarono e giacquero. Poi dopo anni, anni mai del tutto trascorsi, ridrizzandosi, presero a storcere non poco in retorica. Torciglione. La retorica è un flusso vano, banale quanto un proverbio. Linfa che ristagna nelle ceppaie della storia murata, capo vacuo, le eloquenze svettate.
Le foreste vetuste nelle foreste contemporanee, vogliamo mettere: per tenere la radice: niente parchi tematici, sull’intavolare i temi non siamo parchi.
Alcuni lavori presenti in mostra si originano da Tempesta Vaia, l'evento distruttivo che ad ottobre 2018 colpì il Nord Est, impattando gravemente sul territorio dolomitico. Nessun evento violento è cancellativo. Sempre trasformativo. Su tempesta Vaia, nel 2018, DC ha attivato il progetto di ricerca Cantieredivaia. Artisti, scienziati e tecnici forestali, ecologi, han lavorato e lavorano insieme, per trattare i temi connessi all’evento, per approfondirli; per sviluppare su di essi pratiche e riflessioni e forme approfondite.
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La formazione e il territorio in mostra, con le Università e gli Istituti della ricerca:
La Foresta Critica (Rinnovazione Radicale)
una serie di progetti trasformativi per il territorio
a cura di Gianluca D’Incà Levis, Antonino Di Raimo, Teresa De Toni, Stefano Collarin, Giorgio Barrera
in collaborazione con: Portsmouth School of Architecture – University of Portsmouth, Università degli Studi di Padova, Scuola di fotografia Bauer di Milano, AFOL Metropolitana.
Nuovo Spazio di Casso
5 agosto – 31 dicembre 2023
Inaugurazione: sabato 29 luglio, ore 18.00
Portare gli artisti, portare le Università ed i progetti nel Vajont: cosa significa?
Significa quel che diciamo e ribadiamo dal 2012 (qui un testo che spiega l'approccio, il pensiero, la pratica), quando abbiamo lanciato il nostro ciclo di ricerca e sommovimento in quest'area, creando lo Spazio di Casso nelle ex scuole del paese. Lo Spazio di Casso non è un Museo. E’ un Centro-motore per la Cultura Contemporanea della Montagna e del Paesaggio, e un presidio attivatore nel Vajont: che ha bisogno di pulsazioni vitali.
Sin da allora, abbiamo proposto un approccio non commemorativo, e invece un lavoro che, attraverso immagini rinnovative e nuovi progetti, si rifiuta di intendere il Vajont come la lapide di sè stesso.
In tal senso, il lavoro con le Università e gli altri Istituti è essenziale.
Le sottosezioni principali de La Foresta Critica saranno due:
Il Bosco Vecchio > Foresta Aliena (Alien Forest)
Dove > sta per trasforma.
Questa parte della mostra si realizza in collaborazione con la Portsmouth School of Architecture – University of Portsmouth (GB), e viene curata insieme ad Antonino di Raimo, Reader in Architecture.
La seconda sezione sarà dedicata ad Anatomia e Dinamica di un Territorio, un progetto pluriennale legato a Milano-Cortina 2026, che sviluppiamo insieme alla Scuola di Fotografia Bauer di Milano, ad AFOL Metropolitana e all’Università degli Studi di Padova (Dipartimento Tesaf). Anche questo lavoro ci offre la rappresentazione di una trasformazione ingente di un territorio, e del suo monitoraggio critico, svolto attraverso il medium fotografico. Questa sezione sarà curata insieme a Teresa De Toni, Stefano Collarin, ed a Giorgio Barrera, docente Bauer che fu già in mostra a Casso nel 2019, con Invisibile, un lavoro video imperniato su Tempesta Vaia, che viene qui riproposto, e che allora era inserito nella mostra Fibra Flessa.
Le due sezioni daranno ragione di alcune delle ricerche avviate da DC sul territorio da alcuni anni a questa parte, nell'esplorazione critica del paesaggio e delle sue trasformazioni, auspicate o in atto, e sempre nella chiave di una sua lettura proiettiva, rinnovativa.
I progetti con l'Università di Architettura di Portsmouth che trovano posto ne La Foresta Aliena ci mostrano come uno dei “resti della tragedia”, il Bosco Vecchio, possa venire inteso non esclusivamente come una memoria fossile, immobile, ma invece come un cantiere dell'uomo, luogo del pensiero, dell'azione, della proiezione, del progetto appunto, e della trasformazione: immaginifica e progettuale.
