Domenico Mangano – Fit
Una mostra personale che documenta il recente passaggio dell’artista dalla Sicilia all’Olanda attraverso una serie di lavori che riflettono sul tema dell’adattamento/adeguamento. Prendendo spunto da uno scatto realizzato nel 2010 nel suo paese d’origine, Termini Imerese, vicino Palermo, in cui compare il logo della Fiat, incidentalmente privo della lettera A, Domenico Mangano compie una riflessione a tutto campo sull’idea di cambiamento forzato che costringe, appunto, ad un ‘adattamento’, traduzione letterale del sostantivo inglese fit.
Comunicato stampa
Domenico Mangano (Palermo, 1976), dopo l’esordio torinese nella collettiva Exit del 2002 presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, a cura di Francesco Bonami ed una personale due anni dopo, presso la galleria Alberto Peola, a cura di Marcello Smarrelli, torna presso il Velan Center di Torino con FIT, una mostra personale che documenta il recente passaggio dell’artista dalla Sicilia all’Olanda attraverso una serie di lavori che riflettono sul tema dell’adattamento/adeguamento. Prendendo spunto da uno scatto realizzato nel 2010 nel suo paese d’origine, Termini Imerese, vicino Palermo, in cui compare il logo della Fiat, incidentalmente privo della lettera A, Domenico Mangano compie una riflessione a tutto campo sull’idea di cambiamento forzato che costringe, appunto, ad un ‘adattamento’, traduzione letterale del sostantivo inglese fit.
Lo stabilimento Fiat sorse a Termini Imerese nel 1970 grazie ad un contributo della Regione Siciliana, erogato alla casa automobilistica torinese, per ottenerne l’insediamento nel territorio. Negli anni Ottanta gli addetti allo stabilimento erano 3200 addetti, poi dimezzati dagli anni Novanta fino ad oggi, in seguito a successive riorganizzazioni aziendali. Lo stabilimento Fiat di Termini, considerato economicamente poco competitivo, poiché i pezzi per produrre le auto arrivano dal Nord Italia facendo così lievitare i costi di produzione, attualmente è inserito tra gli stabilimenti da chiudere. Io con quella fabbrica ci sono cresciuto – ha spiegato l’artista. In particolare ricordo la costruzione di una superstrada che portava direttamente allo stabilimento. Quella superstrada fu costruita dove c'erano un lungomare e le barche dei pescatori locali. Dalle memorie dei miei genitori e dagli abitanti del paese so che i terreni dove sorse la fabbrica originariamente erano carciofeti ed agrumeti. Da lì il passaggio socioculturale da contadini ad operai che condizionò l'intera comunità. Dal generale al personale e viceversa, in una osmosi continua, com’è nelle corde della ricerca di Domenico Mangano, la mostra, a partire dalla piccola immagine di FIT, parla di adattamento/adeguamento sociale, culturale e linguistico, analizzato attraverso la costante lente del paradosso.
L’ ironico e paradossale legame tra la Sicilia delle origini e l’Olanda della quotidianità di Mangano, che attualmente vive ad Amsterdam, viene stabilito da Nederlands op straat (2012). Giocando sugli stereotipi di entrambi i luoghi, Domenico Mangano li mette in cortocircuito immaginando un corso di olandese accelerato per aspiranti spacciatori di droga. Il risultato è una divertente interpretazione verbale dell’artista in cui, nella successione delle incomprensibili parole olandesi, si riconosco parole tipiche di un certo gergo malavitoso, frammiste ad altre che all’estero rappresentano l’italianità per antonomasia come pizza e mozzarella. E’ importante sottolineare - precisa l’artista - che si tratta di tutte frasi note, prese dalle reali intercettazioni fatte da polizia e carabinieri dagli anni Ottanta ad oggi.
Con Un giuramento sigillato con il burro è un giuramento che si dimentica presto (2010), rimanendo sul piano della riflessione socio - linguistica, Domenico Mangano ha analizzato e liberamente interpretato una serie di proverbi olandesi che, coerentemente con la tradizione alimentare dei Paesi Bassi, hanno per protagonista assoluto il burro. Otto espressioni, che ad un non olandese evidentemente suonano piuttosto criptiche, che traducono attitudini e comportamenti, attraverso l’evocazione diretta della parola burro. Utilizzando la carta originale usata in Italia negli anni Cinquanta per conservare il burro dall’Ente Comunale di Consumo di Roma, Domenico Mangano interpreta, graficamente e pittoricamente, otto proverbi olandesi sul burro, in una sintesi, tutta personale, tra certa italianità e olandesità. Anche in questo caso si può parlare di ‘adattamento’. Trattasi tuttavia di un adattamento visivo morbido, sicuramente meno traumatico di quello sottinteso dall’immagine di FIT e meno grottesco di quello generato dall’audio di Nederlands op straat.
Il video War Game (2012), realizzato appositamente per la mostra torinese, è emblematico di quell’innaturale adattamento che tutti noi, nel corso di una vita, privata, lavorativa o sociale che sia, siamo costretti a subire. In questo caso si tratta della consuetudine, tutta olandese, di allertare la comunità, attraverso un allarme sonoro che viene diffuso in tutta l’Olanda ogni lunedì del mese. Dall’iniziale motivazione del pericolo della guerra, durante il secondo conflitto mondiale, il segnale è rimasto fino ad oggi, a ricordare agli olandesi la loro condizione di pericolo potenziale, dovuto al fatto che vivono da sempre sotto il livello del mare, con tutte le possibili conseguenze negative che questa condizione comporta. Domenico Mangano ha riflettuto, in questo caso, sul progressivo adattamento che gli olandesi hanno acquisito rispetto al segnale acustico. L’iniziale funzione di comunicazione di una situazione di pericolo, a lungo andare è venuta meno fino a rappresentare, ad oggi, una forma acustica di scansione del tempo sociale, piuttosto fastidiosa e tuttavia tollerata dalla maggior parte degli olandesi adulti. Questo allarme acustico, nel video, funge da sottofondo sonoro ad una serie di cartoline, o tableau vivant come le ha definite l’artista, di un’Amsterdam quotidiana, vissuta lontana dagli stereotipi per i quali solitamente è conosciuta. Dunque condomini popolari che si affacciano su un tranquillo cortile interno con albero, aree attrezzate per il gioco dei più piccoli, balconi di case dalle tipiche facciate in mattoni rossi illuminate da un timido sole primaverile, ma anche un cimitero di tombe dall’aria abbandonata e vagamente romantica ed una trasandata capanna in legno vicino ad un corso d’acqua.
Dalla dimensione personale a quella collettiva, il lavoro di Domenico Mangano vive di una leggerezza speciale, derivatagli credo in parte dalla sua sicilianità, che gli consente di affrontare tematiche di interesse comune, spesso complesse e contraddittorie, a partire dall’attenzione per dettagli minimi del contesto o per aspetti apparentemente secondari di un evento a cui assiste. Sono una persona molto curiosa – ha dichiarato l’artista, la cui prerogativa migliore è la capacità di coniugare l’istintiva curiosità con una sorprendente capacità di analisi, resa tuttavia ogni volta leggera grazie alla combinazione di ironia, disponibilità al gioco, senso della concretezza e, più raramente, malinconica rassegnazione.
didascalia immagine: Domenico Mangano, FIT (2010), stampa lambda, cm 26,89 x 37,95
Si ringrazia la galleria Magazzino d’Arte Moderna, Roma
Si ringrazia per il contributo: Regione Piemonte.