Displacement Reactions
Il progetto intende volgere lo sguardo verso quegli immaginari visivi che hanno iniziato ad indagare dinamiche identitarie in terre di confine.
Comunicato stampa
Dopo la pausa estiva, l’attività espositiva dello spazio Di.st.urb. riprende domenica 29 settembre alle ore 19:00, con una collettiva a cura di Eugenia Delfini (Sottobosco).
Il progetto intende volgere lo sguardo verso quegli immaginari visivi che hanno iniziato ad indagare dinamiche identitarie in terre di confine.
Sono diverse le riflessioni affrontate dalle ricerche in mostra: dal concetto di identità “delocalizzata” al sentimento di appartenenza territoriale, dal tema delle “travelling cultures” al rapporto uomo-paesaggio, dall’idea che si ha del confine quale linea di demarcazione tra il dentro e il fuori, fra il Noi e il Loro, alla riflessione a proposito dell’accrescere di condizioni esistenziali “singolari-plurali”.
Il titolo della mostra Displacement Reactions nasce a partire da ciò che accomuna tutti e quattro i lavori esposti: l’indagine a proposito delle reazioni allo spostamento umano attraverso i territori e l’osservazione delle trasformazioni che stanno investendo la costruzione delle identità, sempre meno legate ad un territorio di appartenenza e più vicine ad un universo simbolico che le determina come interstiziali, meticce e frontaliere. Dall’altra parte il titolo fa anche riferimento alla trasformazione chimica detta “reazione di spostamento semplice” tra un elemento più reattivo e uno meno reattivo, reazione che porta alla liberazione dell’elemento meno reattivo e alla formazione di un nuovo composto: una suggestione che ricorda come questo processo legato alla transizione di “corpi” sia osservabile anche in altri sistemi come quello microscopico dei composti materici.
È sui confini che le soggettività cercano spazi di erranza e di fuga, coabitano, transitano e si ibridano ed è proprio a partire dalla raccolta di materiali inerenti identità “deterritorializzate” che le ricerche in mostra prefigurano e iniziano un dialogo con l’osservatore e la realtà.
Immaginari di Confine, l’installazione a tre canali video di Fanizza e Kunkl, apre il dibattito intorno al concetto di “Fortezza Europa” attraverso le testimonianze degli abitanti locali e non, delle isole di frontiera di Ceuta, Lesbo e Lampedusa; le due stampe fotografiche di Nicola Nunziata che fissano i due momenti temporali dell'installazione Ibis Redibis, realizzata al porto vecchio di Bari nel 2011, prefigurano un processo di transizione introducendo la riflessione sul migrare secondo una visione sia esistenziale che politica; Parallel, la pubblicazione di Cavarzan e Racco, è il primo libro di una serie nato con l’intenzione di raccogliere testimonianze, scritti e immagini che riflettono sugli aspetti legati al transito simultaneo degli individui tra e sui territori; infine Transitando, il ritratto documentario di Degiorgis, svolto in Alto Adige-Südtirol, indaga le contaminazioni e le contraddizioni culturali di un territorio di frontiera.
Un’arte che assomiglia sempre più alla vita vuole rendere il senso del processo anziché il prodotto e, sperimentando il dilatare dei confini naturali dell’operare culturale, comprovare la sua esistenza stessa: un’attività situazionale che vuole essere tante cose insieme. (Eugenia Delfini)
Di.st.urb. (Distretto di studi e relazioni urbane/in tempo di crisi), spazio dedicato alle arti visive annesso al circolo culturale Ferro3, si pone l’obbiettivo di attirare ed aggregare un ampio e diversificato gruppo, costantemente in fieri, di artisti, di critici e curatori, nonché di intellettuali afferenti ad altri ambiti e discipline interessati al confronto con i linguaggi dell’arte, adottando una prospettiva globale, ma prestando la massima attenzione anche al territorio. Prima ancora che area espositiva, funzione che pure gli è assolutamente propria, esso va dunque inteso come un cantiere in cui soggettività differenti per formazione e vocazione concorrono nell’articolazione di un discorso sempre suscettibile di nuovi apporti e sconfinamenti, ma anche costantemente fedele a due linee-guida ben definite. Esse sono sintetizzabili nei termini di un’arte come esercizio di strenua messa in questione della sua stessa natura, nonché come pratica votata al continuo confronto con la dimensione socio-politica, il che, allo stato attuale, si traduce inevitabilmente nell’intreccio con i nodi costituiti dai molteplici volti - economico, ecologico, politico, sociale - della crisi mondiale in corso, che è in definitiva crisi irreversibile dei paradigmi sui quali da oltre due secoli si fonda la civiltà occidentale.