Elisa Capucci ed Edoardo Sessa – Worn Out Lullaby
Il lavoro nasce dalla collaborazione tra Edoardo Sessa ed Elisa Capucci; una cooperazione questa volta duplice, poiché il progetto espositivo Hidden Garage (autogestito dagli stessi artisti) decide, per la prima volta ed in via del tutto eccezionale, di presentare un lavoro dedicato ai suoi ideatori.
Comunicato stampa
Il lavoro nasce dalla collaborazione tra Edoardo Sessa ed Elisa Capucci; una cooperazione questa volta duplice, poiché il progetto
espositivo Hidden Garage (autogestito dagli stessi artisti) decide, per la prima volta ed in via del tutto eccezionale, di presentare un lavoro
dedicato ai suoi ideatori. Worn Out Lullaby consiste in una attenzionata ricerca verso una specifica area della città di Bologna.
La zona d’interesse comprende un corpo industriale di più di 93.300 metri quadrati ormai
in completo disuso. Il complesso, dal nome STA.VE.CO (Stabilimento per i Veicoli da Combattimento) fonda le sue radici già alla fine
del ‘700 quando l’area venne militarizzata, per poi diventare un vero e proprio arsenale durante il secolo precedente ed infine cadere in
rovina non molti decenni fa.
I due artisti decidono insieme di sondare il terreno di quello che è negli ultimi anni diventato un vero e proprio climax a sé stante,
raccontandone il lento flusso di eventi e come questi possano
prendere parte al rumore della città operativa.
The silence of the crib di Edoardo Sessa coinvolge anche Mór Mihály Kovács, collega che prende parte alle operazioni all’interno dello
spazio.
I due danno vita ad una registrazione video sul posto che conserva l’intento di stabilire un contatto con uno spazio-tempo che logora e
che muta, sovrapponendo vari piani di ricerca. La ninna nanna performata dalla tromba di Kovács rimanda alla matrice militare del
sito, confortando quegli stessi spazi, che non possono non abbandonarsi ad una inevitabile resa, tanto dolce quanto funesta.
Elisa, dall’altra parte, presenta un’installazione dal titolo Build Yourself.
I soggetti scultorei si presentano come corpi ibridi formatisi a partire dal modellato dell'artista; Riconsiderando residui e soggetti vegetali
raccolti sul posto, Elisa ricrea il climax percepito, materializzando un vero e proprio micro-ambiente.
Le due ricerche, conservano insieme un carattere esiliato, espulso dalla frenesia cittadina, che nei giorni di ArtCity diventa un vero e
proprio impianto percettivo dedito al racconto e alla dolce e lenta narrazione delle possibilità dopo il devasto.