Duetto #4 – Interni
In mostra il quarto dei “duetti”, esposizioni che vedono coinvolti contemporaneamente due artisti, a ciascuno dei quali viene dedicato uno dei due antichi mulini gemelli, galleggianti sul corso del Lemene, che costituiscono lo spazio espositivo della Galleria Comunale d’Arte Contemporanea Ai Molini, a Portogruaro (Venezia).
Comunicato stampa
Si inaugura venerdì 25 maggio, alle ore 18.30, il quarto dei “duetti”, esposizioni che vedono coinvolti contemporaneamente due artisti, a ciascuno dei quali viene dedicato uno dei due antichi mulini gemelli, galleggianti sul corso del Lemene, che costituiscono lo spazio espositivo della Galleria Comunale d’Arte Contemporanea Ai Molini, a Portogruaro (Venezia).
Gli artisti presentati in quest’occasione sono Orietta Masin, originaria di Cervignano del Friuli, che affianca all’attività artistica di carattere installativo il ruolo di curatrice, in particolare nella rassegna d’arte contemporanea che, dal 2004, si svolge annualmente a Cervignano; e Marco Tracanelli, di San Vito al Tagliamento, che porta avanti una proposta pittorica accompagnata da installazioni e performance.
Anche per l’inaugurazione del Duetto n. 04 l’artista ha ideato una performance sul tema della propria esposizione, bambine e bambole, che verrà eseguita da quattro danzatrici della compagnia di danza contemporanea CorpoDesto, della scuola a.s.d. Arte Danza di Portogruaro, su coreografia di Serenella Fonzar.
Diversamente dai precedenti “duetti”, impostati sull’appartenenza degli artisti a una stessa area linguistica, questo “duetto” gioca su un collegamento a senso, a partire da lavori molto diversi tra loro: Orietta Masin crea un’istallazione che oggettivamente rappresenta un esterno, un prato fiorito attraversato da una strada. Marco Tracanelli presenta una serie di opere pittoriche sul tema delle bambine e bambole, in cui le bambine che giocano con una bambola sono raffigurate sullo sfondo di una carta da parati che simula un interno.
Sennonché poi la strada di Orietta Masin, lastricata di immagini e parole della memoria e dell’intimo, e il prato, fatto letteralmente di “fiori di poesia” (fiori realizzati con fogli tratti dai classici della letteratura, non scelti a caso ma tra quelli più cari all’artista) sono un paesaggio del tutto interno, emozionale e introspettivo; così come le bambine di Tracanelli, caratterizzate da un’espressione inquietante tra l’apatia e la malizia, atteggiate a dive dello schermo, con qualcosa di sporco e di morboso nel gioco che esercitano sulle bambole, riflettono lo snaturamento e la violenza dei modelli, esterni ma pervasivi, imposti dalla società dell’apparire in cui viviamo.
Esterni che diventano interni, quindi, e viceversa. Nasce un’esposizione giocata su una strana specularità: da un lato un’introspezione che si dichiara come consapevole debito, tributo, dedizione - alla poesia - e sacrificio, come raccontano i 1285 fiori di Masin. Dall’altro, nelle bambine di Tracanelli, un clima di sopraffazione che viola l’intimità più autentica e profonda della persona.