Ecco che, con la Foresta Aliena, gli elementi del territorio, quelli che vengono dalla natura, come la copertura vegetale, i funghi, la geologia, divengono gli elementi fondativi, le unità minime, ecologiche e di senso, attraverso cui organizzare la reazione dell'uomo all'ambiente. Gli elementi del Vajont vengono ripresi, analizzati a fondo, nella natura e nella forma, e divengono gli atomi di una ricostruzione significativa, di una proiezione suggeritiva, insieme agli strumenti del progetto stesso, la tecnologia applicata, l'immaginazione concentrata nelle nuove architetture organiche, e così via.
Da quattro anni, lavoriamo con l'Università di Architettura di Portsmouth (GB). In particolare con i docenti Antonino Di Raimo, Reader in Architecture, e con Simone Sfriso e Alessandro Melis (entrambi curatori del Padiglione Italia delle edizioni 2016 e 2021 della Biennale di Architettura di Venezia). Alcuni degli esiti di questo lavoro sono già stati presentati alla Biennale (Arcipelago Italia, 2018; Comunità Resilienti, 2021).
Un gruppo di studenti di Master degli Studios di Portsmouth (Thesis Preparation, Thesis Design, Integration Of Transdisciplinary Experiences), ha sviluppato i propri progetti su alcuni dei siti alla cui rigenerazione DC lavora da anni. Tra questi, il Vajont in primis, ma anche il Villaggio Eni di Corte di Cadore, il Trampolino Italia di Zuel, l'area di Arabba.
Sono una ventina i progetti d’architettura organica sviluppati da Portsmouth nell’area del Vajont tra 2020 e 2023: questi progetti saranno allestiti in mostra, nella sezione dedicata (Il Bosco Utopico/Alien Forest).
Questa collaborazione internazionale è decisamente significativa. Dopo i giovani artisti, venuti da tutto il mondo con il Concorso Internazionale Two Calls for Vajont, anche i giovani architetti sono atterrati sul pianeta-Vajont, l’hanno studiato a fondo, e l’hanno popolato di immagini e progetti vivificanti, intelligenti, assai accurati. Non è possibile infatti, riteniamo noi, vivere ed agire in questo luogo tanto complesso, esclusivamente attraverso le logiche commemorative. Le idee e le forme, sempre devono venire. Il Vajont, per noi, è un cantiere in divenire.
Il 9 ottobre del 1963, una zolla del Monte Toc, precipitando, si ricollocò intatta ai piedi del monte, ribaltata di 90 gradi. Gli alberi quindi, da allora, non tendevano più al cielo: in virtù di questa inclinazione, essi hanno continuato a vivere, ma i loro fusti da allora giacciono orizzontali. Il Bosco Vecchio è divenuto un bosco orizzontale. Ancora oggi, dopo 50 anni, passeggiare in questo bosco è come immergersi in un paesaggio alieno, fatto di geometrie arboree all'apparenza impossibili. Ci sono alberi che curvano, tornano indietro: e alberi che hanno sviluppato protuberanze "muscolari" per reggere il peso delle loro piante figlie.
Gli studenti del Master di Portsmouth hanno trasformato il Bosco Vecchio nel Bosco Utopico della Foresta Aliena, alimentandolo con una serie di progetti significativi e ricchissimi, che torneranno posto in mostra, in un allestimento misurato. L’interaction design, l’architettura parametrica, la stampa 3D di modelli di progetto, saranno parte dell’esposizione.
L'altro progetto di rilievo, legato al territori e al grande tema di Milano-Cortina 2026, che presenteremo in mostra, e che completerà l'esposizione ai due livelli inferiori dello Spazio di Casso, è Anatomia Dinamica di un Territorio.
Anatomia e dinamica di un territorio è un progetto critico, di lettura e documentazione fotografica della Valle del Boite e delle aree limitrofe interessate alla trasformazione del territorio in relazione all’Olimpiade Milano-Cortina 2026, tra Belluno e il Cadore. La ricerca si è espansa a Milano, e si svilupperà in altre aree dolomitiche.
L'Olimpiade invernale del 2026, ci par chiaro, non è un evento che riguardi esclusivamente Cortina d'Ampezzo: riguarda l'Italia, e, per noi in particolare, la montagna dolomitica. E' un ottimo “cantiere” questo, che va monitorato con attenzione, e nel quale l'uomo dovrà dimostrare, se ne sarà capace, la sua intelligenza rispetto al territorio e alle sue necessità, favorendone lo sviluppo.
Attraverso la fotografia dunque, Anatomia Dinamica di un Territorio, progetto ideato da Giorgio Barrera, produce una sorta di sovraimmagine multipla, mappando le trasformazioni in seno al territorio, e rapprentandole.
