Emilia Faro – The Healing
La mostra negli spazi di Videoinsight racconta il percorso di Emilia Faro dal 2010 a oggi. Parte nel momento in cui nella dimensione artistica familiare all’artista, l’acquerello, improvvisamente esplode il video come linguaggio necessario e naturale all’evoluzione e allo sviluppo della narrazione e dell’immagine.
Comunicato stampa
La mostra negli spazi di Videoinsight racconta il percorso di Emilia Faro dal 2010 a oggi. Parte nel momento in cui nella dimensione artistica familiare all’artista, l’acquerello, improvvisamente esplode il video come linguaggio necessario e naturale all’evoluzione e allo sviluppo della narrazione e dell’immagine.
Il video è diventato la direzione, il senso e lo sguardo di Emilia, prendendo la forma del racconto onirico e simbolico.
Un nucleo, in fondo, già tutto contenuto in quella che è la natura dell’acquerello, che è ancora molto disegno e non ancora del tutto pittura. Che è in movimento, ed è, appunto, liquida, dinamica, indefinita. Una superficie mossa, stratificazione di trasparenze dove il reale si smaterializza, riflettendosi in metafore visive.
È con la pratica del video che Emilia inizia a scrivere “un diario”, in parte anche un memoir, giocato tra il reale e l’immaginario, che pone al centro l’identità stessa dell’artista.
Dal 2010 Emilia Faro ha realizzato sette video.
Con The prince’s metamorphosis (2010, che vede al centro una bambina, animatasi dal suo stesso ritratto ad acquerello, su cui piove, mentre attorno si materializza un affollato cerchio di rane) l’artista inizia un’indagine sull’identità della donna, intesa come crescita ed evoluzione dall’infanzia all’età adulta, un progetto in progress che durerà tutta la vita e che, a oggi, si è concretizzato in una trilogia. Ne fanno parte anche If I was to escape from you (2013, in cui la ritroviamo ragazzina, mentre scrive a terra una dolorosa lettera al padre, intingendo la sua treccia in un catino d’acqua) e The Healing (2015, la protagonista è ormai una donna, al centro di una guarigione fatta di luce, che investe corpo e spirito).
Parallelamente al progetto aperto con protagonista la bambina, Emilia sviluppa altri lavori video.
A Palm of Victory I shall wear (2013) l’immagine composta dalla sovrapposizione tra un corpo nudo di donna e la proiezione di una palma fonde la fisicità e la resistenza vegetale con quella umana, in un’icona simbolica che racconta della vita e della morte.
Un coro di figure femminili è poi al centro di Safe in deep water (2014).
Una sorta di boul de neige sott’acqua che contiene una famiglia: un acquario, da cui il mondo appare una dimensione a parte, con tutte le sue difficoltà. In questo video Emilia Faro appare per la prima volta, mentre risulta, invece, protagonista assoluta nel video The path leading to love from heights above (2014).
Un percorso evolutivo a tappe, in forma di processione ascensionale, vede la maturazione e la liberazione di una donna. Una figura di nero vestita attraversa una boscaglia con una pietra lavica legata a una caviglia, raggiungendo una costruzione abbandonata. Qui la pietra, con scalpello e martello, si trasforma in un insieme di sfere nere, un mandala in foggia di spirale, l’elaborazione di una materia informe in qualcosa di armonico.
Infine My Armour (2015) video di natura performativa, che parla di una corazza, e di un corpo, e di un’anima che al tempo stesso si difendono e attaccano. Una giovane donna accoglie l’urto del mondo, fiera e serena di fronte ai colpi che le vengono inferti, finche decide di liberarsi della corazza. E’ un atto catartico, di superamento e rifiuto della rabbia, ma anche un simbolo dell’artista che, come un guerriero, scende nella vita indossando un’armatura. È come se andasse in guerra, va a conquistare, a trovare e anche a rubare.
Sono storie in forma di video, che coniugano realismo magico, surrealismo e simbolismo, e in cui predominano toni arcani e ambigui: nulla rassicura, neanche la bellezza.