Emergency-Ecology
Lo scorso anno ART on STAGE ha iniziato una riflessione sul tema dell’ecologia con la mostra Emergency-Ecology, che ha coinvolto giovani artisti sul tema dell’emergenza ambientale dovuta alla crescita e al consumo delle città moderne con un conseguente allontanamento dalla natura. Quest’anno ci siamo concentrati sull’aspetto dei rifiuti, del riuso e del riciclo, con una mostra.
Comunicato stampa
Emergency-Ecology_”Riduci,Riusa, Ricicla”
Progetto a cura di Gaia Rotango e Chiara Milesi
Lo scorso anno ART on STAGE ha iniziato una riflessione sul tema dell’ecologia con la mostra Emergency-Ecology, che ha coinvolto giovani artisti sul tema dell’emergenza ambientale dovuta alla crescita e al consumo delle città moderne con un conseguente allontanamento dalla natura.
Quest’anno ci siamo concentrati sull’aspetto dei rifiuti, del riuso e del riciclo, con una mostra dal 27 maggio al 10 giugno 2012, nella galleria di via Oberdan 11, patrocinata dal Parco del Ticino.
Significativo ci sembra il motto degli ambientalisti: “riduci – riusa – ricicla”, che diventa titolo del progetto.
La crescente urbanizzazione delle città del XXI secolo ha portato ad un punto di svolta per l’umanità: le città detengono il potenziale positivo e i mezzi per un futuro sostenibile, ma sono anche la causa dei maggiori problemi ambientali. Un problema sempre più sentito dalle comunità è quello dei rifiuti.
La vita moderna produce, consuma e scarta a ritmi insostenibili; questo processo unidirezionale non può durare all’infinito, uno stile di vita sostenibile dovrebbe impiegare un metabolismo ciclico, come quello della natura.
Tutte le forme di vita presenti sulla Madre-Terra sono connesse tra loro, ma solo gli esseri umani sfruttano e trasformano ogni cosa danneggiando le altre forme di vita e l’ambiente naturale.
L’arte è un’esperienza sociale, soprattutto l’arte contemporanea, ha il vantaggio di avere la libertà di muoversi tra le discipline e coinvolgere più campi nelle sue indagini.
Recenti pratiche artistiche sono critiche verso i temi ambientali: denunciano l’uso indiscriminato delle terre (Mark Dion), indagano il processo dello smaltimento dei rifiuti (Mierle Laderman Ukeles), la perdita di biodiversità (Rirkrit Tiravanija). Alcuni artisti comprendono, cosa significa pensare e agire ecologicamente, per se stessi e per gli altri (Joseph Beyus). Credo che l’arte sia un mezzo di cambiamento, un cambiamento che parte da una trasformazione mentale, l’uomo dovrebbe essere più consapevole e sensibile su ciò che consuma e scarta.
L’immagine simbolo della mostra fa parte della serie fotografica di Gaia Rotango, Il tempo di un caffè, ispirata dalla forma a spirale, simbolo per eccellenza della rinascita, della rigenerazione, il tempo si perde nell’eterno ritorno alla vita.
Questa forma è stata ripresa, come simbolo del riciclaggio, anche da Massimiliano Lo Russo che utilizza carta di sacchetti, da pacchi per fare installazioni con pesci fantasiosi che ironizzano sul riciclo e su come sia ancora controcorrente occuparsi di differenziata. Il suo stile quasi fumettistico mette in scena personaggi che attraverso l’ironia portano a una alla condizione di vivere. Questa condizione è un’immagine globale che descrive le contraddizioni del nostro tempo. I materiali di scarto sono rimpiegati da Futurboba, che usa finta pelle come supporto alla pittura, l’opera nasce da quello che trova e prende forma e colore da sé. Artestò si pone tra un artigiano del recupero e dell’assemblamento e un’ artista che crea totem innalzati all’arte dei rifiuti. Delle maschere-sculture con oggetti in disuso prendono nuova forma e vita per acquisire nuovo valore, in una società consumistica dove il vecchio perde funzione qui assume un valore spirituale e mistico. L’arte che crea da oggetti di scarto, dai rifiuti, non ha solo fini estetici ma si propone di indagare una storia sociale e di portare un messaggio di sensibilizzazione verso un’azione ecologica collettiva.
L’artista performer Grazia Simeone presenta il progetto Trash dance e il giardino delle anime: un video ambientato in una discarica di Torino, un luogo esso stesso rifiuto, sito di una ex fabbrica ora occupata da zingari, e in un cimitero dove tutto va a morire. In questi luoghi come una sibilla va in cerca della vita, vi trova il feticcio del busto di plastica che diventa simbolo dell’anima e portatore di un messaggio di salvezza per il mondo. Attraverso la danza riconcilia il senso di abbandono e di dismesso con la promessa di nuova vita, di una rigenerazione.