Un Archivio fotografico, che già dopo le sole prime tre edizioni ha consentito di raccogliere decine di migliaia di scatti, alle strade e alle persone, al paesaggio e alle opere nel paesaggio, elle architetture e alle comunità.
Una selezione di queste immagini troverà posto in mostra, accanto alle edizioni realizzate, e ad una serie di contenuti specificatamente legati a sottotemi significativi (le strutture dell'Olimpiade del 1956; Tempesta Vaia e le Foreste Schiantate; i laghi e i legni).
Il programma si realizza grazie ad un accordo tra la Scuola di Fotografia Bauer di Milano, l’Università di Padova (Dipartimento Tesaf), alcuni Comuni del Cadore e Dolomiti Contemporanee.
Esso prevede che, a partire dal 2020 e fino al 2026, gli studenti del CFP Bauer di Milano, insieme al loro docente di fotografia, il prof. Giorgio Barrera, si muovano alla scoperta del territorio nell’intento di monitorare e raccontare la realizzazione delle opere dell’infrastruttura stradale e, ben più in generale, per documentare i processi che, a livello ambientale e paesaggistico, sociale ed antropico, queste opere innescheranno in seno ai paesi e alle comunità locali.
Il lavoro realizzato dagli studenti della scuola Bauer di Milano è stato selezionato e nel 2021 è stato pubblicato con l’Editrice Quinlan l’omonimo libro.
Diversi degli studenti di Anatomia e Dinamica di un Territorio hanno potuto entrare a contatto con l’area del Vajont, iniziando ad analizzarla, anche grazie alla Residenza, che consente la permananza e lo studio del territorio. L’idea è quella di estendere anche a questi territori, attraverso periodi di Residenza, una parte della ricerca del Bauer.
Altri inserimenti ne La Foresta Critica, riguarderanno proprio Tempesta Vaia e cantieredivaia (cantieredivaia è un progetto direttamente connesso all’evento dell’ottobre distruttivo del 2018, che DC sviluppa da allora, sempre coniugando la ricerca artistica a quella scientifica), e le Foreste Vetuste, che sono il tema del Corso di Cultura in Ecologia 2023 del Centro Studi per l’Ambiente Alpino di San Vito di Cadore, a cui DC collabora attivamente da alcuni anni, oltre ad alcuni contenuti fotografici nei quali si tratta il tema dell’acqua.
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Tutto a rovescio, Prodromo. le attività svolte a Casso a giugno, che tornano:
Le attività a Casso, badaben, sono iniziate già ai primi di giugno.
Silvia Vendramel, artista trevigiana basata a Nizza, ha avviato uno studio nello Spazio di Casso, installando una serie di fusioni sperimentali in alluminio.
Il progetto si intitola Moving Streams.
Moving Streams è un progetto installativo destinato a luoghi caratterizzati dalla presenza dell’acqua. Il progetto ha preso forma durante la residenza Cartografia sensibile - CarsOmegna, sul lago d’Orta, territorio fortemente caratterizzato dalla presenza industriale grazie alle numerose fonti idriche presenti sul territorio: Lagostina, Bialetti, Faro, Alessi sono solo alcune delle realtà industriali di quella zona, ormai quasi tutte delocalizzate o fallite, a causa delle dinamiche economiche globali.
Moving Streams si è poi spostato nel Nuovo Spazio di Casso, altro luogo fortemente marcato dalla mala gestione delle risorse naturali. L’installazione è composta da una moltitudine di elementi metallici che, proprio come l’acqua, si modulano e adattano al territorio in cui si inseriscono; comparabili alle foglie per forma e leggerezza, caratterizzati da una memoria liquida dovuta al processo di fusione, questi scarti industriali in alluminio sono sbavature createsi intorno ad una parte sporgente e, nel sommarsi gli uni agli altri, rimandano ad un paesaggio urbanizzato lungo una sponda. […] Moving Streams è un progetto nomade/itinerante che interviene in luoghi fortemente caratterizzati dalla presenza dell’acqua, fonte di ispirazione e motore di azione e di osservazione delle dinamiche socio-culturali relative alla relazione uomo-ambiente.
Una parte del lavoro sviluppato a giugno con questo progetto, troverà posto nella mostra Neoformazioni forestetiche.
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Marta Allegri è artista e docente presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna.
Come artista, negli anni, ha già lavorato a più riprese a Casso, nello Spazio, sui muri della case del paese, insieme alle persone, portando alcuni lavori negli spazi comuni (il Bar K2, il piccolo alimentari da Teresa).
In questa occasione, dal 2 al 9 giugno, Allegri ha realizzato un workshop dal titolo Riparo, della durata di una settimana, con una decina di studenti del Corso di Scultura.
