Duchamp oltre la fotografia
Incontro intorno al volume Duchamp oltre la fotografia Strategie dell’infrasottile di Elio Grazioli. Con l’autore dialogherà Aldo Iori.
Comunicato stampa
Senza mai scattare una foto, Duchamp ha usato il mezzo fotografico in tutti i modi, fino a costruire attraverso di esso la propria biografia di artista e di uomo, dalla maschera all’intima immagine di sé, e ha disegnato in questo modo una figura d’artista come mai era apparsa prima nella storia dell’arte. In questo agile volume Elio Grazioli ricostruisce i rapporti di Duchamp con la fotografia, dalla sua versione del Cubismo all’ultima opera voluta postuma.
Fin dagli esordi Duchamp ha intrecciato con la fotografia un rapporto fecondo che ha attraversato la sua opera a più livelli, caricando il medium di nuove potenzialità. Macchina che vede ma non sceglie, che preleva frammenti di realtà senza l’intervento diretto della mano dell’artista, l’apparecchio fotografico è del tutto congeniale alla poetica duchampiana dell’indifferenza e del non fare. Non a caso egli abbandona il disegno e la pittura più tradizionali – colpevoli di fermarsi al retinico, cioè a una sensorialità e quindi anche a una scelta dettata dal gusto – per abbracciare un’attitudine “infrasottile”, categoria che racchiude quanto sfugge alla percezione umana e che può essere colto unicamente con l’ausilio della materia grigia.
L’immagine – in primis quella fotografica – non è mai solo quello che è, né mostra solo ciò che rappresenta. Al contrario, è una porta su qualcos’altro, una breccia in quella quarta dimensione su cui Duchamp si arrovella senza requie: essa richiede allo spettatore un supplemento di attenzione, un secondo sguardo che non si fermi alle apparenze, dietro le quali, come nel gioco degli scacchi, un gambetto è in agguato. Sarebbe ingannevole, per esempio, considerare le numerose apparizioni fotografiche di Duchamp – la sua tonsura a stella immortalata da Man Ray, l’artista seduto a un tavolino e mentre cammina per strada nelle celebri immagini di Ugo Mulas, o ancora lo strabiliante Marcel Duchamp all’età di 85 anni – come tradizionali ritratti d’autore o di circostanza. Nascono invece dall’azione combinata di chi sta davanti e dietro la macchina fotografica, in un complesso gioco di rimandi dove le allusioni impalpabili eppure cruciali all’arte di Duchamp non lasciano dubbi sulla loro intenzionalità come opere.
Elio Grazioli documenta i casi in cui la fotografia e la riflessione su di essa fanno capolino nell’opera dell’artista e ne indaga le risonanze all’interno del sistema duchampiano. Un sistema in cui ciascun elemento entra a pieno titolo in una strategia complessiva che prescinde dalla diversità dei materiali e anticipa un modo di fare arte che è oggi fra i più diffusi: quello di non specializzarsi in un solo linguaggio ma di metterli tutti al servizio di un’idea.
Elio Grazioli insegna Storia dell’arte contemporanea all’Università e all’Accademia di Belle Arti di Bergamo. Dirige con Marco Belpoliti il semestrale monografico Riga, e con Riccardo Panattoni il semestrale di cultura visiva Imm’. Ha curato diversi volumi di Rosalind Krauss, tra cui: Teoria e storia della fotografia (1996), L’informe. Istruzioni per l’uso (2003), L’inconscio ottico (2008), ed è autore di Corpo e figura umana nella fotografia (1998), Arte e pubblicità (2001), La polvere nell’arte (2004) e Ugo Mulas (2010). Per Johan & Levi ha già pubblicato La collezione come forma d’arte (2012).
Aldo Iori insegna Storia dell’arte contemporanea presso l’Accademia “Pietro Vannucci” di Perugia per la quale è stato curatore di molte iniziative artistiche e progetti europei. Interessato ai rapporti spaziali dell’opera e alle connessioni tra questa e il luogo, scrive per la rivista di arte e cultura Lettera Internazionale e collabora attivamente con la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri di Città di Castello per mostre e pubblicazioni. Tra i suoi cataloghi e monografie più recenti si ricordano: Gianfranco Chiavacci: ricerca fotografica (2012), Alberto Burri opera al nero (2012), Louise Nevelson (2013), Hidetoshi Nagasawa (2013) e Vittorio Messina (2014).