Dopo Canova
Apre al pubblico a Carrara la mostra “Dopo Canova. Percorsi della scultura a Firenze e a Roma”, curata da Sergej Androsov, Massimo Bertozzi ed Ettore Spalletti.
Comunicato stampa
Apre al pubblico il prossimo 8 luglio a Carrara la mostra “Dopo Canova. Percorsi della scultura a Firenze e a Roma”, curata da Sergej Androsov, Massimo Bertozzi ed Ettore Spalletti.
Per l’occasione le sale dell’ottocentesco Palazzo Cucchiari, sede della Fondazione Giorgio Conti che dal 2015 produce e promuove mostre dedicate all’Ottocento e ad artisti contemporanei, ospiteranno una trentina di sculture, provenienti dal Museo Ermitage di San Pietroburgo e da collezioni pubbliche e private italiane
Da Canova a Duprè, passando per Berthel Thorvaldsen e Lorenzo Bartolini, le opere in mostra costituiscono un percorso esemplare che parte dalla difficile costruzione di un nuovo linguaggio figurativo nel passaggio dall’Impero alla Restaurazione, per giungere alla metà del XIX secolo.
Prendendo avvio da Canova, del quale si espongono tre opere- Ritratto di Napoleone e Amore alato dell’Ermitage, e il modello del Monumento funebre a Vittorio Alfieri (proveniente dalla locale Accademia di Belle Arti)- l’esposizione di Carrara mette a confronto il panorama romano a lungo dominato dagli eredi e collaboratori diretti di Canova e Thorvaldsen, e l’ambito fiorentino dove si impone, anche se non senza difficoltà, la “novità” dell’insegnamento di Lorenzo Bartolini.
A Firenze il magistero di Bartolini sarà di capitale importanza per la capacità di fornire un’alternativa a un classicismo post canoviano ormai cristallizzato, aprendo la strada a una cultura figurativa che, anche sul versante della scultura, si muove in un contesto di progressivo distacco dal recente passato, per quanto sospesa tra impulsi naturalistici e recupero formale del Rinascimento. A testimoniare la tensione al rinnovamento e l’adesione dell’artista toscano a un ideale di “Bello naturale” si espone qui il "Giovane Bacco" (l’Ammostatore) dell’Ermitage, nella sua prima versione del 1820 circa.
La scelta curatoriale pone l’accento sui primi “semi” delle tendenze naturalistiche che si riscontrano nelle opere degli scultori della cerchia del Bartolini: Luigi Pampaloni, Aristodemo Costoli, Pio Fedi e Pasquale Romanelli, rappresentanti anche di una diversa narratività che, abbandonate le “favole antiche”, trae ispirazione dalle storie di un “passato prossimo”, trattando tematiche pienamente romantiche. Emblematici di questa nuova tendenza i due gruppi scultorei di Pasquale Romanelli (Raffaello e la Fornarina ) e di Pio Fedi (Nello con la Pia) provenienti, rispettivamente, dall’Ermitage e dalla Galleria d’Arte Moderna di Firenze.
A questi si innesta l’esperienza senese rappresentata da un “outsider” come Giovanni Duprè, in mostra con cinque opere tra le quali la Saffo abbandonata della GNAM di Roma, e da Tito Sarrocchi, che fu allievo del Bartolini e dello stesso Duprè.
Sul palcoscenico romano gli scultori carraresi, Luigi Bienaimè, Carlo Finelli e Pietro Tenerani, si trovano a dover far convivere le nuove istanze con le richieste, più tradizionali e conservatrici, del collezionismo privato e delle commissioni ufficiali.
Dopo la morte di Canova e il ritorno in Danimarca di Thorvaldsen infatti, i carraresi, soprattutto Pietro Tenerani e Carlo Finelli, più vicini alla compostezza dei modelli canoviani, diventano i protagonisti della scultura a Roma, dove vanno definendo meglio la loro personalità fino a fornire alcuni esiti importanti della scultura italiana in epoca romantica. Anche loro tuttavia non riescono a liberare la scultura romana dal peso di una tradizione che, per quanto stanca e ripetitiva, continua ad essere, con poche variazioni nei soggetti, del tutto funzionale ai gusti della committenza.
La mostra si concentra dunque su questa polarizzazione di gusti e di intenzioni figurative attraverso un excursus tra i migliori artisti della prima metà dell’Ottocento e attraverso una campionatura di opere di grande interesse alcune delle quali raramente esposte al pubblico: come, ad esempio, Le Tre Grazie di Carlo Finelli (dalla Galleria Francesca Antonacci di Roma) in cui il tema squisitamente Neoclassico si confronta con un processo creativo di segno romantico.