Duilio Cambellotti al di là del mare
Si intitola “Duilio Cambellotti al di là del mare” la mostra che il Comune di Terracina ospiterà negli ambienti della duecentesca chiesa di San Domenico.
Comunicato stampa
Si intitola “Duilio Cambellotti al di là del mare” la mostra che il Comune di Terracina ospiterà dal 24 luglio al 20 novembre negli ambienti della duecentesca chiesa di San Domenico, splendida architettura cistercense bombardata durante la seconda guerra mondiale e finalmente restituita alla vita della comunità cittadina da un filologico intervento di restauro.
Non casuale la scelta di inaugurare il nuovo spazio culturale con una mostra dedicata a Duilio Cambellotti, artista di vertice nel panorama artistico italiano della prima metà del ‘900, legato al territorio dell’Agro Pontino e, in particolare, alla città di Terracina da un rapporto profondo e di nodale importanza nella sua ricerca, come opportunamente messo in luce dalla rassegna.
Le novantatre opere e l’interessante repertorio di fotografie d’epoca messe a disposizione dall’Archivio dell’Opera di Duilio Cambellotti costruiscono una mostra dall’andamento antologico che segue l’attività del poliedrico artista-artigiano dalla fine dell’Ottocento, l’epoca del suo esordio come disegnatore di manifesti teatrali e pubblicitari, alla fine degli anni ’40. Un lungo cammino nel corso del quale la sua torrentizia creatività viene assoggettata alla missione di produrre arte totale per tutti. Cambellotti si esprime nel campo delle arti applicate realizzando mobili, ceramiche e vetrate, è illustratore, incisore, grafico pubblicitario, scultore, scenografo, non pone limiti alle sue incursioni nel campo dell’arte. Sullo sfondo, il costante richiamo a una terra amatissima, la sua inesauribile fonte di ispirazione.
Figura del tutto eccentrica nel contesto dell’arte italiana del ‘900, tenacemente impegnato in una ricerca dai modi arcaizzanti ma in realtà d’avanguardia, Duilio Cambellotti è un artista difficile da inquadrare. Francesco Tetro, curatore della mostra, sceglie di iniziare il racconto della sua carriera dall’incontro che cambierà la sua vita, quello con i paesaggi, la gente, gli animali e la storia del paludoso, malsano, affascinante territorio immediatamente a Sud di Roma, lungo il rettilineo della via Appia.
L’artista e il territorio
“Sto rivivendo! Ho rivisto oggi la palude e i neri animali. Ho rivisto il mare; […] Questo è bastato perché il torpore del mio cervello e delle mie membra scomparisse per incanto. Nuove visioni così appaiono ai miei occhi e potranno, lo spero sinceramente, rimettere in movimento la mia produzione”. È il 1910, nelle lettere inviate da Terracina alla futura moglie Maria Capobianco si legge quanto importante fosse diventata per Cambellotti la frequentazione dell’arcaico mondo contadino in cui, all’inizio del secolo, lo aveva introdotto l’amico Alessandro Marcucci, direttore delle Scuole dell’Agro Romano impegnato nel programma di alfabetizzazione delle arretrate popolazioni rurali locali. Un programma che, oltre a Marcucci, coinvolge anche altri illustri esponenti dell’ambiente socialista umanitario romano: Giovanni Cena e la compagna Sibilla Aleramo, Anna Fraentzel Celli con il marito, il malariologo Angelo Celli, anche Giacomo Balla condivide i loro ideali. Cambellotti, convinto sostenitore della funzione educatrice dell’arte, si getta a capofitto nell’impresa, contribuendo a realizzare, nella zona compresa tra Cisterna di Latina e Terracina, una fitta rete di scuole ricavate in locali di fortuna concessi da privati, chiese rurali o capanne costruite ex novo da allievi e maestri. Per quelle scuole illustra i sillabari, realizza decorazioni e arredi, suoi persino i crocifissi da appendere alle pareti.
Quando è nell’Agro, soggiorna a Terracina, la città che lo incanta per la bellezza delle sue marine con vista sul promontorio del Circeo e sulle Isole Pontine, per la fierezza della sua gente e la ricchezza di una storia millenaria che affonda le sue radici nel mito. Benché la sua arte finalizzata a raggiungere massivamente la parte migliore del pubblico, il popolo si esprima preferibilmente attraverso le arti applicate, la scenografia teatrale, la grafica pubblicitaria e l’illustrazione, la suggestione esercitata dall’ambiente di Terracina gli ispira una produzione particolare, quella delle visioni, il modo in cui chiama certe composizioni fantastiche “Nate per fissare sulla carta cose che non erano dinanzi ai miei occhi ma…sorgevano da dentro di me”. Attento osservatore della natura, Cambellotti riempie di annotazioni e schizzi dal vivo i taccuini che porta sempre con sé. Giunto a casa, quelle idee raccolte en plein air germogliano in narrazioni visionarie che attingono al suo profondo interesse per la mitologia greco-romana.
L’allestimento della sala che introduce il visitatore alla mostra si sviluppa proprio attorno a una di quelle visioni, per la precisione la prima di una famosa serie di quattro grandi tempere acquarellate su carta a sviluppo orizzontale, le Allegorie del Circello, esposte nel 1922 alla mostra degli Amatori e Cultori.
