Emanuele Ferrari – Points of view
Una nuova collaborazione tra il fotografo italiano Emanuele Ferrari e l’artista emergente Teti.
Comunicato stampa
Domenica 26 gennaio, Circle Milano, di Via Stendhal 36, ospiterà Points of View, un’esposizione di alcuni scatti del fotografo Emanuele Ferrari, caratterizzati dal segno grafico dell’artista emergente Teti. Un momento unico di scambi di vedute e un’occasione per scoprire da vicino cosa possono fare insieme l’arte metropolitana e la fotografia artistica.
La selezione di scatti firmati dal talentuoso fotografo italiano Emanuele Ferrari e il segno inconfondibile di Teti, artista metropolitano, che da qualche anno a questa parte vediamo sul panorama milanese, costituirà un incontro tra arti e artisti con punti di vista differenti, ma con qualcosa da raccontare.
Il corpo nudo delle modelle di Ferrari, soggetto prescelto dal fotografo, è segnato da Axonometry, le creature di Teti. In ogni scatto, non c’è volto né contestualizzazione, ma solo porzioni di corpo femminile esposte allo sguardo indiscreto indagatore. Dall’altra parte abbiamo le Axonometry, che coprono ma rivelano. Voci del subconscio, nate dalla libertà di espressione, rispondono al bisogno di evidenziare uno spaccato della società. Dall’incontro - scontro tra questi due macro concetti si sviluppa Points of View, seconda collaborazione del duo. Un ossimoro grafico che abbraccia da un lato gli scatti contemporanei figli della società dell’oggi, dall’altro il segno grafico primitivo semplice e lineare di Teti.
Il monito Work Hard Always Smile spicca sulla cup take away. Un gioco continuo di provocazioni, come il messaggio diretto, semplice e forte veicolato. Passione, tenacia, perseveranza. Il tempo del lavoro scandito da semplici lettere in successione stridono con la superficialità dei social: non conta ciò che sei, conta come appari. Uno scambio di punti di vista, che se da una parte notiamo il flusso di coscienza dell’artista racchiuso nell’Axonometry, dall’altra vediamo l’irriverenza della modella affermarsi con prepotenza. La forza evocatrice del segno rupestre si trasforma e viene portato in contesti contemporanei, metropolitani, privi di identità: unnamed proprio come gli scatti di Emanuele Ferrari. La cromia ridotta enfatizza i dettagli su cui il duo di artisti desidera porre l’accento.
BIOGRAFIA
Matteo Piccolo, in arte Teti, nasce a Milano nel 1987, dove tuttora vive e lavora nella periferia Sud-Ovest della città. Fin da giovanissimo si avvicina al mondo dell’arte, nello special modo la Street- Art, che incontra quotidianamente per le strade e di cui ne rimane fin da subito molto colpito. Nei primi anni dell’adolescenza, studia e mette in pratica, da autodidatta, tecniche artistiche come stencil-art, poster-art e serigrafia. Con il passare degli anni, sperimenta in modo vincente nuove tecniche come: grafiche anagligiche e stampe 3D, traendo ispirazione anche dai grandi artisti internazionali contemporanei e moderni, avvicinandosi molto al movimento Pop Art.
A partire dal 2011 realizza molte personali dislocate in spazi privati riscuotendo un certo grado di apprezzamento dal proprio pubblico.
CONCEPT
Per Teti, il mondo interiore dell’uomo, le emozioni e le sensazioni più profonde, costituiscono la base di partenza della propria arte. Ciascun’opera tramette stati d’animo di inquietudine e ansia, le stesse che ha provato l’artista nel corso dell’intero processo creativo: dalla progettazione mentale alla sua realizzazione finale. Straordinariamente evocativi ed enigmatici i soggetti rappresentati dall’artista. Le linee semplici e primitive realizzate con il rullo, rimandano alle incisioni rupestri, un’epurazione del linguaggio da tutte le sue forme più elaborate, per giungere al cuore primitivo: il segno.
Un’arte basata sull’improvvisazione: nella mente dell’artista esiste un’idea ben chiara, che nel corso dell’atto creativo prende forma. Lasciarsi trasportare dall’atto creativo, in una sorta di trance costituisce il momento saliente dell’intera produzione. Un flusso di coscienza, che sfocia nell’opera finale, realizzata quasi a occhi chiusi per ascoltare al meglio il proprio subconscio.
Alla base troviamo l’atto della semplificazione. La ripetizione seriale di soggetti su superfici differenti e materiali altrettanto alternati costituisce un’altra tecnica prediletta dall’artista.