Emiliano Bartolucci – Other walls
I muri tirati su in ogni angolo di mondo, per separare stati, culture, uomini e identità, quelli che sopravvivono da Israele all’Irlanda del Nord, e quelli abbattuti da Berlino a Cipro, continuano ad essere una delle manifestazioni più tangibili dell’ostilità e dei conflitti umani, anche quando paesaggi e messaggi di murales arrivano a utilizzarne la superficie per investire le immagini di un potere che le parole sembrano aver perduto.
Comunicato stampa
I muri tirati su in ogni angolo di mondo, per separare stati, culture, uomini e identità, quelli che sopravvivono da Israele all’Irlanda del Nord, e quelli abbattuti da Berlino a Cipro, continuano ad essere una delle manifestazioni più tangibili dell’ostilità e dei conflitti umani, anche quando paesaggi e messaggi di murales arrivano a utilizzarne la superficie per investire le immagini di un potere che le parole sembrano aver perduto.
Solo nell’Ulster si contano 88 muri, innalzati a partire dal 1969 per separare i cattolici dai protestanti, muri diventati una sorta di attrazione turistica, come quello tristemente celebre di West Belfast, che separa la Falls Road cattolica dalla Shankill Road protestante, “Altri Muri” come quelli fotografati da Emiliano Bartolucci nelle periferie di Belfast, nello stesso anno in cui tutto il mondo commemorava la Caduta del Muro di Berlino.
Immagini di muri, murales e messaggi che hanno ancora un gran potere, non solo simbolico, ma sull’esistenza della popolazione che li affianca tutti i giorni senza affacciarsi mai al di là, reperti iconografici che sperimentano un approccio diverso alle tematiche di sempre.
“Ho intrapreso un paio di viaggi nella terra delle divisioni sociali, il primo nel 1996 ed il secondo nel 2009, nonostante siano cambiate infrastrutture, insegne luminose e soprattutto siano state chiuse molte carceri di sicurezza come i blocchi h, ormai divenuti un museo degli orrori per i molti curiosi, la situazione mi è apparsa piuttosto simile a tredici anni fa.
La linea di pace, infatti, continua ad essere oggetto di disordini e gli atti terroristici o criminosi proseguono la loro marcia intermittente, ma sempre promiscua e premeditata.
Il 4 Febbraio 2013 a Derry, ad esempio, un pericoloso attentato dinamitardo contro la stazione di polizia è fallito pochi minuti prima di riuscire. Gli agenti locali, dopo aver fermato il furgone che trasportava quattro granate destinate a far saltare la stazione, ha arrestato tre presunti responsabili. Circa 100 abitazioni sono state evacuate dopo l'allarme. Nei giorni recenti, il 15 Novembre 2013, gli uffici di Belfast del News Letter sono stati evacuati per un possibile attentato rivendicato attraverso una telefonata anonima.
Il giorno prima, Thomas Curry, sopravvissuto ad una molotov lanciata attraverso una finestra della sua abitazione, ha rilasciato un’intervista shock rivolta ad i suoi attentatori, dopo il barbaro attacco descritto dalla polizia come tra i più gravi crimini di questo genere, mai accaduti nell’Ulster.
Il Nord Irlanda resta ancora oggi una terra contesa e dalla storia occultata, non solo per ciò che riguarda il conflitto etnico prolungato, sapientemente insabbiato dai media, ma anche per le culture delle comunità che la abitano, protagoniste, specie dopo gli accordi di pace, di aver ricostruito attraverso l’arte muraria, secoli di incomunicabilità e divergenze.
Ho scelto di fotografare i muri soprattutto per due ragioni, la prima è il tentativo di restituire i tratti identitari delle due comunità ed il secondo, per me quello più importante, è per dar voce a chi, attraverso quest’arte, sfoga le proprie frustrazioni e la propria rabbia, riconsegnando alle facciate di case martoriate dalla guerra, eroi caduti che le avevano abitate nel passato e che ancora oggi restano icone per i sognatori rivoluzionari di tutto il paese.
Nella storia recente, fatta ancora di ritorsioni e rappresaglie, i murales hanno “imparato” a stare al passo coi tempi, denunciando problemi attuali e non solo locali, reclamando giustizia e ponendo di fronte all’osservatore il travagliato ed incompiuto processo di pacificazione delle comunità.
La voglia di lasciarsi tutto alle spalle dei cittadini nordirlandesi e quindi il loro silenzio o il comprensibile desiderio di cambiare discorso di fronte ai miei incalzanti quesiti, ha fatto il resto; ho dunque scelto di porre all’attenzione del visitatore una forma d’arte che ormai è voce del nostro secolo, opere immense alla portata di tutti; un viaggio, credo, nella creatività ed allo stesso tempo una finestra proiettata sulla storia di un paese di martiri, profeti, ma soprattutto immerso ancora nelle prevaricazioni. Storie di muri, dunque, senza abitanti, senza bambini a piedi nudi che reclamano attenzioni, senza adolescenti che giocano con i mortaretti, senza adulti che intimano, non solo ai turisti ma soprattutto ai fotografi, di non essere immortalati. Ho voluto rispettare le loro scelte, le loro idee, senza giudicare, senza schierarmi se non nella mia mente; ho voluto soltanto documentare e comprendere una delle vicende più cruente d’Europa e che i giornali, le televisioni oggi come ieri non ci menzionano”.