L’essenziale, elegante composizione eseguita a monocromo mostra il promontorio del Circeo trasformato in una nave dalla prua equina pronta a salpare, mentre, sullo sfondo, le Isole Pontine, assumono le fattezze di chimere dalla testa leonina.
Il lavoro per il teatro classico
Un artista che produce arte programmaticamente diretta al popolo per promuoverne l’educazione e migliorarne le condizioni di vita non può che apprezzare le opportunità di diffusione dei propri principi offerti dal mezzo teatrale. Esteso ed entusiasta fu infatti l’impegno di Cambellotti nel campo della scenografia e, più in generale, dell’allestimento di spettacoli all’aperto tratti dal repertorio della drammaturgia classica.
Una sezione della mostra è interamente dedicata a documentare il contributo offerto dall’artista alla realizzazione di indimenticabili rappresentazioni presso il Teatro greco di Siracusa, il Teatro antico di Taormina e quello di Ostia antica.
Nei modellini e nei bozzetti scenografici si evidenzia la sua moderna propensione alla riduzione degli elementi scenici. Cambellotti fa muovere gli attori entro ambienti dalle geometrie essenziali in cui un sapiente uso del colore svolge la funzione di evocare i principi etici sottesi al dramma.
La scultura
Anche per motivi economici, Cambellotti produce soprattutto sculture di piccole dimensioni, grandiose, però, nella potenza dell’invenzione iconografica. Ai visitatori della mostra è riservata la sorpresa di una ricostruzione del prototipo dei famosi vasi cambellottiani con gli animali, il Vaso dei cavalli del 1903, semidistrutto nell’incendio della Sezione Arti Decorative dell’Esposizione Internazionale di Milano del 1906. Dalle macerie fumanti Cambellotti trasse due cavallini di bronzo, quel che restava del manufatto. Nell’occasione della mostra, i cavalli superstiti sono stati montati su un vaso di gesso della stessa forma di quello originario, in modo da rivelare la deliziosa idea compositiva dei due animali che sporgono il muso oltre l’orlo del recipiente nell’atto di abbeverarsi.
La Cibele del 1910, arcaica dea della fecondità calata nei panni di una stilizzata contadina dell’Agro, è una delle più felici invenzioni di un artista capace di traghettare il mito nella dimensione del quotidiano.
Sono anche esposte due versioni di Buttero a cavallo, quella realizzata tra il 1918 e il 1919 e il Magister Equitum del 1924. Monumento equestre più volte e in varie dimensioni realizzato nel corso della sua carriera, il buttero è la risposta antiretorica alle celebrative sculture di eroi a cavallo che popolano le piazze dell’Italia post risorgimentale. Nel progredire degli anni, Cambellotti avvia su questa sua originale tipologia scultorea un processo di semplificazione formale in cui il profondo legame tra cavallo e cavaliere viene sottolineato modellando il gruppo come un’unica creatura, un centauro della Campagna Romana.
Dal Simbolismo alle Arti Applicate
Nell’ambiente un tempo occupato dalla sagrestia della chiesa di San Domenico è stata infine ricavata una sorta di Wunderkammer che rende conto della molteplicità di interessi di Duilio Cambellotti.
Il suo talento di designer di mobili di minimale eleganza in cui l’apparato decorativo è sacrificato a favore di una approfondita ricerca sulla struttura è testimoniato dal Tavolo dei timoni, modernissima creazione del 1912 in cui il sostegno che regge un semplice piano rotondo è costituito da tre timoni per barca. Tante le ceramiche e le terrecotte che traggono ispirazione da motivi naturalistici: il vaso con il serpente e quello con i porcellini lattonzoli, il vasellame dipinto con motivi di falchi, leopardi e cavalli, un repertorio zoologico completato dai corvi di palude che occupano lo spazio di una vetrata degli anni ’30.
In memoria del suo impegno di costruttore di scuole per l’alfabetizzazione delle popolazioni contadine stanziate a sud della capitale, si espongono i suoi abbecedari illustrati e la grande raffigurazione di un olivo multicolore che decorava l’interno di un’aula affacciata su un cortile dominato da un olivo vero, in un gioco di corrispondenze tra arte e natura che è tipico del suo modo di progettare gli ambienti destinati alla vita dell’uomo.
Di grande raffinatezza la serie dei bozzetti esecutivi di manifesti pubblicitari, un genere che sente congeniale alla sua vocazione di divulgatore dell’arte: “Preferivo sempre il cartellone al quadro perché diretto al popolo […] E da questo fu facile passare ad una forma più atta alla diffusione perché moltiplicabile: la silografia”. E infatti nella camera delle meraviglie cambellottiana compaiono alcune bellissime illustrazioni. Chiude la mostra una serie di xilografie del ’47 di eccezionale qualità esposte, accanto alle loro matrici in legno, in un ambiente in cui è ricostruito lo studio dell’artista.
I Monumenti ai caduti della Prima e Seconda Guerra Mondiale
Appendice ideale del percorso espositivo della mostra è la visita al Monumento ai caduti della I Guerra Mondiale in piazza Garibaldi e al Monumento ai caduti della II Guerra Mondiale in piazza IV Novembre (Borgo Hermada). Commissionati a Cambellotti dal Comune di Terracina all’indomani dei due conflitti mondiali.