El Banquete – El plan de los náufragos
Partendo da oggetti semplici e familiari, il collettivo ‘El Banquete’ riflette sulle dinamiche del potere politico contemporaneo delineando metodologie retoriche il cui fine è quello di palesarsi in azioni dirette.
Comunicato stampa
Partendo da oggetti semplici e familiari, il collettivo 'El Banquete', composto da Alejandro Cinque, Raquel G. Ibáñez, Antonio Torres e Marta van Tartwijk, riflette sulle dinamiche del potere politico contemporaneo delineando metodologie retoriche il cui fine è quello di palesarsi in azioni dirette.
Per la loro prima esposizione in Italia, lo spazio de La Fenice Gallery viene ridefinito attraverso un'installazione site specific che, sfruttando l'utilizzo di un oggetto comune come la bottiglia di vetro, conduce ad una considerazione sui mezzi di comunicazione clandestini come una possibile resistenza verso l'eccessiva visibilità e il costante controllo ai quali siamo esposti ogni giorno. La visibilità viene qui intesa come una trappola, come qualcosa di vincolante, come supporto di sorveglianza delle autorità del sistema. Allo stesso modo la non visibilità, il disperdersi , diviene un'efficace mezzo di manifestazione della clandestinità.
El plan de los náufragos mira a promuovere l'emancipazione del cittadino attraverso canali di comunicazione alternativi non controllati e che permettono la possibilità di attuare una resistenza attiva, Così, la bottiglia diventa sia mezzo per comunicare una frase ribelle estratta dalla pubblicazione filosofica francese Tiqqun stampata su uno straccio e sia detonatore di proteste politico-sociali. Riallacciandosi da un lato alla figura del naufrago e al suo gesto romantico e disperato di gettare una bottiglia in mare con un messaggio al suo interno, e dall'altro a quella dell'attivista politico che lancia le bottiglie come cocktail Molotov per attentare al sistema durante le guerriglie urbane.
In un primo caso l'atto di resistenza alla solitudine si serve della deriva e della sua fragilità galleggiante, nel secondo l'attivismo si imposta come un atto di resistenza politica, in cui il cittadino designa il suo personale mezzo di comunicazione clandestino per lanciare un messaggio di protesta.
Proporre questa azione in una città come Venezia, solleva inevitabilmente certe problematiche che tornano a riaprire la tensione tra l'utopia e la distopia. Nell'isola deserta la figura del naufrago, come un prigioniero all'interno di una utopia immaginaria, si riflette nell'abitante della città, dove la gentrificazione estrema ed il turismo stesso, fanno sì che alla fine, la realtà non corrisponda all’immagine della cartolina.
Il progetto propone un appello all'azione partendo da un ideale di forza di resistenza che cerca di risvegliare l'entità politica insita nel cittadino a renderlo così consapevole della sua presenza e del suo potere.
a cura di Ana María Area Martínez
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La Fenice Gallery
is pleased to invite you
El plan de los náufragos
by El Banquete
Opening
Saturday 26th July 2014, 6.30 pm
(from 27th July to 24th August)
Starting from simple and familiar objects, the art collective 'El Banquete' composed by Alejandro Cinque, Raquel G. Ibáñez, Antonio Torres and Marta van Tartwijk, reflects about the dynamics of political power outlining the rhetorical methodologies whose purpose is to manifest itself in direct actions.
For their first exhibition in Italy, the space of La Fenice Gallery is redefined through a site specific installation that, by exploiting the use of a common object such as a glass bottle, it leads to a reflection on the clandestine media as a possibility of resistance to the excessive visibility and the constant control to which we are exposed every day.The visibility here is intended as a trap, as something binding, monitored and used like a support for surveillance from the authorities of the system. Likewise, the lack of visibility, the scattering, becomes an efficient manifestation of the clandestinity.
El plan de los náufragos aims to promote the empowerment of citizens through alternative channels of communication that are not controlled and allow the possibility of implementing an active resistance. The bottle becomes at the same time, a means to communicate a rebellious phrase from the French philosophical magazine Tiquun printed on a rag and a detonator of social and political protests. Connecting by one side to the figure of the castaway and his romantic and desperate gesture of throwing a bottle into the sea with a message inside; and on the other side to the political activist who throws bottles as a Molotov cocktail for undermining the system during urban guerrillas. In the first case, the act of resistance to the solitariness uses the drift and its floating fragility; in the second one, activism is set as an act of political resistance, in which the citizen designates its personal means of communication to launch a clandestine message of protest.
Proposing this action in a city like Venice inevitably raises certain issues that come back to reopen the tension between utopia and dystopia.
In the desert island the figure of the castaway, like a prisoner inside an imaginary utopia, reflects itself in the inhabitant of the city where the extreme gentrification and tourism makes that in the end the reality does not match the image from the postcard.
The project proposes a call to action, starting from an ideal of force of resistance that seeks to awaken the political entity inherent in the citizen to make him aware of his presence and his power.
Curated by Ana María Area Martínez