Edo – (S)velamento dei segni
“(S)velamento dei segni” di EDO: Edo non ha genere, né tempo, né regola. Le sue chine sono su carta di cotone, il tratto scorre sicuro, lasciando una scia come passaggio, testimonianza di un percorso.
Comunicato stampa
In Occidente «chi l’adopera non prova nessun bisogno di investirsi nella propria scrittura. Un buon dominio degli strumenti, ma nessun retaggio del tracciato, dell’utensile; ricacciata nell’ambito del semplice uso, la scrittura non s’accetta mai come gioco d’una pulsione». In Oriente si esclude l’atto della cancellazione (non c’è la gomma) e gli strumenti mostrano come si tende verso una scrittura che appare irreversibile e fragile che è contraddittoriamente “incisione” e “scivolamento”.
Roland Barthes, L’impero dei segni.
Edo non ha genere, né tempo, né regola. Edo è un fluire da sinistra a destra e poi da destra a sinistra, dalla tessitura compiuta alla sua espansione, libera e delicata come una pulsione, un’onda, un moto ineluttabile e perpetuo. Accade. Le linee si intersecano scorrono, si interrompono e riprendono, lasciando campi irrisolti, aperti all’interpretazione del fruitore. La scrittura non si insegna, il racconto nasce spontaneo “un gioco di accostamenti dove siamo noi stessi a combinare i singoli elementi attraverso operazioni di divisione e prelevamento”. «Il senso sembra arrestarsi o meglio sospendersi. «I segni sono vuoti perché non rimandano a un significato ultimo (…) non c’è significato supremo a fermare la catena dei segni, non c’è una chiave di volta, cosa che permette ai segni di svilupparsi con una finezza e una libertà grandissima».
Le chine di Edo sono su carta di cotone, il tratto scorre sicuro, lasciando una scia come passaggio, testimonianza di un percorso. La goccia si espande là dove cade, inevitabilmente certa, creando quel movimento che ci coglie come un respiro. La carta vive con una sequenza dinamica, un linguaggio, un vocabolario che l’autore ci suggerisce. Una visione affascinata dalla filosofia orientale e dalla compassione che ci rende partecipi ed autori al tempo stesso. Un rimando ad un dialogo nel concludere o liberare, intuire o definire quella campitura infinita di possibilità che diventano le nostre scelte. Il cerchio e poi ancora la spirale, moto perpetuo dell’universo in espansione, i reticolati e le stratificazioni, sedimentazioni di tempo, compimento di una tessitura sapiente e precisa.
Linee più marcate, nette, come ferite o tagli si alternano a scorrimenti languidi su cui inevitabilmente trovano posto una ad una gocce che come una punteggiatura scandiscono questo personale ed intimo svelamento.
Alessandro Turci
Studi in Giurisprudenza all’Università di Torino ed interessi tra Moda e Arte Contemporanea. Fashion Designer ed Art Director per marchi internazionali, Alessandro Turci fonda a Milano nel 2012 Risekult, associazione culturale per l’arte contemporanea e pubblica l’art book Risekult, libro d’eccellenza per collezionisti. Curatore di mostre d’arte, collabora con gallerie e musei. Contributing Editor per Flair Magazine, L’Officiel Homme e Thesignspeaking con rubriche su Arte e Moda. Insegna all’Accademia di Belle Arti di Brera, allo IED Milano e Torino e all’Università Bicocca di Milano.