Dicò – Combustioni
La Sala del Giubileo del Complesso del Vittoriano – Ala Brasini di Roma ospita la mostra DICÓ | Combustioni: un’antologica dedicata a uno degli artisti più dirompenti e originali del panorama italiano e internazionale, che rappresenta a oggi una delle più innovative manifestazioni artistiche del Neo-Pop.
Comunicato stampa
Dall’8 giugno al 9 luglio 2017 la Sala del Giubileo del Complesso del Vittoriano – Ala Brasini di Roma ospita la mostra DICÓ | Combustioni: un’antologica dedicata ad uno degli artisti più dirompenti ed originali dal panorama italiano ed internazionale, che rappresenta ad oggi una delle più innovative manifestazioni artistiche del Neo-Pop.
A essere esposte saranno circa 40 opere, alcune delle quali presentate per la prima volta al pubblico che potrà immergersi in un originale universo espressivo che unisce gli echi di Warhol e Burri con la Street Art.
Come è ormai noto, infatti, Dicò avvolge i ritratti di personaggi famosi assurti a icone del proprio tempo e monumenti altrettanto iconici in una lastra di materiale plastico che viene poi bruciato e piegato, dando all’opera una nuova prospettiva. Come sottolinea il curatore Lamberto Petrecca, Dicò “utilizza i miti già ampiamente massificati dai media e li trasfigura rendendoli nuovamente unici grazie alla combustione...Dicò non fa quindi del fuoco un uso distruttivo e iconoclasta, ma un uso rivitalizzante e quasi grazioso”.
Queste “Combustioni” non possono non far pensare ad Alberto Burri, anche se Dicò, come ricorda ancora il curatore, “rende plastici e combusti personaggi veri e reali. È la vita stessa – attraverso i suoi esponenti più noti – che si deforma e trasmuta in altro. I ritratti di Dicò diventano così quasi primi piani cinematografici”.
Da Burri e Warhol, Dicò trae una sintesi rigeneratrice che gli consente di ridare una vita nuova ai miti contemporanei: da Marilyn alla Gioconda, da Gandhi a Fidel Castro, da Mohammad Alì a Gianni Agnelli.
“In fondo Dicò – ricorda Vittorio Sgarbi nel suo testo critico in catalogo – non fa né il Burri redivivo, né l’erede della Pop Art, anche se entrambe le esperienze lo hanno ampiamente ispirato”, la sua, prosegue il critico , è “una concezione pragmatica dell’arte, per cui quello che conta è l’oggetto che riesci a elaborare, non ciò che agiti intorno ad esso”.