L'Accademia di Belle Arti di Bologna è partner del progetto.
Docente e studenti sono stati ospiti nella Residenza in Canonica, il cui uso ci viene sempre confermato da Don Augusto, che sempre ringraziamo.
Una Camera Oscura sperimentale è stata realizzata nello Spazio. Sono state portate alcune macchine fotografiche analogiche e l'attrezzatura per la stampa.
Dal concept di Allegri:
Possiamo riparare un oggetto per ripristinare la sua funzione originale utilizzando gli stessi materiali e le stesse tecniche costruttive, oppure la complessità di quest’azione ci porterà a comprendere il senso profondo e radicato nelle diverse situazioni, luoghi, circostanze. Il prefisso ri indica una ripetizione, ci conduce in una dimensione di tempo, ci interroga sulle possibilità di trasformazione di un oggetto per un suo riuso. Un’azione può essere umile, come negli stracci riparati raccolti nella collezione di Ettore Gualtelli, può essere invisibile, poiché una buona cura non lascia traccia, o spettacolare come una processione destinata a riparare una circostanza avversa.
Un riparo, è anche un tetto fatto di pochi elementi naturali, alberi e rami, che ci proteggono dal sole e dalla pioggia, ma il nostro è un tempo di migrazioni, tra andare e stare, il capovolgimento di un tetto caricato sulle spalle diventa l’immagine di un paio di ali, il riparo sicuro si fa più pesante, il desiderio di libertà, l’irrequietezza umana ci porta ad essere “uccelli migratori”.
Gli studenti hanno incontrato alcuni abitanti di Casso, stabilendo connessioni che sono poi entrate nei lavori di ognuno.
Tra le azioni sviluppate:
1 raccogliere; 2 imprimere; 3 stampare; 4 camminare; 5 costruire un archivio; 6 realizzare un erbario; 7 riparare.
Gli esiti della ricerca e del percorso di formazione, saranno poi raccolti in un archivio fotografico, in un'edizione (Erbario) e in una serie di opere plastiche.
Gli esiti della ricerca sono stati successivamente allestiti (20/24 giugno) in una mostra collettiva al DAS Centro Dispositivo Arti Sperimentali di Bologna, in occasione dell'OPENTOUR 2023, un grande evento artistico connesso alla formazione, organizzato dall’Accademia di Belle Arti e diffuso fra Gallerie e Spazi espositivi in tutta la città.
Il 24 giugno, all'interno della Corte del Terribilia dell'Accademia di Belle Arti di Bologna, sono stati assegnati il Premio della Critica, dei Collezionisti e degli Artisti. In questa occasione, tre dei giovani artisti di Riparo sono stati premiati:
Nicola Galli è risultato vincitore del Premio degli Artisti con l'opera video Impressione liquida.
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A dicembre 2022, Elena D'Arsiè, studentessa della Libera Università di Bolzano (Facoltà di Scienze della Formazione. Corso di laurea in Scienze della Comunicazione e Cultura), ha discusso la propria Tesi di Laurea, intitolata: Il paesaggio culturale: ri-esistenza e rigenerazione delle Dolomiti Contemporanee. Una ricerca sul campo nel Vajont.
La Tesi, molto accurata, ha coinvolto tutti gli abitanti di Casso. Elena ha potuto lavorare attraverso la Residenza, approfondendo la conoscenza delle persone. Sono emerse posizioni diverse: alcuni residenti apprezzano l'azione di DC. Altri no. Ritaniemo sempre interessanti, e vitali, i confronti, anche (e talvolta soprattutto) con chi assume una posizione critica.
La Tesi verrà presentata, ai cassani innnanzitutto, e al pubblico, nello Spazio di Casso, nel corso dell'estate/autunno 2023 (data da definirsi tra agosto e settembre), in una giornata aperta di incontri, all'interno dello Spazio di Casso e dell'esposizione ivi allestita.
Gli abitanti non saranno invitati ad ascoltare, ma ad esporsi in prima persona, ad interegire con Elena e con DC, in una logica di dialogo e confronto.
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Partner dell’iniziativa:
DB Group, Caffè Bristot, Speck Unterberger, Panifico Marcon, Vini Biasotto, Birra Dolomiti, tutta la rete DC
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Gli eventi proposti sono parte del programma dei Dolomiti Days 2023, iniziativa promossa dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, che si realizza in collaborazione con la Fondazione Dolomiti Unesco, la Magnifica Comunità di Montagna Dolomiti friulane Cavallo e Cansiglio, insieme al Comune di Erto e Casso