E l’altra metà serberò io. I segnali di riconoscimento dell’Ospedale degli Innocenti
La mostra è frutto del lavoro congiunto dell’Archivio storico e del Museo degli Innocenti.
Comunicato stampa
L’Archivio storico degli Innocenti custodisce oltre quarantamila segnali di riconoscimento degli esposti, quei piccoli oggetti indossati da bambini e bambine al momento del loro arrivo nell’antico Ospedale dove erano lasciati con l’intento di assicurarne la sopravvivenza.
La presenza dei segnali è documentata sin dai primi registri del Quattrocento, quando l’usanza di abbandonare i bambini con «contrassegni» beneauguranti acquisì agli Innocenti una finalità amministrativa fondamentale. Nei secoli dell’abbandono anonimo, infatti, tali elementi andavano a rappresentare per i Nocentini (i piccoli ospiti della struttura) la sola prova tangibile delle loro origini e una sorta di “documento di identità” necessario al futuro riconoscimento da parte dei genitori. Per questo motivo erano spesso oggetti spezzati, o doppi, facilmente riscontrabili con le metà serbate nel frattempo dalle famiglie.
I segnali a noi pervenuti risalgono soprattutto all’Ottocento, quando se ne intraprese la conservazione sistematica riconoscendo il loro valore storico. Un’azione grazie alla quale possiamo oggi apprezzarne la varietà tipologica di oggetti quotidiani, rappresentativi di usi e costumi del passato, comprendenti soprattutto monete e medaglie, accessori votivi come rosari, brevi, medagliette e croci, o di uso generico come monili, bottoni e nastri.
È significativo che, nelle credenze magico-religiose delle campagne, molti di questi oggetti fossero ritenuti benefici, alla stregua di amuleti, e capaci di salvaguardare chi li indossava da pericoli e influssi maligni. Un’accezione simbolica confermata anche dalla presenza più tarda dei segnali quando, terminati gli abbandoni anonimi con l’apertura agli Innocenti dell’Ufficio di Consegna dei bambini nel 1875, le nuove procedure identificative non si avvalgono più di tali elementi. Il loro uso prosegue comunque sino al Novecento, dimostrando le valenze affettive, simboliche e identitarie che li ammantavano.