Dreamland. I confini dell’immaginario.
AlbumArte presenta la prima pubblicazione a cura del collettivo A4C-Arts For The Commons, dal titolo Dreamland. I confini dell’immaginario. Le migrazioni nell’arte contemporanea di Rosa Jijón e Francesco Martone (Manifestolibri, 2020).
Comunicato stampa
Mercoledì 13 gennaio 2021, AlbumArte presenta la prima pubblicazione a cura del collettivo A4C-Arts For The Commons, dal titolo Dreamland. I confini dell'immaginario. Le migrazioni nell'arte contemporanea di Rosa Jijón e Francesco Martone (Manifestolibri, 2020)
Nel loro primo lavoro editoriale con il progetto A4C-Artsforthecommons, che hanno fondato nel 2016, Rosa Jijón e Francesco Martone si cimentano con il tema migratorio e le sue varie rappresentazioni visuali ed artistiche. Attraverso opere di artisti ed artiste contemporanee di vari paesi, ed una selezione di saggi critici Dreamland, i confini dell’immaginario (ManifestoLibri 2020) intende offrire una piattaforma di scambio e di interlocuzione tra mondo dell’arte contemporanea, e chi a vario titolo, dal punto di vista accademico o attivista oggi si occupa di migrazioni.
L’intenzione è quella di uscire dalla cornice usuale che considera i migranti come vittime, oggetto di studio o pedine di scambio della geopolitica, per provare a recuperare la dimensione di soggetti agenti che decidono di intraprendere un percorso migratorio, e così facendo sfidano le frontiere sovrane degli stati, trasformando di volta in volta i luoghi che attraversano. E così facendo contribuiscono alla costruzione di nuove pratiche culturali, sociali e politiche.
Il libro si apre con un saggio di TJ Demos, un capitolo su migrazioni e arti visive tratto dal catalogo della mostra “La Terra Inquieta” alla Triennale di Milano a sua volta tratto da “The migrant image”, per poi seguire con saggi di Ursula Biemann sul suo lavoro sulle rotte delle migrazioni in Sahara, e la sua opera Sahara Chronicle, uno scritto di Lorenzo Pezzani e Charles Heller di Forensic Oceanography, sulla “cartografia dissidente” e la loro opera “A left-to-die boat” presentata anche alla Biennale di Venezia, ed un contributo scritto di Nation25, collettivo di artiste italiane che sempre a Venezia proposero il Nationless Pavillion, padiglione dei popoli senza nazione. Un intreccio quindi tra elaborazione teorica e pratica artistica, che si snoda anche nelle altre opere scelte per Dreamland, letture che intrecciano una visione decoloniale della questione migratoria con una molteplicità di mezzi e dispositivi, dalla fotografia, al video, alla documentazione, al registro, al rendering, alla performance, ma anche alla ricostruzione quasi fosse di medicina forense di eventi e geografie, che sottendono a corresponsabilità ed a violazioni di diritti.
Margherita Moscardini, Ursula Biemann, Jota Castro, Elena Mazzi e Enrica Camporesi, Estefanía Peñafiel Loaiza, Kader Attia, Nation25, Forensic Oceanogrpahy, ed Oliver Ressler, con le loro opere dimostrano che l’arte oltre ad essere rappresentazione, diventa anche prova, evidenza, strumento di denuncia e di rivendicazione. La pluralità delle domande e soluzioni offerte dalle artiste e dagli artisti rappresenta in sé stessa, l’urgenza di uno sguardo plurale, trasversale, intersezionale ai grandi temi globali, che siano le migrazioni in questo caso, o ad esempio l’emergenza climatica ed ecologica, spesso intimamente connessa alla mobilità umana. Il libro contiene anche un’opera di A4C-Artsforthecommons, che indaga le trasformazioni generate dall’occupazione temporanea di spazi urbani da parte di comunità migranti e rom a Roma.